La frase "Essere o non essere", tratta dall’Amleto, il capolavoro di uno scrittore che è giunto a noi con il nome di William Shakespeare, è l’emblema del dubbio, dell’incertezza. In un momento in cui siamo consci dell’importanza di una determinata azione o scelta, spesso accade che siamo combattuti dalla consapevolezza dei rischi che questa scelta comporti. In questa rivista, dedicata a riflessioni sul mondo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (I.C.T.) in rapporto all’istruzione ed alla formazione, è sempre presente, in forme diverse, da una parte il tema del rischio che comporta, in particolare per i bambini e gli adolescenti, l’utilizzo spesso compulsivo delle I.C.T., dall’altra quello delle opportunità che le stesse offrono alle scienze ed allo sviluppo sociale ed economico.
Abbiamo visto nei numeri precedenti alcuni aspetti dei rischi che corrono i bambini e gli adolescenti che fanno un uso quotidiano ed eccessivo delle tecnologie ovvero computer, smartphone, tablet, etc.. Vi sono, comunque, anche molte esperienze in cui è stato possibile dare ai bambini e gli adolescenti l’opportunità di un futuro professionale grazie all’uso delle I.C.T. Su Linkedin spesso leggiamo notizie di grande spessore ed interesse provenienti dall’India: un bambino del Kerala, ad esempio, all’età di cinque anni ha avviato il suo rapporto con il computer incominciando a praticare la codifica e progettazione di applicazioni e giochi. Oggi Aadithyan Rajesh possiede la Trinet Solutions, con tre dipendenti, della quale è C.E.O. – Chief Executive Officer, una compagnia di sviluppo di software e siti web con sede a Dubai. Aadithyan ha sviluppato all’età di nove anni, come hobby per combattere la noia, il suo primo software, Ashirwad browser, un browser simile a Google Chrome ma con meno customizzazioni. (vedi https://lnkd.in/fGD2SY7)1.
Sull’altra faccia della Luna, quella buia, scopriamo, come già indicato nei precedenti numeri, che vi sono delle patologie dovute all’uso eccessivo delle I.C.T., come quello del Hikikimori, termine giapponese che significa isolarsi, stare in disparte, che “viene utilizzato per riferirsi ad adolescenti che per lunghi periodi decidono di ritirarsi dalla vita sociale, rinchiudendosi nella propria stanza senza aver nessun tipo di contatto con il mondo esterno.”2 Nel rammentare che in Cina, in Sud Corea ed in Giappone, come pure negli Stati Uniti vi sono diversi centri che curano pazienti affetti da I.D.A. (Internet Disorder Addicted), come viene definita, abbiamo già evidenziato nella rivista online, nel numero tre del Luglio 2017, “alcune ricerche scientifiche effettuate in Cina e in Corea su aspetti neurobiologici della dipendenza da Internet. Nel primo studio "i risultati hanno reso evidente che i soggetti con dipendenza da Internet mostrano una ridotta diffusione delle molecole d’acqua nella sostanza bianca rispetto ai soggetti non dipendenti. Tutto ciò è indice di una non integrità delle fibre in diverse aree del cervello quali l’area orbito-frontale, la corteccia cingolata anteriore, le fibre commessurali del corpo calloso, la capsula interna ed esterna. Inoltre, il deficit d’integrità è stato più alto nei soggetti con una maggiore dipendenza da Internet."3 Ora, potremmo chiederci se oggi un genitore faccia bene nel dare al bambino, insieme al biberon, anche il cellulare o il tablet affinché possa trastullarsi tra una poppata ed un’altra oppure sarebbe opportuno tenere le I.C.T. lontane dalla quotidianità del bambino. La soluzione, la risposta a questo dilemma è da ricercare nell’equilibrio delle cose e nella necessaria crescita armonica e naturale del bambino. Come in ogni cosa della vita, direi della Natura, gli estremismi non sono la soluzione. Relativamente al bambino indiano, se andassimo ad approfondire il suo contesto familiare, molto probabilmente ci troveremmo davanti a genitori attenti ed acculturati che hanno saputo coniugare l’utilizzo delle I.C.T. con la crescita e lo sviluppo ottimale del loro figlio. Il giovane che invece si chiude in sé stesso, isolandosi nel mondo delle tecnologie, non riuscendo più ad avere rapporti reali e fisici con il mondo che lo circonda e con i suoi pari, probabilmente non ha avuto l’attenzione dovuta da parte degli adulti della sua famiglia. Oggi una competenza importante da parte dei genitori e degli educatori dovrebbe essere quella di saper cogliere gli allarmi dei rischi di dipendenza dall’uso eccessivo delle I.C.T. da parte dei bambini e degli adolescenti. Fare questo significa davvero permettere agli adolescenti di vivere la loro età, seppure problematica per sua natura, in un modo naturale e positivo. Oggi adulti e adolescenti, tutti noi dobbiamo essere sempre attenti a non cadere nel laccio, perché è proprio ciò che diventa, dell’uso eccessivo dello schermo, delle reti sociali, delle serie TV. Netflix, che è forse la più grande e la più diffusa piattaforma di film, serie TV e documentari, qualche giorno fa ha diffuso una puntata che viene narrata in modalità ipertestuale. I primi romanzi ipertestuali nacquero negli anni sessanta con la caratteristica di voler superare il carattere lineare e sequenziale della lettura delle pagine: il lettore è chiamato a decidere il percorso del romanzo utilizzando rimandi interni. Vi sono delle possibilità che, a seguito della nostra scelta, ci conducono ad una pagina piuttosto che ad un’altra, con storie parallele e diverse. Netflix ha attuato questa modalità in una puntata della serie Black Mirror. Lo spettatore è chiamato a scegliere, tra alcune possibilità, l’azione che deve compiere il protagonista. In tal modo vi sono finali diversi a seconda della scelta effettuata. Oltre al carattere innovativo e ad altri aspetti che mergono da questa iniziativa, è evidente che uno degli obiettivi di Netflix è di tenerci inchiodati il più possibile allo schermo con l’interattività: sappiamo bene che per le diverse reti sociali on line, come indicato nei numeri precedenti, il nostro tempo è il loro guadagno. Utilizzare la rete in modo adeguato e non eccessivo, ritengo sia una delle sfide principali di questo inizio di secolo affinché si possa contribuire a ostacolare i rischi di involuzione e di mutamento in negativo del comportamento e del pensiero umano. Noi come rivista e associazione culturale, che si compone di professionisti di diversi settori professionali, intendiamo dare il nostro contributo di studio e di collaborazione ai genitori e ai docenti affinché possano al meglio espletare i difficili compiti che questa società pone davanti a loro. È questo un appello che ogni volta lanciamo nella speranza che la consapevolezza su questi delicati temi possa aumentare sempre di più, auspicando la partecipazione di tutti coloro che in forme diverse sono in grado di dare il loro contributo di riflessione e operativo. Voglio con questo numero, che chiude un anno di attività, ringraziare tutti i collaboratori ed i redattori che con i loro articoli hanno contribuito ad elevare la qualità di questa rivista che intende svolgere il proprio ruolo di informazione, stimolo e di riflessione su un tema, quello delle tecnologie per l’istruzione e la formazione, che ha un ruolo centrale e davvero rilevante nella costruzione della Società del domani.
Luigi A. Macrì
Direttore responsabile
1 Da Linkedin - Venkatraman Venkitachalam – post il 28.12.18
2 Ambrosio Claudia – Hikikimori e web (…) - in www.ictedmagazine.com - rivista n° 2 luglio 2018
3 Loiacono Antonella – Aspetti neurobiologici della dipendenza da Internet - in www.ictedmagazine.com - rivista n° 3 luglio 2018