Nel 2019, qualche mese prima dello scoppio della pandemia da Covid 19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si era pronunciata sul delicato tema dell’utilizzo di internet dei bambini e dei giovani emanando delle linee guida per un uso consapevole del web.
Dal punto di vista formale, le linee guida dell’Oms sono abbastanza chiare:
per i bambini da zero a due anni vale il divieto assoluto di essere piazzati davanti a uno schermo; dai due ai quattro anni non si deve mai stare per più di un’ora al giorno a guardare passivamente schermi televisivi o di altro genere, come cellulari e tablet; dai 6 ai 10 anni la soglia critica si ferma a 2 ore.
L’Oms, nelle sue linee guida, ci spiega che il tempo trascorso davanti allo schermo può danneggiare i bambini e indica correlazioni con sovrappeso, obesità, problemi di sviluppo motorio e cognitivo e di salute psico-sociale. Inoltre, l’eccessiva esposizione ai dispositivi rischia di ledere la capacità di esprimere emozioni e comunicare efficacemente.
Tutto questo avveniva prima della pandemia, evento epocale che ha cambiato completamente le nostre vite e che ha reso in maniera diversa il paradigma del rapporto educativo tra genitori e figli e quello con il digitale.
I lockdown hanno reso imprescindibile l’utilizzo degli strumenti digitali all’interno delle famiglie, l’uso degli strumenti si è reso necessario per la DAD ma anche per mantenere viva la socialità e soprattutto per una conciliazione dei tempi famiglia/lavoro.
Queste premesse devono servire ad inquadrare nel migliore dei modi il tema, chiaramente la questione centrale non è la tecnologia digitale in sé, che è sempre più parte integrante della nostra vita, e contribuirà a migliorarla, ma come educare i bambini e gli adolescenti all’utilizzo dei dispositivi senza diventarne dipendenti.
A questo dobbiamo aggiungere un altro elemento: quello dell’istruzione.
Il nostro paese punta sullo sviluppo digitale della scuola pubblica, oggi gli studenti di primarie e secondarie che utilizzano dispositivi elettronici in classe ed a casa sono circa l’88% dei bambini e ragazzi tra i 9 e i 16 anni.
Il PNRR prevede un investimento complessivo nell’istruzione di 17,5 miliardi, di cui 2,1 miliardi per realizzare la transizione digitale e dotare gli istituti degli strumenti più innovativi in modo da “trasformare le aule in ambienti di apprendimento connessi e digitali”.
Il contesto familiare e quello scolastico sono il luogo di formazione e educazione del minore, lo sviluppo delle sue capacità cognitiva prendono forma quasi totalmente all’interno di questi due ambienti.
Famiglia e scuola hanno quindi il compito di sensibilizzare il minore ad essere cauto nelle sue scelte, ma anche di spronarlo a esplorare, entrambe sono fonte primaria di informazioni e conoscenze, ma vedono il loro ruolo contrastato dalla grande quantità e accessibilità delle informazioni reperibili sul web. Appare ovvio che tali condizioni rendono difficile gestire e filtrare il tipo di contenuti consultati dai minori.
Sullo sfondo anche la protezione e la tutela dei dati personali.
Su questo aspetto è necessaria una maggiore consapevolezza e sul punto è meritoria l’attività del Garante per la protezione dei dati personali con la sua Pagina informativa su minori, nuove tecnologie e protezione dei dati contenente vademecum e video:
https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9536089
In conclusione, appare essenziale per la famiglia e per la scuola “educarsi” per comprendere il funzionamento dei nuovi canali di comunicazione a disposizione delle nuove generazioni.
La priorità di questo 2023 è quella di ripensare il modo in cui il web può essere efficace nell’educazione delle nuove generazioni.
|
a cura di Gennaro Maria Amoruso Avvocato Cassazionista esperto in nuove tecnologie, sicurezza e diritto Membro della Commissione Privacy dell’Ordine degli Avvocati di Roma - Founder di Legal Hackers Roma |