Didattica e Tecnologie

Viaggio nelle STEM:"Alla scoperta della balena Giuliana degli abissi" a cura di Rosa Anna Lepore*

Il mondo dell’informazione è pervaso da notizie che colorano spesso negativamente le nostre giornate, questa che sto per presentarvi sicuramente vi stupirà, come ha stupito me piacevolmente. In Basilicata sulle rive del lago artificiale della diga di San Giuliano ad 8 Km da Matera, sono stati rinvenuti, casualmente, i resti fossili di un antico esemplare di balena alla quale è stato dato il nome di “Giuliana degli Abissi”.

       Il singolare ritrovamento risale all’agosto del 2006, ad opera di Vincenzo Ventricelli, che durante una passeggiata scoprì i resti di questa enorme balena, in parte sepolti  nell’argilla, sulla riva della diga di San Giuliano, che ha dato il nome all’esemplare. Iniziarono da quel giorno le varie segnalazioni ai funzionari della soprintendenza, che erano già al corrente della sua presenza. Dopo svariati interventi sono state istituite le campagne di scavo  per il recupero del fossile, coordinate dagli esperti dell’Università di Pisa. Oggi i reperti sono esposti al museo Museo Nazionale “Domenico Ridola” di Matera, dove è possibile esplorare il suggestivo allestimento multimediale con tecnologia 2D e 3D di “Giuliana degli Abissi”. All’interno sono state girate scene molto suggestive della serie televisiva:”Imma Tataranni-Sostituto procuratore”, ambientata a Matera.

Ma chi è Giuliana? Il più grande cetaceo del Pleistocene mai ritrovato, con i suoi 26 metri di lunghezza ed un peso stimato di circa 150 tonnellate che era libera di nuotare in un antico mare pleistocenico, più di un milione di anni fa. Dopo un lungo periodo Giuliana è stata estratta completamente dal letto dell’argilla che l’aveva protetta e custodita.

Al museo Ridola l’esposizione racconta la storia di questo fossile di cetaceo che risulta essere uno dei più grandi fossili di balena mai rinvenuti, forse il più grande esemplare che abbia mai solcato le acque dell’antico mare. Gli studi compiuti, che permettono di datare l’animale tra 1,5 e 1,25 milioni anni fa, risalente al Pleistocene inferiore-medio, hanno messo in evidenza forti affinità con la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), la specie di cetaceo vivente. Il percorso espositivo dedicato alla balena Giuliana si compone di diverse sale: dopo la prima, dedicata alla scoperta e alle fasi del difficile recupero, ci si ritrova nell’ambiente interamente dedicato al cetaceo, che accompagna i visitatori a compiere un viaggio immersivo davvero emozionante.

Partendo da questa ambientazione possiamo avviare la nostra indagine in ambiente STEM, acronimo inglese STEM  riferito a diverse discipline – Science, Technology, Engineering e Mathematics, ovvero Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica –  e indica l’insieme delle materie scientifiche-tecnologiche-ingegneristiche, ritenute necessarie allo sviluppo di conoscenze e competenze scientifico-tecnologiche, richieste prevalentemente dal mondo economico e lavorativo.  Per costruire un percorso di apprendimento da far vivere ai  ragazzi a scuola,  possiamo utilizzare la metodologia ispirata all’Inquiry Based Learning, sfruttando la presenza dei nuovi ambienti di apprendimento innovativi  corredati da strumenti digitali, software, app e kit didattici per la sperimentazione, per tentare di ricostruire l'habitat naturale del cetaceo. È possibile incuriosire i ragazzi e creare direttamente un nuovo percorso di apprendimento accattivante, basato su domande e strategie di problem solving.

La Balena Giuliana ci viene incontro, stimola la nostra fantasia, ci invita all’esplorazione e in un attimo docente e alunno si incontrano e decidono di progettare e camminare insieme in questo percorso che è di insegnamento e apprendimento, fatto di condivisioni, scoperte che guidano tutti nel mondo magico delle STEM. Le metodologie STEM e il corretto approccio sono di fondamentale importanza oggi, in quanto sono la base del disegno futuro del mondo della conoscenza, che indirizza e supporta l'emisfero delle scoperte scientifiche e tecnologiche, invoglia i ragazzi allo studio e soprattutto lavora per il superamento del divario di genere, aprendo tanti scenari ed orizzonti per le Donne STEM con collegamenti tra esperienze  del passato, del presente e del futuro.

Se potessimo ripercorrere le tappe del ritrovamento potremmo favorire negli studenti la curiosità e l'apprendimento interattivo. La tecnologia ci viene incontro ma direi che ci siamo proprio. la balena Giuliana ci conduce verso la metodologia dell’Inquiry Based Learning (IBL), basata sull’indagine, fondamento della pedagogia dell’apprendimento esperienziale di John Dewey, sostenuto grazie alle teorie costruttiviste degli anni ’60, periodo nel quale, in opposizione al metodo tradizionale di lezione, si propone il modello dell’apprendimento basato sulla scoperta. In tempi più recenti tale metodologia viene largamente promosso grazie al Rapporto Rocard del 2007, pubblicato dalla Commissione Europea, la quale pone l’IBL o l’IBSE (Inquiry Based Science Education) come approccio per coinvolgere gli studenti in un apprendimento attivo, partecipativo, interattivo e applicativo nell’ambito delle scienze. L’Inquiry è una metodologia didattica che si basa sull’investigazione e stimola gli studentie a formulare domande, mettere in atto azioni utili a risolvere problemi e a comprendere in maniera più profonda lo studio dei fenomeni. Gli studenti sono al centro del processo e vengono orientati all’attività di indagine, guidati dal docente, che è facilitatore, attraverso diverse fasi preparatorie fino alla concettualizzazione, con lo sviluppo di domande, la creazione di ipotesi e successive verifiche. Sono presenti i tre momenti salienti dell’investigazione:

  1. esplorazione
  2. sperimentazione
  3. interpretazione dei dati emersi dall’indagine.

Nella progettazione dell’attività di Inquiry Based Learning, partendo ovviamente dai preliminari obiettivi formativi, il docente potrà decidere se proporre un percorso formativo basato sulla consequenzialità della proposta delle indagini, oppure selezionare uno o più livelli sui quali basare la propria attività formativa. E’ importante predisporre un setting dell’aula per lo svolgimento delle attività finalizzate a creare gruppi di lavoro, con tecniche di cooperative learning, privilegiando attività da svolgere sia a distanza che in presenza, utilizzando i canali comunicativi tra e nei gruppi di alunni, valorizzando un uso consapevole e produttivo degli strumenti digitali, per favorire la co-costruzione delle esperienze di apprendimento da parte degli studenti, suddivise in step e fasi di lavoro.

L’intera attività di Inquiry Based Learning (IBL)Teaching & Learning Centre - UniGe.it   può essere progettata sulla base del 5 E del Model proposto da Bybee & Landes nel 1990 il quale, attraverso le sue cinque E, delinea un learning cycle approach perfettamente applicabile alla progettazione delle attività:

Le cinque E stanno per engagement, exploration, explanation, elaboration ed evaluation e rispettivamente racchiudono questi significati:

  • ENGAGEMENT: introduzione alla metodologia e prima osservazione di un fenomeno o di un’esperienza, un problema dato volto ad essere indagato, nel nostro caso possiamo partire dalla domanda chi era Giuliana?
  • EXPLORATION: fase sperimentale di manipolazione e applicazione delle conoscenze (ricerca bibliografica,internet,ricercare dati e informazioni, verifica delle fonti, prima esperienza concreta di apprendimento, esplorazione di domande e ipotesi)-Organizzare una visita al Museo e un’escursione sul luogo di ritrovamento.
  • EXPLANATION: mappatura e discussione dei primi dati emersi, con l’introduzione di un framework, scheda teorica di riferimento che permetta di contestualizzare ciò che è apparso dalle ricerche preliminari (leggi, teorie ecc.). Cos’è un fossile, come avviene il processo e la conservazione.e’ possibile realizzare un esperimento in classe sul processo di fossilizzazione.
  • ELABORATION: elaborazione delle conoscenze appena acquisite e successiva sperimentazione attiva delle stesse, elaborare un prodotto, utilizzando metodologie immersive, la progettazione di ambienti 2D e 3D, e realtà aumentata con la creazione di presentazioni accattivanti.
  • EVALUATION: predisposizione di momenti di riflessione e di feedback formativi, occasioni di autovalutazione e predisposizione di momenti/attività di valutazione formativa e/o certificativa, di peer review.

Dalle attività sopra descritte è possibile preparare una pianificazione per gruppi e una presentazione delle attività svolte, con scambi e fasi di presentazione plenarie. È proprio questo il lavoro dello scienziato, il metodo scientifico sperimentale che da Galileo Galilei è giunto intatto sino a noi.

Il docente aiuta i ragazzi ad organizzare le attività, indicando modalità e tempi, invita ciascun studente ad elaborare alcune prime ipotesi di risposta alle domande emerse. Attiva l'interesse e la motivazione degli studenti iniziando con l’individuare una tematica, proponendola in chiave di problem solving. Favorisce l’interazione tra gli studenti tra loro per far emergere una o più domande investigabili sul tema proposto. Si formulano le prime ipotesi. Il docente divide la classe in gruppi, affidando già compiti specifici agli studenti. Nel piccolo gruppo si confrontano le singole ipotesi per arrivare a formulare un’unica proposta investigativa. Ciascun gruppo procede all'avvio della fase investigativa e apre il lavoro di ricerca. Il docente assegna i ruoli e monitora facilitando il lavoro di investigazione. Dopo aver effettuato attività di riflessione gli studenti nei gruppi di lavoro passano alle fasi di sperimentazione e documentazione, con la creazione di un prodotto finale, avvalendosi  dell’utilizzo di vari strumenti digitali. I gruppi dovranno ben documentare l’azione del processo che porta a risultati e conclusioni. I prodotti saranno presentati e condivisi tra i gruppi delineando la prossima indagine.

Esempio concreto di raccolta delle informazioni:

1.0-informazioni di base, il racconto

Tutto parte dall’osservazione diretta dei resti paleontologici, dialogano insieme i canali visivi e percettivi, lo facciamo durante la visita al museo o esplorando l’allestimento multimediale che racconta la storia di questo fossile di cetaceo che, con i suoi 26 metri di lunghezza, risulta essere uno dei più grandi fossili di balena mai rinvenuti, forse il più grande esemplare che abbia mai solcato le acque del Mar Mediterraneo.  Gli studi compiuti, che permettono di datare l’animale tra 1,5 e 1,25 milioni anni fa, ovvero nel Pleistocene inferiore, hanno messo in evidenza forti affinità con la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), la specie di cetaceo oggi vivente che raggiunge le dimensioni maggiori.

2.0-lezione al  museo-tra reperti e tecnologie digitali nel museo interattivo

<<.....Si può visitare al museo Ridola di Matera dove è stato allestito il percorso espositivo dedicato alla Balena Giuliana che  si compone di diverse sale: dopo la prima, dedicata alla scoperta e alle fasi del difficile recupero, ci si ritrova nell’ambiente interamente dedicato alla projection mapping che accompagnerà i visitatori in un viaggio immersivo ed emozionante. Ideata dal visual artist Silvio Giordano e realizzata da ETT SpA, azienda del Gruppo SCAI. Qui, si fondono le tecniche più avanzate in un’opera dal grande impatto visivo: animazione 2D e 3D, compositing e motion graphic. Seguono le sale espositive in cui sono mostrati alcuni resti del fossile già restaurati e interessanti reperti riconducibili alla fauna e alle piante acquatiche del paleoambiente in cui la balena è stata ritrovata. Attraverso un monitor il visitatore potrà seguire i lavori in corso nel laboratorio di restauro del fossile, allestito nell'Ex Palazzina Fio del Museo Ridola; completa questo racconto il fumetto “La Regina degli abissi” (Osanna Edizioni) appositamente realizzato dall’illustratore e fumettista Giulio Giordano>>

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fig.1 il restauro

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fig.2 il luogo del ritrovamento-Sponda Lago di Giuliano

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fig.3 esemplare di balena azzurra

4.0-Citare le fonti - Creare un repository delle risorse

<<Le attività svolte sono state complesse e hanno richiesto il coinvolgimento di più attori, da Annamaria Mauro, direttrice del Museo nazionale di Matera, insieme a Francesco Canestrini, soprintendente della Sabap, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, assieme a Giorgio Sobrà, direttore dell’Istituto centrale per il restauro di Matera,  Giovanni Bianucci, paleontologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, e la stessa amministrazione comunale. Importante fornire una visione d’insieme ai nostri alunni, che potranno avere l’idea concreta che dietro tutto questo lavoro ci sono, persone e specialisti.>>

È possibile creare una banca dati e una repository delle risorse sarà importante per avere a disposizione tutti i materiali e i riferimenti scientifici utili alla realizzazione dell’esperienza con la suddivisione in sezioni: Testi-Video-Audio-Immagini ecc.

5.0-Approfondimenti scientifici specialistici

Le scoperte scientifiche hanno consentito all’umanità di percorrere le varie tappe dell’evoluzione e se ci soffermiamo ad osservare un paesaggio, esso è il frutto di azioni esogene, antiche che non  sono evidenti ai nostri occhi. Ma il racconto della storia dei paesaggi naturali e della comparsa della vita sulla terra è segreto? Chi può rivelarlo, ma è ovvio il rinvenimento dei fossili, sono gli unici testimoni della vita del passato, siamo sulla buona strada. Già ma chi è il paleontologo? E’un geologo che dopo tanti anni di studio è diventato uno specialista, egli con tanto lavoro fisico, porta alla luce reperti, che saranno datati in laboratorio e potranno raccontare la storia geologica del luogo, dell’ambiente in cui vivevano le specie ritrovate, l’età, il clima. Parliamo di piante e animali, ma questa branca delle scienze geologiche è talmente vasta da essere suddivisa in paleontologia dei vertebrati e degli invertebrati. Vi assicuro da qui parte l’infinito, si apre un mondo di conoscenze affascinanti, che ci spiegano come in un libro la storia della vita sulla terra. Attenzione parliamo di tempo geologico. Se volessimo allargare le conoscenze per poter capire i processi di formazione ed evoluzione dobbiamo vestire i panni del geologo che ci racconterebbe che:“descrizione dell'area ed inquadramento geomorfologico:...Il Lago di San Giuliano e la collina di Timmari sono localizzati nella porzione centro orientale della Fossa Bradanica, un’ampia depressione tettonica allungata da NO a SE, che dal punto di vista geologico-strutturale, si sviluppa dopo gli eventi tettonici del Pliocene medio e si estende tra l’Avampaese Apulo ad Est e l’Appennino meridionale ad Ovest (Fig. 4).  Essa è colmata da sedimenti argillosi e sabbioso-conglomeratici plio quaternari formatisi in acque da poco a moderatamente profonde, nei quali si possono distinguere numerose formazioni che costituiscono una successione continua regressiva (Valduga, 1973). Il basamento è prevalentemente calcareo–dolomitico (Cretaceo), riferibile alla “Formazione del Calcare di Altamura”, affiorante ad oriente di Matera a partire dalla gravina omonima e in corrispondenza delle depressioni vallive prodotte dal Torrente Gravina e dal fiume Bradano. Sui calcari del Cretaceo giacciono in trasgressione i depositi marini del ciclo sedimentario plio-pleistocenico il cui termine basale è costituito dalle “Calcareniti di Gravina” roccia calcarea granulare porosa e fossilifera, di età Calabriana affiorante prevalentemente nelle parti più elevate delle gravine (Boezi et al., 1971).” Dalla descrizione è possibile tradurre il racconto con immagini, animazioni, e la creazione di un glossario dei termini specialistici.

Gli studi STEM promuovono, dunque, la metodologia dell’IBL, che è molto apprezzata dagli studenti ed è fondamentale per l’acquisizione delle competenze di problem solving. Gli studenti imparano ad analizzare criticamente le situazioni, a sviluppare ipotesi e a cercare soluzioni basate su dati e prove scientifiche. Tutto questo serve ai nostri ragazzi certo, avranno vissuto un’esperienza nuova, scoperto un nuovo metodo di studio, di ricerca, acquisito competenze relazionali, di progettazione, di creazione ed elaborazione di un prodotto, che è in grado di viaggiare per catturare la curiosità e l’interesse di tutti. Possiamo dire che Giuliana degli abissi emersa dal suo lontanissimo passato ha contribuito ad arricchire e costruire il futuro delle ragazze e dei ragazzi del terzo millennio.   

*Docente di Scienze, dott.ssa in Geologia

Educare ai nuovi linguaggi

di Anna Rita Colella*

Proposte didattiche di cittadinanza digitale dall'audiovisivo alla IA passando per la transmedialità

Viviamo in un mondo in cui l’informazione, la conoscenza e soprattutto la cultura e le relazioni umane sono mediate dalla tecnologia. In questo contesto la Media Education, intesa come educazione ai Media e ai loro linguaggi, può diventare un importante strumento di comprensione, non solo del medium, ma soprattutto del mondo che ci circonda. Può condurre gli studenti allo sviluppo di un pensiero critico, per riflettere con maggiore consapevolezza sulle proprie dinamiche interpretative sull’uso e sulla produzione di contenuti.

Didattica innovativa e cultura della progettazione

di Marco Di Paolo*

L’innovazione didattica non si genera con il multimediale e le tecnologie avanzate, pur rappresentando queste un’operazione di garanzia e pari opportunità per tutti gli alunni; per renderla sistemica nella scuola, risulta necessario riformulare la dimensione della professione docente, per renderlo motivato senza pregiudicare la sua libertà d’insegnamento. Ragionare sull’educazione alla cultura della progettazione didattica è diventato un obiettivo da raggiungere al più presto.

Booktrailer: il video trailer di un libro

di Claudia Rotondo*

Il Laboratorio di 45-60 minuti è rivolto agli alunni a partire dalla classe 4° primaria fino alla secondaria di 1° grado. Il docente distribuisce alcuni libri della biblioteca di classe o di scuola e chiede agli studenti una descrizione del libro basata su osservazione della copertina, l'analisi del titolo e le note biografiche sull’autore. Gli studenti, utilizzando le informazioni e la loro capacità di fare previsioni, creano un trailer utilizzando app gratuite su smartphone o tablet. L'attività si può realizzare anche in lingua straniera. Keywords: #Storytelling, #Video-editing

Intercultura e nuove tecnologie: "I care - l'accoglienza inizia dalle parole"

a cura del prof. Luigi Pirillo*

L’articolo riporta una significativa esperienza di insegnamento-apprendimento replicabile e basata sull’efficace gestione di una classe multiculturale con l’ausilio degli strumenti digitali.

Il progetto educativo è stato costruito sull’accoglienza e sull’importanza di sentirsi accolti. Per gli studenti internazionali entrare a far parte di una nuova realtà scolastica, di un nuovo contesto sociale o di un nuovo gruppo di amici può essere davvero come entrare nel labirinto di Cnosso: spazi sconosciuti, lingue e dialetti poco comprensibili, numerosi fraintesi, giri inattesi e un’aula che a volte non si ricorda dove sia.

Bambini e intelligenza artificiale: un mondo di opportunità e responsabilità

di Eleonora Converti
docente di Sistemi Automatici presso l’ITIS “E.Fermi” di Castrovillari


Abstract:

Viviamo in un'era in cui la tecnologia, inclusa l'Intelligenza Artificiale (IA), sta diventando sempre più pervasiva. Insegnare ai bambini come funziona l'IA non solo li aiuta a comprendere il mondo che li circonda, ma anche a sviluppare la capacità di dominare la tecnologia anziché subirla passivamente. In questo articolo, esploreremo l'importanza di far conoscere ai bambini il funzionamento dell'Intelligenza Artificiale e come questo possa permettere loro di diventare protagonisti consapevoli della società digitale.

La bottega dei mondi digitali

FOTO MARIO CATALANOdi Mario Catalano
Ricercatore, Docente, Editore Scientifico


Abstract: In quest’articolo, illustro motivazioni, quadri teorici di riferimento ed esperienze concrete di un progetto per la formazione del pensiero computazionale e della creatività digitale che, da alcuni anni, propongo agli studenti della scuola primaria. In particolare, descrivo alcune unità di apprendimento, che ho realizzato nell’anno scolastico appena concluso presso il Primo Circolo Didattico “Giovanni Pascoli” di Erice.

«Perché m’imponi ciò che sai se io desidero apprendere l’ignoto ed essere fonte della mia stessa scoperta?!
Non chiedo la verità, dammi ciò che è sconosciuto. […]
Lascia che il conosciuto sia la mia liberazione, non la mia schiavitù. […]».

TECNOLOGIE E DIDATTICA DELLE LINGUE STRANIERE Flipped classroom e studio dell’inglese

 flipped classroomLingueStraniere

di Maria Mantuano*

 

Abstract - In questi ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento radicale delle metodologie di insegnamento anche grazie al ruolo sempre più ampio delle tecnologie applicate alla didattica in generale, ma soprattutto allo studio delle lingue.

Le potenzialità del computer e della rete, sempre più ampie e potenti, hanno consentito, infatti, la possibilità di apprendere con un maggior grado di autonomia e di avere una maggiore interazione tra la didattica e i materiali in rete. Questo ha permesso di coniugare aspetti collaborativi (forum, chat, Skype ecc.) con eserciziari e testing e di avvalersi di soluzioni, già disponibili sul mercato, in grado di interagire con l’utente, anche mediante gli strumenti informatici più innovativi. 

L’esperienza della DAD, infine, ha necessariamente spinto i docenti a confrontarsi con nuovi linguaggi che, fino ad ora, erano stati utilizzati solo da una sparuta minoranza. Ciò ha fatto emergere delle necessità di formazione professionale, affinché le nuove metodologie e gli strumenti più innovativi introdotti nelle scuole possano risultare efficaci per l’apprendimento e l’insegnamento linguistico. Il presente lavoro ha come scopo quello di analizzare uno dei tanti possibili approcci metodologici applicato all’insegnamento della lingua inglese nella scuola secondaria di secondo grado: la flipped classroom o classe capovolta.

*Docente di Lingua e Cultura Inglese e Animatore Digitale per il Piano Nazionale Scuola Digitale e Piano Scuola 4.0 PNRR

 

 

Il punto di partenza, a mio avviso, è legato al tema del possibile cambiamento cognitivo legato alla presenza pervasiva delle nuove tecnologie nella vita dei giovani. Il punto di partenza è l’attenzione data agli studenti e al loro rapporto con le TIC “fuori” dalla scuola. Per essere efficaci occorre «offrire agli insegnanti dei punti di riferimento attraverso i quali attuare una valutazione della reale «alfabetizzazione digitale» dei propri studenti e, quindi, calibrare al meglio le modalità di un eventuale utilizzo delle tecnologie anche in classe». (Favaro, 2014) 

Occorre, allora, guardare con uno sguardo più approfondito come la nuova cultura digitale possa influenzare anche l’insegnamento delle lingue straniere.

La mia esperienza di docente di lingua e cultura inglese e l’attività da me svolta, ormai da diversi anni, di animatore digitale presso l’IIS “Familiari” di Melito Porto Salvo (RC) mi hanno consentito di sperimentare le nuove metodologie didattiche con i miei alunni, in una fascia di età che spazia tra i 13 e i 19 anni, periodo in cui ragazzi sono “attratti” dal mondo digitale che, soprattutto attraverso l’uso dello smartphone, ha aperto loro una nuova dimensione comunicativa. È innegabile come la tecnologia abbia cambiato il modo in cui i ragazzi si pongono nei confronti della vita e come gli strumenti digitali siano diventati, sempre più spesso, uno strumento di apprendimento e di socializzazione. Compito della scuola è quello di riconoscere questo aspetto della vita dei ragazzi, riducendo il divario che è presente tra la real life (e di conseguenza tutti gli aspetti dell’apprendimento informale) e l’apprendimento scolastico di tipo formale (Cecchinato, 2016). Apprendere attraverso la tecnologia significa disporre, quindi, di materiale che può coinvolgere i diversi canali sensoriali e che allo stesso tempo “parli la lingua degli studenti”.

La flipped classroom, a mio avviso, è tra le infinite metodologie didattiche, quella che meglio si può adattare ad una didattica innovativa delle lingue straniere. Insegnare con la classe capovolta significa attuare una doppia inversione didattica. La prima sta nello spostamento della lezione, usualmente condotta a scuola, a casa; la seconda consiste nell’organizzare le attività del tempo-classe, modificando, anche, i criteri della valutazione. La modalità flipped, infatti, ha riscontri molto positivi sugli studenti a livello di apprendimento, di competenze e di sviluppo delle soft skills.

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Con questa metodologia si intende, come è noto, un approccio che si pone come obiettivo quello di ribaltare lo schema della lezione tradizionale. Questo schema è usualmente caratterizzato dalla spiegazione frontale a scuola, lo svolgimento dei compiti a casa e la verifica della corretta acquisizione dei contenuti a scuola. Il modello di didattica capovolta prevede, invece, che la spiegazione dei contenuti venga fornita a casa per incrementare il tempo-classe, orientato, invece, ad attività collaborative, laboratoriali ed esperienziali a scuola.

La flipped classroom si serve, chiaramente, dell’ausilio della tecnologia. A tal fine la classe capovolta si configura come una sorta di apprendimento misto anche noto con la denominazione inglese di blended learning, che propone una modalità di didattica che utilizza la combinazione di tre tipologie di apprendimento: il mobile learning (apprendimento tramite dispositivi mobili, quali smartphone e tablet), l’online learning (l’apprendimento tramite l’utilizzo degli strumenti del Web) e il classroom learning (apprendimento in classe).

Facendo riferimento proprio all’online learning, occorre fare una precisazione. Un aspetto che si deve mettere in evidenza, perché fortemente collegato all’era digitale, è il fatto che, se una volta le uniche fonti di sapere erano il docente e il libro di testo (o la biblioteca), con l’avvento di Internet tutto il sapere è facilmente a portata di mano. Il fatto che le informazioni possano essere ritrovate in rete rappresenta sicuramente un grande vantaggio per lo studente, ma questo stesso vantaggio rischia di diventare un problema. È estremamente facile, infatti, perdersi nella quantità di informazioni disponibili in rete, che possono confondere gli alunni, diversamente da quelle “preconfezionate e adattate secondo i suoi bisogni”, come nel caso della lezione scolastica.

In questa fase interviene il ruolo del docente, il cui compito non è tanto quello di essere il sage on the stage che fornisce i contenuti scolastici, ma quello di essere facilitatore dell’apprendimento. Il suo obiettivo è quello di indirizzare lo studente nella vastità delle informazioni in cui si trova immerso. Il docente rappresenta, quindi, un punto cardine nel processo di apprendimento dello studente e lo rimarrà finché non sia in grado di raggiungere un ottimo grado di autonomia nello studio.

In quest’ottica, la classe capovolta diviene utilissima permettendo in classe, oltre che l’apprendimento dei contenuti, anche lo sviluppo delle competenze sociali e la capacità di lavorare in gruppo, tutte competenze che sono poi richieste, anche e soprattutto, in ambito lavorativo. Inoltre, dal punto di vista del “lavoro” che deve essere svolto a casa, questa modalità sviluppa negli allievi la competenza digitale, l’autonomia e la responsabilità nello studio.

Oggi insegnare lingua e letteratura straniera significa sviluppare le abilità comunicative. In altre parole, si fa in modo che lo studente apprenda gli strumenti e le competenze per interagire attivamente al di là del contesto scolastico. Le caratteristiche principali di questo approccio sono l’utilizzo di materiale linguistico autentico (madrelingua), l’attenzione agli aspetti funzionali della lingua, la differenziazione dell’offerta didattica, il ruolo sociale dello studente e l’adozione dell’unità didattica intesa come un “insieme coerente di contenuti, forme linguistiche, informazioni culturali, pratiche di interazione, esercitazione e ripetizione” (Borneto, 2001 pp. 131-132). Soprattutto c’è l’attenzione allo studente e ai suoi bisogni e alle sue competenze di partenza. 

Dopo l’avvento della classe capovolta è sorto un dibattito abbastanza intenso in rete in cui ci si chiedeva come era possibile capovolgere l’insegnamento dell’inglese. Il principio che sta alla base di tutto è semplice: gli allievi come “compito” devono guardare dei video, delle presentazioni o svolgere delle attività su un argomento specifico. L’argomento può essere presentato dal docente utilizzando diverse tipologie testuali che possono richiedere sia l’uso della tecnologia che materiali cartacei.

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Nonostante la libertà di decisione da parte del docente, la maggior parte degli insegnanti, che vogliono invertire la didattica, decide di sfruttare la tecnologia e la rete e perciò il mezzo privilegiato è quello della video-lezione. 

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Si può fare ricorso a diverse strategie per creare video, dalle più tradizionali (come l’uso della webcam e della videocamera) alle più innovative (l’uso di programmi specifici). Io personalmente ho utilizzato applicazioni come Screencast-O-Matic, che permette di poter filmare ciò che avviene nel computer ed è, inoltre, molto utile per poter creare tutorial, e AdobeSpark Video, che permette di realizzare video “multi-sensoriali” con l’utilizzo di immagini, scritte e file audio e video.

Per quanto riguarda i siti contenenti video e presentazioni già realizzate da altri, solo per citarne alcuni, ho utilizzato, ad esempio, la Khan Academy che pubblica video scolastici in inglese e sottotitolati anche in altre lingue, Youtube, Rai Scuola, SlideShare e Voicethread (per le presentazioni) e persino singoli piani di lezione o “unità di apprendimento”.

Sia che l’insegnante scelga di registrare i propri video, sia che scelga di impiegarne alcuni trovati in rete è necessario che ci sia un ambiente digitale per la loro condivisione, per le eventuali attività e i progetti assegnati agli studenti e per offrire riscontri agli stessi. Il web ancora una volta riesce a sopperire a questa richiesta proponendo molte alternative, tra cui social networks a uso scolastico, blog e i più sofisticati Learning Management System. Nella mia scuola, ad esempio, è attiva la piattaforma Google Workspace for Education con tutte le applicazioni utili, tra cui Google Classroom

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Per accertarsi che tutti gli studenti abbiano visto il video a casa, è possibile utilizzare le più svariate strategie che vanno dalla semplice risposta a domande aperte o chiuse sul quaderno o su Evernote (dando anche qui la scelta dell’avvalersi del supporto cartaceo o digitale), al commento direttamente sul blog, allo svolgimento di quiz online che possono essere implementati con foto e/o video (attraverso l’applicazione Google moduli). I quiz online hanno il vantaggio di poter fornire subito feedback diretti agli studenti che possono così comprendere se hanno capito bene l’argomento o se necessitano di fare un rewind rivedendo le informazioni. Queste attività, inoltre, aiuteranno lo studente a cogliere le informazioni principali del video e a comprendere gli argomenti nella loro complessità. 

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Il tempo classe può essere dedicato a tutte le attività pratiche che le recenti impostazioni metodologiche propongono,         nella convinzione che per conoscere una lingua non basta sapere come funziona ma è importante il “learning by doing”, il saper fare che si manifesta nell’uso “effettivo della lingua in contesti di comunicazione reali” (Borneto, 2001 p. 143). 

Le attività di apprendimento cooperativo sono molteplici e prevedono lavori a coppia come il pairwork che massimizza il tempo di utilizzo della lingua straniera ed è specialmente adatto nel caso in cui gli alunni abbiano difficoltà ad esprimersi in lingua straniera davanti al gruppo classe (Harmer, 1988: p. 131). Il docente potrà anche utilizzare lavori di gruppo (groupwork) o il lavoro in plenaria con l’intera classe.

Altre attività che possono essere condotte anche da gruppi più numerosi sono i roleplays in cui i partecipanti si calano nel ruolo di attori nell’inscenare dei copioni precisi interagendo fra di loro. L’attività di roleplay si addice, anch’essa, perfettamente all’insegnamento della letteratura inglese e, inoltre, è fondamentale nello sviluppo della competenza pragmatica e nella presa di consapevolezza delle funzioni della lingua. Altre attività possibili sono interviste di gruppo, dibattiti, realizzazione di esposizioni orali, più o meno spontanee e attività di scrittura (individuale o di gruppo).

Così facendo, gli studenti ridefiniscono quello che è il sapere, dimostrando, in questo modo, una vera padronanza dei contenuti, lavorando a gruppi, in coppia o da soli per realizzare un “progetto” che può spaziare dalla presentazione orale o scritta, dalla mappa concettuale (soluzioni nelle quali non serve l’uso della tecnologia), alle presentazioni che sfruttano i Web tools come Powerpoint, Prezi, Popplet, Screencast-O-Matic, gli stessi che hanno utilizzato gli insegnanti per fare le presentazioni.

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La reazione degli studenti, nella mia esperienza, è stata molto positiva. Oltre alla novità dell’idea, sono emersi commenti positivi sul lavoro di gruppo che offrono la possibilità di dimostrare la competenza sociale dei ragazzi. Inoltre, gli studenti stessi si sono spesso dimostrati orgogliosi dei loro elaborati, sia per sé stessi sia per il fatto che essi erano visibili a tutta la classe. 

Bibliografia

Pierpaolo Limone, Anna Dipace, Lucia Martinielo, “Teachers and digital media. Socio-cognitive factors that reduce resistance to innovation” – 2016

Fabio Ruggiano, “La macchina insegnante e l’ambiente virtuale: un bilancio di un secolo di didattica delle lingue con le tic e uno sguardo al futuro” - Italiano LinguaDue, n. 2. 2018

Camilla Spaliviero, Fabio Caon, Graziano Serragiotto, (a cura di), “Tecnologie e didattica delle lingue: Teorie, risorse, sperimentazioni” - Torino: UTET Università EL.LE Vol. 2 – Num. 2 – Luglio 2013

Sabrina Campregher, “DiDiDe. A design tool to integrate ICT into the didactic process through Cooperative Learning”

Luciana Favaro, “La scelta delle tecnologie nel percorso di sviluppo dell’autonomia di apprendimento linguistico” EL.LE Vol. 3 – Num. 1 – marzo 2014

Harmer, J. “The practice of English language teaching” (4th ed.), Pearson Longman, 1988.         

C. Serra Borneto, “C'era una volta il metodo. Tendenze attuali nella didattica delle lingue straniere”, Carocci Ed. 2001

CODING4ALL ITALIA CODETOCODE Equipe Formative Territoriali Unità di Misura Polo Nazionale PNSD – Piano Scuola 4.0 PNRR – Code Week 2022 -

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di Ippolita Gallo* e di Luigi Pirillo*

ABSTRACT

Dal 10 al 21 ottobre 2022 i componenti dell’Équipe formativa della Calabria hanno dato un forte impulso alla Settimana europea della programmazione che ha offerto ai docenti e alle studentesse e studenti di alcune scuole della Calabria opportunità di formazione e sviluppo professionali sotto forma di workshop e laboratori guidati. L'obiettivo è stato quello di stimolare, supportare e motivare gli insegnanti a portare in classe il coding e il pensiero computazionale sperimentando con i propri allievi innovative e buone pratiche di insegnamento-apprendimento. Ogni attività svolta nelle classi è stata appuntata sulla mappa della Settimana europea della programmazione!

Il risultato è andato ben oltre le aspettative: la staffetta di coding tra le classi delle scuole di tutto il territorio nazionale ha raccontato, attraverso linee di codice la bellezza dei propri contesti territoriali generando curiosità, interesse, cooperazione, collaborazione e creatività digitale in classe.

 

*Ippolita Gallo, Docente Specialista di Lingua Inglese Scuola Primaria e Componente dell’Equipe Formativa Territoriale Calabria per il PNSD e Piano Scuola 4.0 PNRR ( Piano Nazionale Scuola Digitale e Piano Piano Nazionale Ripresa Resilienza); *Luigi Pirillo, docente di Materie Letterarie, Latino e  Greco e Componente dell’ Equipe Formativa Territoriale Calabria per il PNSD e Piano Scuola 4.0 PNRR ( Piano Nazionale Scuola Digitale e Piano Piano Nazionale Ripresa Resilienza).

 

 

 

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Nell’ambito delle azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale e del Piano Scuola 4.0 PNRR le Equipe Formative Territoriali, istituite con l’art. 1, comma 725, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, modificato dall’art.1, commi 970 e 971, della legge 30 dicembre 2020, n.  178, hanno organizzato per la settimana europea del codice una staffetta di coding tra le classi delle scuole di tutto il territorio nazionale per raccontare la bellezza dei propri territori regionali programmando un evento nazionale dal titolo ITALIA CODETOCODE in cui con l’entusiasmo degli studenti di ogni ordine e grado di scuola si è “messo in campo” la metodologia e la pratica del Coding per lo sviluppo del pensiero computazionale con proposte di attività didattiche da realizzare con gli studenti, per trasformare in linee di codice tradizioni, usanze, arte e cultura. L’evento ha comportato, tra l’altro, la realizzazione di una raccolta nazionale di linee di codice, incrementando il contatore della CodeWeek: linee unplugged e plugged, visuali e testuali, considerando valida ogni tipologia di programmazione! Le Equipe Formative Territoriali hanno messo a disposizione un kit con materiali stampabili per realizzare la staffetta e tante schede didattiche per tutti.

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I componenti Ippolita Gallo e Luigi Pirillo dell’Équipe Formativa Calabria hanno organizzato workshop di consulenza, supporto ed accompagnamento per strutturare progetti di ricerca-azione sul CODING rivolto ai docenti della Scuola dell’Infanzia, della Scuola Primaria, Scuola Secondaria I grado, Scuola Secondaria II grado e CPIA con proposte di attività di coding unplugged e plugged. I workshop hanno inteso promuovere lo sviluppo del pensiero computazionale attraverso l’utilizzo del coding.

Il “pensiero computazionale” nonostante sia strettamente collegato ai principi della programmazione e dell’informatica, è utile per sviluppare quelle capacità logiche e di risoluzione dei problemi necessarie alle donne e agli uomini del domani.

Pensiero computazionale e algoritmo sono la componente umana dell'informatica, infatti parlare di oggetti Smart, ovvero intelligenti, è corretto ma bisogna avere la consapevolezza che dietro questi oggetti c'è un lavoro di problem solving svolto da una persona che ha elaborato istruzioni elementari che noi oggi chiamiamo “il linguaggio delle cose”. Da qui nasce l'esigenza di consentire a tutti di conoscere il pensiero computazionale, fin dalla scuola dell'infanzia, al fine di renderci destinatari attivi e di sviluppare quella creatività e fantasia che si cela dietro ad essa che ci consente di modellare gli oggetti intorno a noi in modo vantaggioso e produttivo.

Il percorso laboratoriale di formazione dei docenti è stato condotto facendo acquisire le metodologie adatte per utilizzare il metodo e la pratica del Coding trasversale a tutte le discipline ed ai campi di esperienza.

Le finalità della ricerca-azione hanno teso a:

  • Avviare allo sviluppo del pensiero computazionale;
  • Creare degli schemi mentali per esplorare il mondo che ci circonda;
  • Saper mettere in sequenza i comandi per ottenere il comportamento adeguato alla situazione nella soluzione di un problema;
  • Confrontarsi, scambiare idee e opinioni, ipotizzare, sperimentare, verificare;
  • Promuovere l’apprendimento attraverso il fare.

La metodologia principale utilizzata è stata il cooperative learning, a tal punto da organizzare le classi come piccoli laboratori, con l’intento di utilizzare procedure di collaborazione e di cooperazione per una scuola che non si limita solo alla trasmissione di conoscenza, ma che diventa luogo in cui operare in armonia nella costruzione del proprio sapere.

 

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(cliccare sull’immagine sopra per visionare tutte le attività di CODING nazionali ufficiali)

Le attività proposte sono state  effettuate anche e non solo in modalità unplugged al fine di consentire una maggiore diffusione anche nelle realtà scolastiche in cui non ci sono computer con connessione internet.

Il materiale digitale di sperimentazione è stato condiviso con tutti i docenti partecipanti sul sito CODING4ALL, strutturato ed organizzato dai i due componenti EFT Calabria.

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Le classi partecipanti sono state continuamente monitorate mediante la sperimentazione in classe da parte dei docenti sperimentatori, che hanno effettuato la messa in pratica del CODING, documentando in appositi modelli di schede educativo-didattiche (activity plan), al fine di avere una ricaduta educativo-didattica negli studenti.

La RICERCA-AZIONE in classe ha permesso di valutare le attività con i bambini e i ragazzi, al fine di far acquisire i concetti base del Pensiero Computazionale e del Coding sia da parte dei docenti che da parte degli studenti.

Le istituzioni scolastiche che hanno rappresentato tutta la Calabria per la staffetta ufficiale ITALIA CODETOCODE sono state l’Istituto Comprensivo di Montalto Uffugo Taverna CS con i piccoli della Scuola Infanzia di Via Perugia, coordinati dalle docenti Rosanna Grillo, Silvia Mazzeo, Sonia De Rose, Antonella Gencarelli, Lucia Lo Feudo, Marialessia Russo con il progetto Coding Unplugged GIANGURGOLO CODETOCODE e l’Istituto Comprensivo di Montebello Jonico Motta San Giovanni RC con i ragazzi della 3^C Scuola Secondaria di I grado, coordinati dalla docente Filomema Mafrica con il progetto Scratch COD…ING PER I BRONZI DI RIACE.

Cliccare sulle immagini sottostanti per visionare i videoclip dei due progetti

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I due docenti dell’Equipe Formativa Territoriale hanno supportato i docenti-sperimentatori per tutto il percorso formativo al fine di indicare e proporre, collaborativamente e cooperativamente, attività, strategie metodologiche, materiale per il Coding Unplugged: kit di DRESSCODE/CODYFEET/CODYROBY e materiale pratico per il Coding Plugged ed altro (libri, dispense, guide, contenuti digitali e strumenti tecnologici come robot).

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La “classe rovesciata”: un ambiente ibrido collaborativo

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di Giuseppe Esposito*

 

Abstract:

La classe x.0, è un ambiente ibrido dove il lavoro in presenza e il lavoro a distanza si fondono in un unico processo di apprendimento-insegnamento. La didattica  x.0 si identifica in tre parole: Facilità, Autorialità, Socialità. La gestione diventa organizzazione di un setting tecnologico e collaborativo. La Flipped Classroom prevede un “ribaltamento” delle modalità di utilizzo degli spazi, l’aula diventa collaborativa e la casa diventa spazio di studio. Gli alunni si preparano a casa su un argomento e si esercitano in classe con la supervisione dell’insegnante.

Problem-Based-Learnig, Peer Instruction, Coperative Learnig, Inquiry Based Learnig, strategie didattiche che con la flipped classroom  ridefiniscono i ruoli dell’apprendimento e dell’insegnamento.

Le ITC come strumenti per consentire la realizzazione di didattica per competenze e l’insegnante è al fianco dello studente durante la rielaborazione dei contenuti.

Lo studente è responsabile del proprio personale processo di apprendimento. Possibilità, per l'insegnante, di personalizzare le attività a seconda delle inclinazioni e delle conoscenze dello studente. Lo studente apprende secondo il proprio ritmo. Gli studenti assenti da scuola non perdono i concetti importanti della lezione.

 

*Giuseppe Esposito docente di matematica e fisica presso il Liceo A.M. dè Liguori di Acerra Na, docente a contratto di Matematica e Informatica (Dip Farmacia Federico II) CdL Controllo di Qualità, docente formatore ITC.

 

 

Una classe 2.0 può essere definita come un ambiente ibrido in cui il lavoro in presenza con le tecnologie e il lavoro in rete a distanza, sincrono o asincrono, si alternano e si fondono in maniera del tutto naturale in un unico processo di apprendimento-insegnamento.

L’aula rimane lo spazio entro cui le azioni formative più importanti continuano ad essere svolte; un’aula flessibile e aperta che riesce ad estendersi oltre i confini spazio-temporali grazie al supporto delle tecnologie e applicazioni 2.0 di cui può disporre. I computer, i tablet, la LIM e la rete divengono elementi abituali della pratica didattica. Infatti, la tecnologia si integra a tal punto nel lavoro di scuola da trasformare dall’interno le pratiche abituali degli insegnanti e degli studenti.

Possiamo identificare/definire la didattica 2.0 con tre parole: facilità (di utilizzo delle applicazioni 2.0), autorialità (intesa come possibilità di pubblicare contenuti sul web diventando autori oltre che navigatori), socialità (come logica interattiva che promuove un paradigma sociale indagabile ad un doppio livello: nuova modalità di costruzione e gestione della conoscenza; possibilità di disporre di più rappresentazioni dello stesso concetto che attiva i soggetti alla riflessione, all’analisi comparativa) Anche la gestione diventa un aspetto fondamentale in una classe 2.0 perché rimanda all’organizzazione, da parte del docente, di due setting fondamentali: quello tecnologico (gestione/organizzazione delle strumentazioni, delle applicazioni 2.0 e degli arredi); quello collaborativo (gestione/organizzazione degli studenti in gruppi di lavoro).

La classe 2.0 puntava molto sul corredo tecnologico, come se esso stesso potesse essere in qualche modo il punto di svolta e la chiave di volta di una didattica rinnovata.

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La Flipped classroom prevede un totale “ribaltamento” delle modalità di utilizzo degli spazi. L’aula non è più lo spazio della lezione frontale, ma di attività collaborative e di confronto, e a casa non ci si dedica ai compiti ma si fruisce la lezione grazie a video e contenuti multimediali.

In realtà più che un metodo vero e proprio la Flipped Classroom è un cambio di prospettiva, un diverso modo di proporre i contenuti agli studenti e di articolare i tempi di apprendimento. L'idea di fondo è molto semplice: si tratta di invertire i due principali momenti dell'agire didattico, permettendo agli studenti di prepararsi su un determinato argomento a casa per poi effettuare compiti o esercitazioni in classe, sotto supervisione dell'insegnante.

La Flipped classroom si compone di due fasi principali: la prima inversione e la seconda inversione. Nella prima inversione l'insegnante prepara in anticipo il materiale necessario allo studio a casa, quasi sempre si tratta di video ma possono essere anche podcast, risorse esterne13, dispense ecc. esempio una video lezione dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: Essere breve, massimo 10-15 minuti, sia per un discorso di concentrazione (più un video è lungo più sarà facile distrarsi) sia per poter essere vista più volte senza troppo dispendio di tempo. Integrare ritagli di altri video, per esempio documentari o filmati, già di per sé strutturati in modo da essere coinvolgenti.

Lo studente quindi acquisisce il materiale a disposizione e si prepara, in modo autonomo, su un argomento mai affrontato prima. Si arriva così alla seconda inversione, la parte più interessante del modello. Avendo maggior tempo a disposizione l'insegnante potrà raccogliere i feedback degli studenti riguardo la visione del materiale a casa e successivamente proporre delle attività da svolgere in ottica learner - centered.

Un elenco delle possibili strategie didattiche realizzabili in questa fase è il seguente:

 

Problem-Based Learning

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In questo metodo l'insegnante pone un problema, concreto e reale, e lo studente è chiamato a risolverlo formulando ipotesi, raccogliendo materiale, ragionando in modo autonomo ma confrontandosi anche con gli altri. Il ruolo dell’insegnante è quello di un tutor che guida il processo di ragionamento.

 

Peer Instruction

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È un metodo di apprendimento interattivo tra pari, precursore della classe capovolta. In sintesi, si studia a casa l'argomento e in classe si verifica quanto appreso e si approfondisce, quasi sempre tramite discussioni e dibattiti tra gli studenti. Le lezioni in questo caso sono costituite da brevi presentazioni su dei concetti chiave, ognuna delle quali è seguita da un test sugli argomenti appena trattati. Gli studenti dovranno rispondere prima in maniera autonoma per poi confrontare le risposte con i compagni. Si passa al Concept Test successivo quando la maggioranza dei riscontri sarà ritenuta positiva.

 

Cooperative Learning

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Nel Cooperative Learning, o apprendimento cooperativo, gli studenti sono la fonte e la risorsa dell'apprendimento. Non è da confondere con il lavoro di gruppo che ha lo svantaggio di far prevalere le personalità più forti e carismatiche. In un gruppo cooperativo ognuno ha un ruolo ben preciso che lo rende indispensabile al raggiungimento dell'obiettivo finale.

 

Inquiry Based Learning

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È un metodo molto simile al PBL: si parte da un quesito reale, proposto dall'insegnante o dagli studenti stessi; seguirà poi una fase di ricerca e di indagine in cui ci si potrà avvalere di diverse risorse (ricerche in rete, interviste, sondaggi). La tecnologia ha un ruolo importante perché i risultati raggiunti dovranno essere archiviati, analizzati, esposti.

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Quindi il“ribaltamento” dei momenti studio-esercitazione comporta una ridefinizione dei ruoli  perché l'approccio all'apprendimento e all'insegnamento non è più quello tradizionale. Lo studente ha un'autonomia che con il metodo di insegnamento classico è difficile da ottenere: può decidere come, dove, quando, ascoltare i video. Se non capisce un concetto può fermarsi, appuntare i dubbi, andare avanti e così via. In classe può confrontarsi con gli altri studenti, appurare le proprie conoscenze e le eventuali lacune, mettere in pratica quanto imparato. Lo studente diventa il protagonista principale del proprio sapere ed ha il pieno controllo dell'intero processo. L'insegnante diventa un tutor, un facilitatore dell'apprendimento e un educatore a tutto tondo. Può ricoprire diversi ruoli, e tutti in funzione dello scopo primario: dare indicazioni allo studente, aiutarlo se ha difficoltà, stimolarlo, costruire per lui un'impalcatura metaforica da cui poi si dovrà emancipare.

Vantaggi

Si realizza una didattica per competenze, come raccomandato dall'Unione Europea. L'insegnante è a fianco dello studente nella fase più importante del processo di apprendimento: ovvero durante la rielaborazione dei contenuti (importante specialmente in presenza di alunni con BES). Lo studente è responsabile del proprio personale processo di apprendimento. Possibilità, per l'insegnante, di personalizzare le attività a seconda delle inclinazioni e delle conoscenze dello studente. Lo studente apprende secondo il proprio ritmo. Gli studenti assenti da scuola non perdono i concetti importanti della lezione.

Svantaggi

Difficoltà di realizzazione in caso di mancata disponibilità di risorse tecnologiche, sia a casa che a scuola. Maggior carico di lavoro per l'insegnante. Scarsa interazione tra studente ed insegnante nel momento dello studio a casa. Lo studente potrebbe non guardare le video lezioni ed entrare in classe impreparato. Scetticismo sull'efficacia del metodo da parte della classe.

Riflessioni

Autonomia di elaborazione - permette di selezionare i momenti per esprimersi e presentare le proprie idee; Velocizzazione delle interazioni – il tutor (docente) può comunicare in tempi ridotti con più alunni dislocati ovunque…Ampliamento delle risorse - i materiali hanno carattere dinamico, possono essere arricchiti, espansi mediante link, aggiornati, revisionati. Flessibilità delle forme di cooperazione-collaborazione – si può lavorare a coppie, a piccoli gruppi, condividere altri momenti con gruppi più ampi; si possono utilizzare le FaQ o il web forum per apprendere da testimoni;

Flipped Classroom e Classe 2.0 sono due “metodologie” che riescono ad essere efficaci grazie all'impianto pedagogico su cui si fondano e che riescono a realizzarsi grazie all'utilizzo della tecnologia e degli strumenti di condivisione e collaborazione offerti dal Cloud e dal Web 2.0. Ma una didattica nuova, che come conseguenza ha lo scardinamento della lezione tradizionale, richiede anche un ripensamento del concetto di aula così come siamo abituati ad immaginarla.

L’Aula 3.0 non è solamente un'aula dove cambia la disposizione dei banchi o dove la cattedra non è più il punto fisso sul quale rivolgere l'attenzione. È anche un'aula pensata appositamente per integrare nella didattica l'utilizzo delle nuove tecnologie. In un'aula 3.0 dovranno esserci: postazioni di gruppo scomponibili, lavagne interattive alle pareti, connessione wi-fi, videoproiettori ecc. In Italia invece le aule 3.0 rappresentano ancora una modesta realtà (anche a causa delle comprensibili difficoltà di realizzazione) ma diversi istituti, grazie a finanziamenti esterni, hanno potuto riprogettare le proprio aule. Un esempio “grazie agli sponsor (Lenovo, Microsoft, Vivitech), una classe è dotata di un video proiettore, una lavagna interattiva, un laptop per ogni studente utilizzabile anche in modalità tablet. Sono stati installati dei Note Locker, “armadietti tecnologici” provvisti di prese per la carica dei vari dispositivi. I banchi sono stati sostituiti da tavoli rotondi e sono state introdotte delle “gradinate” movibili su cui gli studenti possono sedersi per assistere ad una presentazione alla LIM o ad una web conference.

Piano Scuola 4.0 

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“9 Marzo 2020”, la data che ha segnato la storia della nostra nazione, l’Italia intera è posta in lockdown a causa della pandemia di Covid-19. Tutte le criticità, carenza di connettività e di strutture digitali, evidenziate e scaturite dalla chiusura delle scuole, hanno fatto emergere il bisogno e la necessità di “investire” nella trasformazione digitale della scuola italiana ovvero di realizzare ambienti di apprendimento ibridi, che possano fondere le potenzialità educative e didattiche degli spazi fisici concepiti in modo innovativo e degli ambienti digitali. Quindi grazie ai fondi del PNRR, nasce un piano di investimento per completare la modernizzazione degli ambienti scolastici italiani che sta avendo atto già da oltre 15 anni, grazie agli importanti interventi del Ministero dell’istruzione.

Lo scopo ultimo è quello di accompagnare la transizione digitale della scuola italiana, trasformando le aule scolastiche precedentemente dedicate ai processi di didattica frontale in ambienti di apprendimento innovativi, connessi e digitali (Azione 1 – Next Generation Classrooms) e potenziando i laboratori per le professioni digitali (Azione 2 – Next Generation Labs).

L’idea è quella che trasformare gli spazi fisici delle scuole, i laboratori e le classi fondendoli con gli spazi virtuali di apprendimento rappresenti un fattore chiave, per favorire i cambiamenti delle metodologie di insegnamento e apprendimento, nonché per lo sviluppo di competenze digitali fondamentali per l’accesso al lavoro nel campo della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale**.

** Versione grafica Piano Scuola 4.0

- IL PATRIMONIO CULTURALE: NUOVA DIMENSIONE DELL’ APPRENDIMENTO -

Didattica e TecnologieDidattica e Tecnologie

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A cura di Marco Di Paolo*

Abstract - Il patrimonio culturale, quale sistema a carattere multidimensionale e pluridisciplinare, rappresenta una dimensione educativa e formativa di grande impatto per le generazioni attuali e future e, contestualmente, oltre a promuovere un rapporto di conoscenza e di identità consapevole con il territorio, offre l’opportunità di potenziare forme di interazione con le risorse culturali in linea con i tempi e contestualmente costituisce un contesto fenomenologico in cui il mondo della scuola può sbizzarrirsi nel garantire agli alunni il benessere, il successo formativo e soprattutto la consapevolezza della propria autonomia operativa, andando a sollecitare la loro creatività e produttività. I nostri studenti, quindi, hanno la possibilità di trasformarsi da consumatori in “consumatori critici” e “produttori” di contenuti e architetture digitali, per creare informazione complessa e strutturata, tanto nell’ambito scientifico e tecnologico quanto in quello umanistico e sociale, in una logica di patrimonio culturale digitale.

*architetto specializzato in restauro, docente di Tecnologia c/o S.S. di 1° grado. Referente per la regione Molise dell’Associazione Internazionale Scuola a Rete Diculther. Attualmente, preposto del Ministero presso USR del Molise, quale Coordinatore Regionale delle Equipe Formative Territoriali per il Molise.

 

La scuola italiana, da oltre dieci anni, vive in un continuo divenire, soprattutto durante l’ultimo periodo di emergenza pandemica, per adeguare il proprio profilo performante - il profilo performante degli studenti - a quelli che la Comunità Europea ha definito, in una logica di continuo adeguamento alle richieste del mercato globale, ma soprattutto alle richieste ed esigenze contenutistiche, cognitive e comunicative delle attuali generazioni, che in maniera riduttiva sono definite “competenze digitali”.

Tutti gli strumenti e paradigmi legati alla DDI (Didattica Digitale Integrata), quasi come se fossero una “conditio sine qua non” dovuta alla situazione contingenziale, dovrebbero, invece, essere processati quale “normalità scolastica”, alla luce della cosiddetta “innovazione didattica”, della “media education”, delle 8 competenze chiave, dell’anacronistica competenza digitale e delle nuove dimensioni dell’apprendimento (vedi la Tassonomia di Bloom). Nonostante ciò, il sistema scolastico italiano vigente, pur avendo fatto sue, espressioni come “processi”, “modalità d'essere e di fare”, continua a restare ancorato a “pratiche”, quali l’interrogazione orale, il compito scritto, il dover necessariamente rispettare uno scadenzario temporale di prove, per garantire la corretta chiusura del quadrimestre e soprattutto all’estrema frammentazione disciplinare. Tutto ciò comporta che lo stesso si trova a dover affrontare tre grandi criticità:

  1. L’insuccesso scolastico;
  2. L’insuccesso formativo;
  3. L’integrazione scolastica e culturale.

Nel primo caso è impensabile che ancora risultino delle percentuali, seppur basse, di ragazzi che non conseguono la licenza media e/o addirittura quella delle scuole secondarie, che rappresenta il “ticket minimo di cittadinanza”.

Nel secondo caso si registra ancora una mancata corrispondenza tra le competenze che la scuola ha sviluppato e le richieste del mondo del lavoro. Non è un caso che molte aziende, che ancora assumono, privilegino l’esperienza priva di titoli ai titoli privi di esperienza.

Infine, nel terzo caso, la situazione è un po' più complicata, nel senso che, attualmente la scuola è anche comunità multietnica, con una forte presenza di immigrati, che denuncia ancora un’ evidente emergenza linguistica, che comporta deficit di comunicazione e quindi di apprendimento; ma soprattutto culturale, in senso antropologico, in termini di una scarsa integrazione ed inclusione. 

Per cui, alla luce di tutto ciò, in virtù dei succitati paradigmi, supportati da strumenti operativi quali i framework europei del DIGCOMP 2.1 e del DIGCOMPEDU, per citarne alcuni, la scuola deve operare una ricalibrazione del proprio “agire”, rendendo quotidiano una sorta di straordinarietà, che di fatto deve essere normalità. 

Partendo da questa premessa, ritengo necessario soffermarsi sul concetto di competenza, per poi entrare nel merito del presente articolo.

Franca Da Re, Dirigente Tecnico del MI, presso l’USR Veneto, sostiene che: “…… nell’ambito della formazione e dell’istruzione si constata che l’apprendimento fondato su semplici conoscenze e saperi procedurali conseguiti mediante applicazioni ed esercitazioni non garantisce la formazione degli atteggiamenti funzionali, alle richieste della vita e del lavoro, in particolare per quanto riguarda le capacità di problem solving, di assumere iniziative autonome flessibili, di mobilitare i saperi per gestire situazioni complesse e risolvere i problemi. Sempre più spesso l’insegnamento basato sulla trasmissione del sapere genera negli studenti demotivazione, estraneità e disamore per lo studio, anche in considerazione  dell’importanza e della rilevanza che assumono per i giovani i saperi informali e non formali, realizzati al di fuori della scuola attraverso le esperienze extrascolastiche, di relazione e i mass – media”. In questa logica il concetto di competenza (con riferimento all’apprendimento della competenza e all’esercizio della competenza) sembra, quindi, venire sempre più incontro alle mutate esigenze della società. Continua ancora la dott.ssa Dal Re, “.........secondo Guy Le Boterf (consulente per l’ingegnerizzazione delle risorse umane, la formazione ed il managment), la competenza è Un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato". Questo significa passare dalle competenze, individuate dall’ISFOL come:

  • Competenze di base;
  • Competenze professionali;
  • Competenze trasversali.

alla competenza e dai 3:

  • Saper;
  • Saper fare;
  • Saper esser.

all’unico saper agire e reagire.

In base a questa logica, la competenza, quindi viene intesa come mobilitazione di conoscenze, abilità e risorse personali, per risolvere problemi, assumere e portare a termini compiti in contesti professionali, sociali, di studio, di lavoro, di sviluppo personale; in sintesi un “sapere agito”. Ecco che ci si riaggancia alla teoria della TASSONOMIA DI BLOOM. La tassonomia di Bloom è uno dei modi di formalizzare le fasi di acquisizione e

familiarizzazione con insiemi di informazioni o teorie. I settori della tassonomia di Bloom fa

riferimento a tre domini: COGNITIVO - AFFETTIVO - PSICOMOTORIO.

In questo contesto, il patrimonio culturale, quale sistema a carattere multidimensionale e pluridisciplinare, rappresenta una dimensione educativa e formativa di grande impatto per le generazioni attuali e future e, contestualmente, oltre a promuovere un rapporto di conoscenza e di identità consapevole con il territorio, offre l’opportunità di potenziare forme di interazione con le risorse culturali in linea con i tempi e contestualmente costituisce un contesto fenomenologico in cui il mondo della scuola può sbizzarrirsi nel garantire agli alunni il benessere, il successo formativo e soprattutto la consapevolezza della propria autonomia operativa, andando a sollecitare la loro creatività e produttività. I nostri studenti, quindi, hanno la possibilità di trasformarsi da consumatori in “consumatori critici” e “produttori” di contenuti e architetture digitali, per creare informazione complessa e strutturata, tanto nell’ambito scientifico e tecnologico quanto in quello umanistico e sociale, in una logica di patrimonio culturale digitale.

A questo punto, sorge spontanea la domanda: Perché utilizzare il digitale a scuola? La realtà contingente ci dimostra che i giovani usano la tecnologia quotidianamente, con un approccio all’interazione, alla produzione collaborativa dei contenuti e alla condivisione.

In campo educativo, l’importanza delle tecnologie digitali rispetto agli strumenti standard della didattica tradizionale, quali facilitatori dell’apprendimento, si traduce in:

  • Differenza nel “processare” le informazioni 
  • Differenza nel fruire delle informazioni   
  • Soddisfacimento cognitivo emozionale.

Nel primo caso, si fa riferimento all’ Ipertestualità multimodale; ossia un modus operandi, presente in Internet, in cui il linguaggio iconografico, ha la parte predominante. Il testo di una pagina web non è solo letto ma è soprattutto visto, insieme alle altre componenti presenti, in una sorta di processo di “lettovisione”, in grado di estrapolare il significato non solo dal testo, ma anche da tutte le altre componenti visive presenti.

Nel secondo caso l’attenzione si sposta sul “Multitasking cognitivo”, facendo riferimento alla capacità di un sistema operativo di utilizzare più programmi contemporaneamente. Ossia il digitale consente agli alunni una modalità di azioni parallele, con una regia in grado di mantenere il senso alle diverse attività compiute.

Il terzo caso si risolve in una continua ricerca, da parte dei nativi digitali, di soddisfacimento cognitivo-emozionale derivante dall’interattività, dai rapidi e continui feedback alle proprie azioni, accompagnati da intensi e diversificati stimoli visivi, auditivi, cinestetici e aptici (come nei videogiochi). 

La dimensione cognitivo-emozionale, giusto per ritornare a quanto detto sulla Tassonomia di Bloom, rappresenta uno degli “Incipit” del nuovo Progetto Nazionale “INNOVAMENTI”, voluto fortemente dal Ministero dell’Istruzione, interno al Piano Nazionale Scuola Digitale.

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Il progetto “InnovaMenti” si avvale di un impianto ispirato all’educational game: le attività di esplorazione di ciascuna metodologia sono proposte, come sfide didattiche per il conseguimento di badge simbolici alle classi partecipanti a ciascuna metodologia.

Nella sfera dell’istruzione e dell’educazione, il gioco e la sfida, attraverso la stimolazione fisica e mentale, attiva processi di comprensione, aiutando ad acquisire conoscenze disciplinari e socio-emotive. Se lo si affianca alla componente metacognitiva, diviene anche strumento per imparare ad imparare, rendendo consapevoli gli alunni di strategie e dinamiche efficaci. I benefici di questo approccio metodologico sono visibili su tre ambiti: 

  • cognitivo (perché l’educational game incentiva alla sperimentazione di risposte); 
  • emotivo (perché presenta l’errore non come qualcosa di negativo, ma come una procedura naturale per apprendere);
  • sociale (facilita il lavoro cooperativo tra pari).

Quindi, risulta necessario assumere un paradigma di apprendimento che superi il tradizionale modello fondato sulla trasmissione di conoscenze e sulla compartimentazione disciplinare e fare riferimento ad un modello di apprendimento che sia sintonizzato anche sulle caratteristiche e sulle opportunità offerte dal digitale, come dimensione e prospettiva: cioè un apprendimento di tipo socio-costruttivo, auto-regolato, situato, collaborativo.

In questo contesto propositivo ed epistemologico della cosidetta “Innovazione Didattica”, l’Associazione Internazionale Scuola a Rete Diculther, magistralmente coordinata dal Presidente dott. Carmine Marinucci, che  aggrega oltre settanta organizzazioni tra università, enti di ricerca, scuole, istituti tecnici superiori, istituti di cultura, associazioni e imprese pubbliche e private, rappresenta una sorta di campus diffuso, preposto alla costruzione del complesso delle competenze digitali indispensabile al confronto sempre più articolato ed eterogeneo con la smart society, nel quadro di un modello scalabile a livello europeo. 

Tra le iniziative dell’Associazione, si annovera #HackCultura, l’Hackathon finalizzato allo sviluppo di progetti digitali da parte delle studentesse e degli studenti delle scuole italiane, per favorire nei giovani, in un’ottica di "titolarità culturale", la conoscenza e la “presa in carico" del proprio patrimonio culturale.

Il Prof. Germano Paini, presidente del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Associazione Internazionale Scuola a Rete Diculther, definisce titolarità culturale.....il processo, e la condizione che ne deriva, in cui individui e comunità acquisiscono una progressiva consapevolezza e attuano una presa in carico dell’eredità culturale che ricevono dal passato.” E ancora “.... Nella logica della ‘titolarità culturale’ il potenziale creativo può essere espresso non tanto e non solo nella produzione dei contenuti, ma, in primo luogo, nella capacità di gestirli e organizzarli e fare proprio il bagaglio di conoscenza che essi veicolano

Appare evidente che, quanto dichiara il Prof. Paini sintetizza appieno i concetti di autonomia e responsabilità insiti nella definizione di competenza elaborata dalla “Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del dicembre” - 2006; non solo, ma in esso si riconoscono anche i concetti di fantasia, creatività ed auto-imprenditorialità, che sono alla base del Piano Nazionale Scuola Digitale.

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La finalità di #HackCultura2022, alla sua quinta edizione, è la costruzione di “contenitori di patrimoni digitali scolastici” stabili con obiettivi, con una rilevanza “a lungo termine”. Di seguito l’elenco delle SFIDE:

SFIDA 1: Riuso di contenuti digitali aperti

SFIDA 2: Laboratori creativi di Umanesimo Solidale

SFIDA 3: Da un oggetto racconta la tua scuola

SFIDA 4: Scopri il patrimonio della tua scuola

SFIDA 5: #itinerarioBellezza – Racconta la tua terra

SFIDA 6: Adotta uno dei Goals dell’Agenda 2030 delle NU

SFIDA 7: La grande scrittura. Mille mani per una storia

SFIDA 8: L’Europa. “La nuova Città del Sole”

SFIDA 9: Riconnettiti con la tua cultura: Disegna il tuo patrimonio

SFIDA 10: “Vedere è un atto”. Lo sguardo degli studenti sul goal 4 dell’Agenda 2030

SFIDA 11: “La Panchina Rossa”.

In definitiva, l’Innovazione della didattica, congiuntamente alla nuova dimensione del concetto di Patrimonio Culturale, deve fornire a tutti gli studenti metodi, strumenti e abilità che li facciano interfacciare efficacemente con una società sempre più accelerata e complessa, caratterizzata da tecnologie digitali, dalla globalizzazione delle relazioni, dallo sviluppo scientifico, dal crescere dei flussi migratori, dalle trasformazioni delle strutture familiari e dei comportamenti sociali, che pone le generazioni attuali di fronte a nuove sfide e necessità.

ATLANTE  ITALIAN TEACHER AWARD - DOCENTE DI CROTONE TRA I FINALISTI*

Abstract - Quando il lavoro del docente viene riconosciuto da organismi esterni, superando in tal modo l’autorefenzialità, significa che siamo su un percorso oggettivo di miglioramento e sviluppo della didattica e della formazione.

 *intervsista di Luigi A. Macrì - direttore responsabile ICTED Magazine

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