Diritto e informatica forense

L’esigenza di un nuovo modello di design organizzativo per la gestione della crisi energetica e il rapporto fra nuove tecnologie e innovazioni legislative di Ludovica Zoccali*

Abstract – Gli interventi recentemente avviati dai legislatori dei vari Stati dell’Unione Europea nel c.d. settore “green” impongono al ricercatore di oggi di approfondire il rapporto fra nuove tecnologie e innovazioni legislative, al fine di poter proporre, in un futuro prossimo, un nuovo modello di design organizzativo per la gestione della crisi energetica. L’indagine deve, usufruendo di un approccio multidisciplinare e comparativistico, necessariamente muovere da un’analisi sul campo che sappia sia testare nel dettaglio i modelli aziendali esistenti sia non trascuri di tenere conto dei nuovi progressi normativi e delle nuove tecnologie volte a favorire il risparmio energetico e la riduzione dell’inquinamento ambientale.

*Dottoressa in Giurisprudenza

La responsabilità del dipendente in caso di attacco informatico di Benedetto Fucà*

Abstract - Secondo uno studio dell’Osservatorio Cyber Security e Data Protection del Politecnico di Milano, Il 2020 è stato uno dei peggiori anni in termini di crescita di attacchi informatici. Molte aziende hanno dovuto continuare ad erogare servizi, facendo lavorare il proprio personale dentro le proprie case. I dipendenti sono diventati il target principale d’attacco. In questo articolo si va ad analizzare la responsabilità di un dipendente qualora utilizzasse i dispositivi, messi a disposizione dall’azienda, per fini personali.

*  Business Analyst - Laurea in Giurisprudenza e Master in Cyber security - Digital Forensic & Computer Crime

La pandemia ha accelerato un processo che vede nell’innovazione, e in particolar modo nella sicurezza informatica, lo strumento per coniugare il nuovo modello nel mondo del lavoro. Infatti, le aziende hanno dovuto fare conti con il ricorso allo smart working che ha comportato un livello maggiore di sicurezza informatica.

Dati personali, asset patrimoniali e diritti degli interessati di Antonello R. Cassano - Flavia Salvatore*

Abstract - Nell’era dei social network siamo abituati a considerare i dati come entità pressoché astratte che lanciamo nell’etere senza farci troppi problemi e che dimentichiamo subito dopo l’ennesimo click. Quello che forse non abbiamo ancora del tutto compreso come collettività sta nel fatto che le informazioni così disseminate online sono dotate di un vero e proprio valore economico al quale le imprese tech sono interessate. La vicenda che ha coinvolto Facebook e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato può aiutarci a fare luce su qual è oggi, e quale potrà essere in un futuro non troppo lontano, il ruolo dei dati nell’economia.

* A. R. Cassano - Avvocato del Foro di Roma; F. Salavatore - Dott.ssa in GIurisprudenza

IL NUOVO REGOLAMENTO ePRIVACY di Benedetto Fucà

Il Nuovo Regolamento ePrivacy di Benedetto Fucà1

1-Business Analyst - Laurea in Giurisprudenza e Master in Cyber security - Digital Forensic & Computer Crime

Abstract - Il Consiglio Europeo il 10 febbraio ha approvato un mandato negoziale finalizzato alla revisione della Direttiva 2002/58/CE (detta Direttiva ePrivacy). La Direttiva sarà sostituita da un Regolamento che si pone come normativa speciale, nella materia del trattamento dei dati personali: quello delle comunicazioni elettroniche, rispetto al G.D.P.R. L’articolo analizza gli aspetti fondamentali di questo rapporto, le materie oggetto della normativa nonché i possibili sviluppi negli ecosistemi digitali composti da device Internet of Things

Un nuovo importante tassello alla definizione di un quadro normativo, a livello europeo, che riguarda la privacy sta per essere deliberato. Si tratta del nuovo Regolamento ePrivacy, che va a sostituire la Direttiva 2002/58/CE (detta Direttiva ePrivacy). Infatti, il Consiglio Europeo il 10 febbraio ha approvato un mandato negoziale finalizzato alla revisione di una normativa che ormai da tempo richiedeva un necessario aggiornamento.

Si tratta di un aggiornamento necessario sia dal punto di vista tecnologico che anche normativo. Dal punto di vista tecnologico, negli ultimi anni, l’evoluzione di tecnologie digitali già presenti e di nuovi asset tecnologici, che hanno visto la luce in questi anni, rendevano la Direttiva attuale ormai obsoleta. Inoltre, la necessità di armonizzare il quadro normativo anche alla luce dell’entrata in vigore del General Data Protection Regulation rende necessario regolamentare questo ambito con un apposito Regolamento (in sostituzione della Direttiva che per sua natura non è direttamente applicabile dagli Stati membri) che recepisce le importanti novità del G.D.P.R.

Va innanzitutto, chiarito il rapporto tra questi due Regolamenti: il G.D.P.R. può essere visto come la legge generale, la vera pietra miliare in ambito di protezione dei dati personali; il Regolamento ePrivacy, invece, è una normativa speciale che va a specificare un settore determinato del trattamento dei dati personali: quello relativo alle comunicazioni elettroniche. In particolare, le comunicazioni di dati che avvengono tramite dispositivi dell’Internet delle cose (IoT), le attività di direct marketing e telecomunicazioni effettuate dalle società attive nel digitale. A differenza del G.D.P.R. il nuovo Regolamento è applicabile non solo alle persone fisiche ma anche alle persone giuridiche. La tutela riguarda l’utente finale, indipendentemente dalla sua natura giuridica.

L’importanza di questa nuova normativa è fondamentale nella misura in cui la Direttiva che verrà sostituita è del 2002 e risulta necessario avere un testo normativo aggiornato rispetto all’evoluzione tecnologica; fondamentale per garantire un trattamento e una comunicazione dei dati in linea con quanto già stabilito dal G.D.P.R.

Il lungo percorso, ormai giunto alle battute finali, che sta portando alla nascita di questo Regolamento, si intreccia con quanto già previsto dal G.D.P.R. Inizialmente, l’approvazione e la successiva entrata in vigore dei due Regolamenti doveva avvenire contestualmente. Così non è stato, in quanto individuare norme specifiche sul trattamento dei dati ha richiesto un esame più approfondito e un coinvolgimento maggiore degli stakeholder (aziende, Stati, portatori di interessi diffusi) proprio perché va a dettare regole specifiche e speciali su un settore peculiare.

Questo rapporto lex generalis / lex specialis risulta specificamente menzionato nel richiamo dell’art. 95 del G.D.P.R.: “Il presente regolamento non impone obblighi supplementari alle persone fisiche o giuridiche in relazione al trattamento nel quadro della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico su reti pubbliche di comunicazione nell’Unione, per quanto riguarda le materie per le quali sono soggette a obblighi specifici aventi lo stesso obiettivo fissati dalla direttiva 2002/58/CE.” L’articolo, richiamando la Direttiva (presto sostituita dal Regolamento) nei fatti afferma l’applicabilità di quest’ultima nei servizi di comunicazione. Tuttavia, come si è avuto modo di vedere, dall’entrata in vigore del G.D.P.R., spesso è stato proprio quest’ultimo che in via sussidiaria ha offerto una tutela normativa in capo alle persone fisiche in questo materia. Sussidiarietà sostenuta anche dall’European Data Board Protection (E.P.D.B.) per coprire l’obsolescenza normativa rispetto allo sviluppo tecnologico digitale[1].

Questo rapporto è stato chiarito, infatti anche dal Parere 5/2019[2], rilasciato dal E.P.D.P. su richiesta dell’Autorità belga per la Protezione dei Dati. Il Board, ribadendo il rapporto tra le due normative, ha chiarito che nel caso in cui il trattamento dei dati personali non è disciplinato in modo specifico dalla Direttiva e-Privacy (o laddove la direttiva e-privacy non disciplina una “regola speciale”), si applica il GDPR.

Come accennato sopra, oggetto di questo Regolamento saranno in primis i dati delle comunicazioni elettroniche che dovranno rimanere riservati. Qualsiasi interferenza, compreso l’ascolto, il monitoraggio e l’elaborazione dei dati da parte di chiunque non sia l’utente finale, sarà vietata, salvo quanto verrà consentito dalla normativa ePrivacy. Altra materia oggetto di tale normativa saranno i cookie, ovvero frammenti di dati sugli utenti memorizzati sul computer e utilizzati, da parte dei player digitali, per migliorare la navigazione. Metadati di comunicazione che vanno ad incidere, inoltre, sulla profilazione dell’utente finale. Mediante la profilazione, le aziende per scopi di business vanno implementare la data monetization ovvero lo scambio dei dati dell’utente finale verso un’altra organizzazione dietro un compenso, creando accordi commerciali che hanno ad oggetto proprio i dati ceduti dall’utente finale.

Inoltre, l’E.P.D.P., per cercare di allineare la regolamentazione all’uso della data monetization ha emanato le Linee Guida 5/2020[3] in cui vengono stabilite, alla luce dell’evoluzione digitale, due principi fondamentali:

  1. L’utente finale dovrebbe avere la possibilità di scegliere se accettare i cookie o identificatori simili.
  2. Rendere l’accesso a un sito web dipendente dal consenso all’uso dei cookie per scopi aggiuntivi in alternativa a un paywall sarà consentito se l’utente è in grado di scegliere tra tale offerta e un’offerta equivalente dello stesso fornitore che non comporta il consenso ai cookie.

In questo contesto, l’approvazione del nuovo Regolamento ePrivacy risulta fondamentale anche per gli ecosistemi dell’Internet of Things (IOT). La regolamentazione delle comunicazioni e del trattamento dei dati di questi dispositivi è uno dei punti salienti della normativa, infatti, si stabilisce che nella maggior parte dei casi i produttori di device potrebbero contare solo sul consenso dell’utente finale per trasmettere i dati da un dispositivo ad un altro dispositivo collegato, non potendo fondare il trattamento sull’esecuzione del rispettivo contratto con l’utente finale.

Gli impatti che il Regolamento potrebbe apportare anche in relazione alle nuove tecnologie, nello specifico IoT e Intelligenza Artificiale, si ricollegano in maniera particolare alla tecnologia blockchain. Immaginando, per esempio un ecosistema di Smart City, fortemente incentrato su device IoT e alimentati da una blockchain che certifica gli scambi, si pone il tema di come questo Regolamento può creare un fenomeno di trust che va ad alimentare la fiducia da parte dei cittadini nei confronti della Smart City. Andando ad alimentare un processo virtuoso che da un lato riesce a cogliere in pieno i vantaggi di questo ecosistema e dall’altro pone le basi per un ulteriore sviluppo tecnologico integrativo.

La valenza dell’entrata in vigore del Regolamento, che si pone come prima normativa speciale rispetto al G.D.P.R. apre una seria riflessione anche su un quadro normativo in grado di poter agganciare lo sviluppo tecnologico con altrettante normative speciali in grado di mantenere alta, all’interno dell’Unione Europea, una tutela normativa di alto livello.

 Benedetto Fucà

 Business Analyst 

Laurea in Giurisprudenza e Master in Cyber security

Digital Forensic & Computer Crime

[1] Si veda sul tema anche Sicurezza dei dati personali negli smart vehicles di Benedetto Fucà e Antonello Cassano, link abstract link abstract: https://www.ictedmagazine.com/images/Riviste_2020/Aprile_2020_abstract.pdf – 2020)

[2]Testo del parere: https://edpb.europa.eu/sites/edpb/files/files/file1/201905_edpb_opinion_eprivacydir_gdpr_interplay_it.pdf

[3] Testo del Parere: https://edpb.europa.eu/sites/edpb/files/files/file1/edpb_guidelines_202005_consent_en.pdf

Covid-19 e presidi di sicurezza. I rischi nascosti dei c.d. body temperature checks. di Antonello R. Cassano[1] e Flavia Salvatore[2]

di Antonello R. Cassano[1] e Flavia Salvatore[2]

Abstract

È innegabile che la pandemia causata dalla diffusione dell’ormai noto virus Covid-19 abbia impattato considerevolmente sulla vita quotidiana di milioni di persone. Infatti, indipendentemente dallo Stato di appartenenza o residenza, il cittadino è costantemente oggetto di misure di cautela e prevenzione – a tutela propria e della collettività – implementate in forme tanto diverse quanto disparate e, molto spesso, non percepite. Tuttavia, nel furore di preservare la salute mondiale, altre forme di rischio potrebbero passare inosservate, sicuramente meno gravi in termini di bene giuridico tutelato. Basti pensare al trattamento dei dati connessi allo spostamento dei cittadini, volto a verificare l’assenza di contatti con località o individui infetti, astrattamente in grado di delineare i movimenti di milioni di individui. Conseguenze non dissimili si avrebbero in tema di dati sanitari, raccolti da organizzazioni private e pubbliche a seguito di massicce campagne di prevenzione condotte tramite l’uso di test medicali, in grado di tracciare profili diagnostici di larghe sacche sociali.

Criptovalute. Gli approcci normativi di Malta e Italia all’interno dell’Unione Europea di Bendetto Fucà

Abstract

Negli ultimi anni, mediante la tecnologia blockchain, sono nate le criptovalute le quali hanno dimostrato di essere un metodo alternativo di pagamento in grado di sostituirsi alle valute tradizionali. Tutto ciò spinge ad alcuni punti di chiarezza: la differenza tra blockchain e criptovalute,il loro rapporto, l’utilizzo di quest’ultime e i tentativi di approccio normativo da parte dei legislatori nazionali e sovranazionali. Vengono analizzati gli approcci normativi di Malta, molto attenta ad essere un punto di riferimento per i player economici in questo ambito mediante una robusta e matura produzione normativa; dall’altro l’Italia con le indicazioni della Consob e della Banca d’Italia con studi e proposte normative che mettono al centro il risparmiatore. Due diversi approcci che si inseriscono in un progetto normativo e strategico da parte dell’Unione Europea rispetto a questo settore innovativo i cui confini appaiono non del tutto delineati.

Il termine blockchain negli ultimi anni è diventato abbastanza frequente, l’evoluzione e l’affermazione delle criptovalute (in primis i bitcoin) ha fatto che spesso i due termini si confondessero. Blockchain (tradotto letteralmente catena di blocchi) è una tecnologia che si basa su quattro principi: 1) l'immutabilità del registro,2) la trasparenza, 3) tracciabilità delle transazioni e 4) la sicurezza basata su tecniche crittografiche. Diversamente, le cripto-valute sono la rappresentazione digitale del valore che si basa sulla crittografia.  In altre parole, le criptovalute vengono generate o per meglio dire “minate” e attraverso la tecnologia della blockchain.

Quindi in prima battuta va fatta una differenziazione tra blockchain e cripto-valute: la blockchain è la tecnologia che fa da piattaforma alla creazione delle criptovalute, ma la tecnologia delle blockchain in realtà è utile in moltissimi altri campi: filiera agroalimentare, arte, sono a titolo esemplificato e non esaustivo alcuni degli ambiti in cui questa tecnologia sta iniziando ad apportare alcuni specifici benefici.

La storia delle criptovalute inizia con il white paper "Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System" il 31 ottobre 2008, firmato da Satoshi Nakamoto (la cui esistenza è sempre rimasta un mistero, tanto che si pensi che il realtà sia uno pseudonimo dietro cui si cela un collettivo). Dalla nascita di questo white paper si è andato a generare il fenomeno delle cripto-valute con la nascita dei bitcoin. A più di dieci anni da questo white paper esistono diverse criptovalute (secondo il censimento coinmarketcap sarebbero più di 5000) le quali essendo accumunate dallo sfruttamento della tecnologia della blockchain, tuttavia utilizzano modalità di diverse per essere generate.

Ad oggi le criptovalute stanno prendendo piede anche nell’economia reale e fisica, cosi è pur vero che esistono bar che iniziano ad accettare pagamenti con queste valute virtuali. Anche se l’uso primario di esse avviene attraverso la rete, non solo all’interno della porzione di web indicizzato ma anche nel dark web, dove gli unici pagamenti che vengono accettati per svolgere transazioni commerciali avvengono mediante l’utilizzo di valute virtuali. Tutto ciò avviene perché garantiscono l’anonimato della transazione, si tratta di uno dei vantaggi che essi apportano, vantaggi che possono essere sfruttati anche nel mondo reale per attività illecite e riciclaggio.

Rispetto a questo fenomeno, gli Stati stanno iniziando a prendere coscienza e piano piano si stanno avendo i primi provvedimenti di regolamentazione, anche l’Unione Europea ha iniziato il proprio percorso di regolamentazione mediante la direttiva 156 del 19/06/2018 che riconosce le monete virtuali come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. Si tratta di riconoscimento giuridico importante che tiene conto di un fenomeno di innovazione digitale che rischia di mettere in crisi uno dei punti cardine della statualità moderna quale il potere esclusivo di stampare moneta. Tuttavia, siamo ben lontani da una definizione che riconosca le monete virtuali al pari della valuta tradizionale. Infatti, tra le righe della definizione si legge che non ha lo stesso status giuridico delle altre valute ma si riconosce la consuetudine sempre più massiccia dell’utilizzo delle valute virtuali.

Questa direttiva va letta all’interno di un progetto ben più ampio voluto dalla stessa Unione Europea di incorporarle insieme alla blockchain all’interno dei propri processi, la notizia come riportata dall’agenzia Reuters prevede, secondo i documenti in possesso, che "entro il 2024, l'UE dovrebbe mettere in atto un quadro completo che consenta l'adozione della tecnologia di registro distribuito (DLT) e delle cripto-attività nel settore finanziario". Questa spinta avviene anche alla luce della situazione emergenziale dovuta al Covid-19, la quale ha dimostrato che i pagamenti digitali hanno un ruolo sempre più preminente. Ma tale spinta viene anche dagli Stati membri in particolare da Italia, Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi.[1]

Sicuramente uno Stato che ha dimostrato un livello di maturità normativa sul tema è Malta. La Malta Financial Services Authority ha proposto una legge, deliberata dal Consiglio dei Ministri maltese (nel 2018) il cui obiettivo è stato quello di regolamentare le valute virtuali: il Virtual Financial Assets Act la quale si basa su tre principi cardine: 1) la certezza giuridica nella tassonomia e classificazione degli asset virtuali; 2) la regolamentazione di un modello di autorizzazioni ad hoc per svolgere test e certifica i virtual financial asset; 3) l’introduzione della figura del  gatekeeper (una figura di raccordo) tra intermediari ed intermittenti che si affianca e fa da filtro dinnanzi al procedimento autoritativo davanti alla Malta Financial Services Authority.

Con questa normativa, Malta si è posta l’obiettivo di essere uno degli Stati in grado recepire meglio il binomio tra cripto valute e blockchain anche con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per tutto il settore digitale produttivo che si è generato, anche attraverso due altri riferimenti normativi che danno il senso di un quadro normativo all’avanguardia: Malta Digital Innovation Authority Act e l’Innovative Technological Arrangement and Services Act.

Un approccio normativo dettagliato ad hoc che si inquadra nelle ampie maglie regolamentari previste dalla normative dell’Unione Europea. Pertanto, il quadro normativo, sopra esposto, presenta due caratteristiche principali: 1) L’approccio ha un certo grado di flessibilità che permette alla normativa di adattarsi agli sviluppi tecnologici ed applicativi in tema di criptovalute e della tecnologia blockchain; 2) assicura l’assenza di conflitti normativi o interpretativi rispetto al contesto normativo europeo.

In Italia, la Consob ha pubblicato, ad inizio anno, il rapporto “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività-Rapporto finale” il quale “vuole essere un contributo al dibattito, elaborato in vista dell’eventuale definizione di un regime normativo in ambito nazionale che disciplini lo svolgimento di offerte pubbliche di cripto-attività e delle relative negoziazioni” in altre parole si tratta di una proposta di legge che abbia quale obiettivo primario la tutela degli investitori.

Il rapporto chiude una consultazione pubblica che ha coinvolto gli operatori di mercato di questo settore. Il documento analizza complessivamente le cripto-attività, e approfondisce il ruolo delle piattaforme per l’offerta di cripto-assets di nuova emissione, i sistemi di scambio e i “servizi di portafoglio digitale” per la custodia e il trasferimento delle cripto-attività.

Ma la Consob non è la sola Authority italiana che si è occupata del tema, già nel 2019 la Banca d’Italia aveva pubblicato l’occassional paper “N. 484 - Aspetti economici e regolamentari delle «cripto-attività”. Questo lavoro offre una tassonomia delle "cripto-attività" e una breve descrizione delle initial coin offerings (ICOs) e aspetti correlati ma allo stesso tempo le differenzia dagli strumenti tradizionali, in quanto non sono legate ad un oggetto economico dal prezzo di equilibrio determinato. Si comprende la posizione prudente della Banca d’Italia nostro avviso è preoccupante, poiché un eventuale crollo del sistema bitcoin o “cripto-attività” similari trascinerebbe con sé gli strumenti finanziari sucui sono basati, siano essi per il settore al dettaglio o per gli investitori professionali[1]”.

La posizione dell’Italia, dalla lettura di questi due documenti appare molto meno aperta rispetto a quella maltese; da una parte l’attenzione verso la tutela del risparmiatore, dall’altra una visione che si pone di essere il rifermento geografico dell’innovazione finanziaria tecnologica. Due posizioni che possono essere motivo di confronto nella produzione normativa europea.

di Benedetto Fucà

Business Analyst, laurea in Giurisprudenza e master in Cyber security, digital forensic e computer crime.

 

[1] Pag 16

[1] https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/pagamenti-digitali/criptovalute-gli-stati-ora-vogliono-regole-piu-rigide-i-problemi/

GAMING ON-LINE: ATTIVITÀ ILLECITE E RISCHI PER GLI UTENTI

Abstract

I criminali informatici sono presenti lì dove fiutano grosse somme di denaro miste a grandi numeri di utenti, portatori sani di vulnerabilità.

Dal Ransomware alla Sextortion, dal furto di identità al riciclaggio di denaro, passando per il cyberbullismo fino a giungere al proselitismo ed agli attentati terroristici trasmessi in diretta, attraverso piattaforme dedicate ai videogame online.

Gli ultimi dati di Akamai (piattaforma di monitoraggio h24 che raccoglie ed analizza dati sugli attacchi in rete) stimano oltre 16 miliardi di attacchi per l'anno 2019, finalizzati ad una serie di crimini informatici che spazia in lungo ed in largo, o sarebbe più appropriato dire, che i crimini spaziano dal web in superficie fino al deepweb e trovano la loro esaltazione nel darknet.

La rilevanza penale del commercio on line

INTRODUZIONE

Il commercio elettronico è sicuramente il servizio con le maggiori prospettive di crescita tra quelli messi a disposizione dell’utente su Internet. Tale fenomeno rivoluziona le dinamiche economiche sia dal punto di vista delle imprese (produttori, commercianti, consumatori e banche) che dal lato del consumatore, implicando un abbattimento delle barriere fisiche. Perciò vengono ridotti i costi, si migliorano la qualità dei prodotti e dei servizi e si riducono i tempi di consegna.

Ciò comporta instaurare un rapporto di fiducia e confidenza tra le parti in gioco, soprattutto per quanto riguarda l´identità dei soggetti, l´individuazione della sede del fornitore, l´integrità e la sicurezza dei messaggi scambiati, la protezione dei dati personali, la validità e l´efficacia del contratto stipulato per via telematica o informatica, la sicurezza nei pagamenti.

La convenzione sul cybercrime o sulla criminalità informatica

INTRODUZIONE

Lo scenario cambia radicalmente con l’avvento del terzo millennio: la vasta comunità degli utenti della società digitale è un potenziale obiettivo di aggressioni criminali che, da ogni parte del mondo, mirano oltre che al patrimonio economico anche a fare intercettazioni di preziosi dati personali.

Si assiste a delle vere e proprie sfide geografiche e sfide temporali dove il “cybercrimeè un fenomeno veramente globale dove le condotte illecite realizzate per mezzo di tale strumentazione assai raramente vengono assunte in un ambito territoriale ristretto, poiché lo stesso soggetto delinquenziale era in grado di operare a distanza, andando ad aggredire in un lasso di tempo anche molto ristretto una molteplicità di persone, dislocate in paesi e nazioni diverse”. (Monsieur B. Godart, Europol)

Diritto e Informatica forense: Image Forensics

Un settore di ricerca emergente della digital forensics[1], molto legato al contrasto del cybercrimine, è l’Image forensics.

L’image forensics si definisce come l'attività di analisi delle immagini (che siano esse digitali o meno)[2] per la ricerca e validazione di fonti di prova in ambito forense.

      Il crescente proliferare di sistemi di video-sorveglianza e semplici videocamere sia analogici che digitali, la diffusione di cellulari e telecamere sempre più evoluti e di costo sempre inferiore pone il problema di come gestire le fonti di prova prodotte con questi dispositivi o reperite in rete. Le difficoltà sono legate alla "deperibilità" della fonte, alla difficoltà di ricostruire la storia e provarne la genuinità, alla gestione delle riprese video. Da qui la necessità di compiere una corretta analisi forense delle sequenze video e delle immagini di interesse investigativo[3].

    La bibliografia nel campo dell'elaborazione dell'immagine per uso forense si può suddividere nelle seguenti principali categorie: 1) Image Forgery Identification:....

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RIFERIMENTI

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