Editoriali

IL FUTURO PROSSIMO: LAVORO E BIG DATA

IL FUTURO PROSSIMO: LAVORO E BIG DATA

Il cambiamento epocale, che negli ultimi decenni ha trasformando la nostra società, vede nel lavoro uno dei punti centrali nel cercare di comprendere quali possano essere le prospettive occupazionali dei prossimi anni e lo sviluppo economico e sociale. È pertanto necessario comprendere come si trasformerà il mercato dell’economia, quali saranno i lavori nel prossimo futuro, quali scenari e metodi saranno adottati, come cambierà il metodo di reclutamento, quali e quanti lavori scompariranno e come si trasformeranno alcuni di essi, quali saranno i saperi fondamentali su cui si baserà la società. Sono domande fondamentali per permettere ai giovani di oggi di programmare il proprio futuro in modo adeguato ed efficace.

Una descrizione puntuale e dettagliata del quadro della situazione si trova nel rapporto Future of Work prodotto da International Data Corporation (I.D.C.) che si presenta come il principale fornitore globale di market intelligence, servizi di consulenza ed eventi per i mercati dell'information technology, delle telecomunicazioni e della tecnologia di consumo. Prendere oggi le decisioni giuste per lo sviluppo della propria azienda significa anche affidarsi ai dati che forniscono strutture come IDC che ha nel suo organico 1.100 analisti in tutto il mondo offrendo competenze globali, regionali e locali sulle opportunità e le tendenze della tecnologia e del settore in oltre 110 paesi. IDC è stata fondata nel 1964 ed è parte dell’International Data Group azienda leader nel settore dei media tecnologici, data e marketing.[1]

Negli ultimi numeri di questa rivista abbiamo spesso scritto di Intelligenza Artificiale rilevando il grande ruolo che avrà sempre di più nello sviluppo dell’economia, della politica e della società tutta. Secondo gli analisti di IDC e il rapporto Future of Work, “si scatenerà una vera e propria rivoluzione aziendale nel momento in cui l’Intelligenza Artificiale “entrerà sempre più in profondità nei processi operativi e le prime generazioni digitali, i millennial,   inizieranno a rappresentare la quota maggiore della quota lavoro. Ovvero nell’arco dei prossimi due o tre anni.” . Dalla valutazione degli ultimi dati si rileva che, a seguito dello sviluppo tecnologico, i lavoratori vedranno modificare, nei prossimi cinque anni, il 50-60% delle attività che svolgono ora. Questo dato è emerso dal “Forum su lavoro del futuro e le nuove competenze”, organizzato dal Sole 24 Ore in collaborazione con Ernst & Young Italia. Al Forum ha partecipato Donato Iacovone, amministratore delegato di EY Italia e Managing Partner dell’Area Med, il quale afferma che l’automazione è una delle conseguenze principali al cambiamento legato alle nuove tecnologie e ci si interroga sul “rischio effettivo, in termini di sostituzione del lavoro umano con le macchine. In realtà non esiste alcuna prova che il lavoro umano sparirà se non nel 5-10% dei casi e per le attività più ripetitive, ma è senza dubbio evidente un cambiamento delle abilità richieste ai lavoratori.”. È questo un tema che apre ampi scenari e riflessioni sulla necessità di attivare modelli di formazione con una frequenza sempre maggiore con una particolare attenzione su innovazione e ricerca e una maggiore specializzazione nei settori high tech. C’è un grande fermento su questo tema poiché la scuola secondaria di secondo grado, la cosiddetta scuola superiore, non è ancora adeguata ad affrontare questa sfida; come non lo è la piccola e media impresa che dovrebbe oggi investire in innovazione e formazione per poter competere. Inoltre, come faranno i nostri studenti delle scuole superiori a scegliere un corso universitario, che possa dare prospettive concrete di lavoro, se non hanno quella formazione-informazione adeguata per poter capire, oggi, come procede la ricerca e lo sviluppo del mondo del lavoro. La nostra Scuola eccelle dal punto di vista umanistico e tradizionalmente contenutistico ma negli ultimi decenni nell’arcipelago dei saperi sono emerse nuove isole tra le quali una delle principali è quella dei big data e dell’Intelligenza Artificiale (IA), dove bisogna apprendere i diversi livelli per poter gestire la grande mole di dati di cui hanno bisogno gli algoritmi per giungere agli obiettivi prefissati. Ora ci sembra normale rispondere e interloquire con i chatbox quando chiamiamo ad una azienda, oppure il riconoscimento facciale anche per aprire il nostro cellulare-smartphone, e per tante altre funzioni che non sono giunte alla nostra evidenza di comprensione; molti non sanno che tutto ciò proviene dai dati che hanno lavorato e macinato i grandi e potenti computer dell’IA con i suoi algoritmi. Queste saranno competenze sempre più centrali in un prossimo futuro.

I lavori che hanno più possibilità di resistere all’onda di trasformazione delle tecnologie e della robotica sono quelli dove il valore aggiunto dell’uomo fa la differenza come, ad esempio, gli insegnanti, il medico, l’avvocato, l’infermiere.

Lazlo Andor, economista ungherese e dal 2010 al 2014 commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione, afferma che «La crescita di posti di lavoro si concentrerà in tre aree chiave: l’economia verde, i servizi sanitari, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Secondo le nostre previsioni, il potenziale è enorme. Ma sarà fondamentale investire nell’istruzione e nella formazione.” . La Comunità Europea, già con la precedente Commissione ha stanziato dei fondi per sostenere le prospettive occupazionali del futuro, stimando che solo i green jobs creerebbero in Europa oltre 20 milioni di posti di lavoro. Secondo questa prospettiva molto verosimile tra i nuovi mestieri ci sarà certamente: l’energy manager, che dovrà tagliare i consumi di edifici pubblici privati ed aziende; il traceability manager, che dovrà studiare l’intera catena di fornitori per evitare di comprare prodotti inquinanti; il cloud controller, per verificare la capacità delle nuvole di riflettere le radiazioni solari sopra di noi; il riclicatore tecnologico, sempre più necessario poiché dovrà indicare il modo migliore per smaltire i rifiuti tecnologici che saranno sempre maggiori; il manager delle stazioni di rifornimento di idrogeno e il riciclatore di uranio; se, come abbiamo detto prima, rischia di scomparire il contadino tradizionale, sta già emergendo la nuova figura di agricoltore verticale che produrrà fuori suolo in modalità idroponica e acquaponica; il broker del tempo, in parte già comparso negli ultimi decenni, che si occuperà di pagare le persone con il tempo invece che con i soldi; infine, il personal brander un consulente per gestire noi stessi come un marchio di qualità, anche attraverso i social media.

A questi si aggiungono i numerosi mestieri che in questi anni stanno emergendo intorno ad Internet, all’Intelligenza artificiale ed alla capacità di gestire i dati e i big data.

Una riflessione che potrebbe apparire scontata: tutto ciò che abbiano detto deve essere corroborato da un nuovo modo di intendere la formazione dove la competenza linguistica, in particolare la conoscenza comunicativa, con certificazione, della lingua inglese, diventa imprescindibile.

Con la trasformazione del mercato del lavoro cambieranno ancora, come già in parte sono cambiate negli ultimi decenni, le modalità di recruitment ovvero di selezione e reclutamento al lavoro.

Nel prossimo numero affronteremo questo tema vitale per i giovani laureati di oggi e di domani.

Luigi A. Macrì

Direttore Responsabile

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[1] https://www.idc.com/about

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