L’evoluzione tecnologica ha inciso notevolmente in ogni contesto di vita, inglobandone benefici e rischi. L’iper-connessione con la realtà digitale ha reso labile l’umana capacità di autocontrollo, causando una vera e propria dipendenza da tecnologia sfociata nella c.d. nomofobia. Per contrastare questo disturbo sociale, diversi esperti e studiosi propongono una strategia off-line, quella della Digital Detox, da attuare con la consapevolezza che la soluzione non è eliminare il digitale dalle proprie vite quanto imparare a riequilibrare il proprio benessere psico-fisico attraverso il rinnovo del temperamento digitale e la consapevolezza dei più recenti e globali obiettivi di sostenibilità e innovazione.
È quasi impensabile uscire di casa senza smartphone e, quando ciò accade, sentiamo la mancanza di un punto di riferimento. Per molti genitori l'uso di internet è ormai una cosa scontata poiché i figli vi hanno accesso già dalla scuola dell’infanzia: oltre che per l’apprendimento, per tanti bambini e ragazzi è normale passare gran parte del tempo libero online giocando o chattando sui social.
Spesso i ragazzi preferiscono la realtà virtuale a quella reale poiché ritenuta più stimolante e gratificante ma, l’eccessiva esposizione, può sfociare in spiacevoli incontri. Il ricorso a filtri di parental control per bloccare l’accesso a contenuti non adatti ai minori è importante ma è fondamentale una formazione ed una educazione specifica.
Il ruolo del gioco nella didattica è stato oggetto di approfondimento sin dall’antichità. Già Socrate, infatti, lo individuava come lo strumento perfetto per vedere i comportamenti di una persona: “Si può conoscere di più una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”.
Nel corso dei secoli, tuttavia, il gioco è stato visto in modo completamente contrapposto al mondo della didattica. Questo è accaduto fino al ‘900, quando il tema è ritornato al centro della ricerca filosofica, pedagogica e sociologica e da quando si è compreso che alcuni elementi ludici possono essere integrati nella didattica per stimolare e divertire al tempo stesso.
In questo articolo parleremo dello sfruttamento dei bambini in video attraverso la loro esposizione massiccia alla Rete. Discuteremo degli aspetti morali e delle indicazioni fornite da parte delle Istituzioni.
Alzi la mano chi non si è mai sentito dire questa frase: “pensi che questa casa sia un albergo?”.
Non so il lettore, ma io tante volte. Quando rincasavo oltre l’orario predefinito oppure quando mi svegliavo tardi lasciando la stanzetta in disordine o i libri sparsi per la scrivania che dovevo puntualmente sistemare per rispondere “no” alla questione di sopra.
A livello digitale nell’era odierna diventiamo registi e protagonisti della comunicazione e dell’informazione; le sue diverse dimensioni della scena sociale cambiano a livello concettuale: il tempo; lo spazio; i contenuti; le relazioni; l’identità; e infine la partecipazione. Nel tempo i bambini diventano sempre più multitasking e non hanno più tempi di attesa.
Il ragazzino abituato alla pratica del multitasking sviluppa inconsapevolmente uno stile di attenzione diverso da chi è cresciuto in un ambiente alfabetico: non focalizza l'attenzione su un oggetto specifico, ma tiene sotto controllo più aspetti del suo campo percettivo. Si generano comportamenti compulsivi e diminuisce la capacità di riuscire a stare soli perché si utilizza il dispositivo tecnologico per riempire i vuoti.
Pensiero computazionale, problem solving, coding e robotica sono aspetti trasversali di una metodologia didattica nuova che , sin dalla scuola dell’infanzia, fornisce alle nuove generazioni la cultura digitale necessaria per un uso critico e non passivo della tecnologia, diventando così soggetti attivi nell’evoluzione digitale del nostro futuro.
“Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco” è il detto di Confucio che serve per capire il concetto di pensiero computazionale come base di una didattica del pensiero unita a quella del fare.
Nel 2019, qualche mese prima dello scoppio della pandemia da Covid 19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si era pronunciata sul delicato tema dell’utilizzo di internet dei bambini e dei giovani emanando delle linee guida per un uso consapevole del web.
Dal punto di vista formale, le linee guida dell’Oms sono abbastanza chiare:
per i bambini da zero a due anni vale il divieto assoluto di essere piazzati davanti a uno schermo; dai due ai quattro anni non si deve mai stare per più di un’ora al giorno a guardare passivamente schermi televisivi o di altro genere, come cellulari e tablet; dai 6 ai 10 anni la soglia critica si ferma a 2 ore.
Il dato è incontestabile: siamo tutti iperconnessi e vittime della ‘nomofobia’, ovvero della 'NO MObile Phone PhoBIA', espressione usata per descrivere la condizione psicologica che può svilupparsi nei soggetti vittime dell'irrazionale timore/paura di rimanere privati della connessione a Internet mediante il proprio smartphone.
Non c’è differenza di età: bambini, adolescenti o adulti viviamo in una condizione nella quale tramite Internet siamo sempre raggiungibili e possiamo sempre raggiungere persone o accedere a informazioni, il che ci trasmette una sensazione di benessere e sicurezza che si interrompe quando, per motivi vari, si interrompe la connessione.
Cari genitori,
oggi l’uso delle nuove tecnologie ci induce a ripensare più profondamente il processo educativo che investe in primis la genitorialità.
Questo numero speciale vuole offrirsi quale strumento utile ai genitori per affrontare con la dovuta oculatezza il rapporto tra tecnologia ed educazione dei figli.
La familiarità che i figli dimostrano di avere nell’uso del digitale non è sempre sinonimo di “buon” uso.
L’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) mette in guardia: Il bimbo touch è infelice, e rischia di ammalarsi”.
Che dire a dei genitori che si trovano alle prese con dei figli piccoli, preadolescenti e adolescenti davanti ad un mondo ipertecnologico? Non c’è che dire, l’innovazione tecnologica associata ad internet ha sicuramente portato tantissime agevolazioni nella vita professionale, scolastica, e sociale di ciascuno di noi. Ma è tutto solo positivo? E come accorgersi se non lo è? Per molti aspetti purtroppo è diventata causa di disturbi e comportamenti nocivi per la salute psico-fisica dei nostri figli e di tutte le persone.
In un’era dove la nostra società è fortemente impregnata di nuove tecnologie necessita che i genitori e le famiglie tutte si interroghino sui rischi e i vantaggi dell’uso del digitale da parte dei piccoli sin dalla più tenera età. Ormai la tecnologia è parte integrante della nostra vita lavorativa, sociale e domestica e quindi valutare da parte di ogni genitore un utilizzo più attento, coerente, critico e responsabile da parte dei bambini che sembrano avere una innata predisposizione per l'utilizzo dei dispositivi digitali.
Le TIC, ovvero le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, secondo la definizione più diffusa, sono quei “processi e strumenti tecnologici che servono a migliorare le conoscenze e gli strumenti di apprendimento. Le TIC o ICT offrono, infatti, strumenti di lavoro, di condivisione e cooperazione utili soprattutto nella moderna didattica per competenze.
Come noto, infatti, le varie riforme che in questi ultimi anni si sono avvicendate in materia scolastica, una per tutte la c.d. Legge della Buona Scuola (L.107/2015) con i successivi vari decreti di attuazione (dal 59 al 66/2017) ha valorizzato, in conformità con le Raccomandazioni Europee in merito, il processo di digitalizzazione della scuola e dell’ampio uso degli strumenti informatici sia nella didattica che nei processi amministrativi della scuola.