Didattica e Tecnologie

Didattica innovativa e cultura della progettazione

di Marco Di Paolo*

L’innovazione didattica non si genera con il multimediale e le tecnologie avanzate, pur rappresentando queste un’operazione di garanzia e pari opportunità per tutti gli alunni; per renderla sistemica nella scuola, risulta necessario riformulare la dimensione della professione docente, per renderlo motivato senza pregiudicare la sua libertà d’insegnamento. Ragionare sull’educazione alla cultura della progettazione didattica è diventato un obiettivo da raggiungere al più presto.

PREMESSA

Da più di vent’anni il sistema scolastico italiano è interessato da un processo di “rinnovamento”, che ha adeguato il suo sistema statutario ai diversi scenari storici e politici, susseguitisi nel tempo.

Immagine50

Non solo, ma ha fatto sì che lo stesso si conformasse anche ad una società in continua evoluzione, rispondendo soprattutto a quelle che sono le esigenze e le richieste di un mercato del lavoro, sempre più attento e pronto a recepire le nuove istanze della scienza e della tecnologia.

A partire dalla metà dagli anni’90, le politiche dell’Unione Europea, per affrontare le sfide del mercato, per contribuire efficacemente alla vita sociale ed economica dei Paesi Industrializzati e migliorare le condizioni di vita dei Paesi non industrializzati, si sono concentrate sul modo di concepire, descrivere e certificare l’apprendimento; il fine ultimo era consentire ai giovani la possibilità di costruirsi una propria identità di persona e cittadino del mondo, nonché di potersi inserire nel mondo del lavoro, facendo propri i concetti di “FLESSIBILITÀ” e di “MOBILITÀ”.

Tutto ciò si traduce nel concetto di “Competenza”, che negli ultimi decenni ha interessato diversi settori: dall’economia alla gestione aziendale, dalla psicologia alla formazione, dall’educazione all’istruzione, fino alla politica.

Le Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio, nelle sue varie accezioni dal 2006 al 2022, definiscono la competenza, quale: « [...] comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale». Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia, ossia in una piena consapevolezza di padronanza e al contempo di presa in carico.

Immagine51

Nell’ambito della formazione e dell’istruzione, è stato ampiamente dimostrato che l’apprendimento, fondato su semplici conoscenze e saperi procedurali, non garantisce lo sviluppo di atteggiamenti funzionali alle richieste della vita e del lavoro, in particolare per quanto riguarda le capacità di problem solving, di assumere iniziative autonome e flessibili, di mobilitare i saperi per gestire situazioni complesse e risolvere problemi. L’insegnamento basato sulla trasmissione sterile dei saperi demotiva gli studenti, determina estraneità e disamore per lo studio; i giovani attribuiscono importanza e rilevanza ai saperi informali e non formali, realizzati al di fuori della scuola attraverso le esperienze extrascolastiche, di relazione e i mass-media.

Verso una cultura della progettazione

A fronte di questa premessa e in considerazione dello stato vigente della scuola italiana c’è da dire che il Ministero, attualmente, dell’Istruzione e del Merito da oltre trent’anni si è dotato di un complesso sistema normativo, di regolamenti e di azioni – piani attuativi, destinati ad accompagnare da un lato e ad accelerare dall’altro il succitato processo di “rinnovamento”. Quelli che ritengo essere i capisaldi dell’Innovazione metodologica, didattica, contenutistica e funzionale del sistema d’istruzione e formazione italiano, sono, sol per citarne alcuni:

  • La L. n. 59/1997 (L. Bassanini);
  • Il DPR 275/99 (Regolamento dell’Autonomia Scolastica);
  • Il D. Lgs n.165/200;
  • Il PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale);
  • La L.107/2015 (La Buona Scuola).
  • l PNRR - Missione 4 “Istruzione e ricerca” – Componente 1 “Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università” – Investimento 3.2 “Scuola 4.0: scuoleinnovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori”.

Sono ormai più di quattro anni che il Ministero dell’Istruzione e del Merito, in materia di Innovazione metodologica e digitale, consta, all’interno della sua organizzazione sistemica, del nucleo operativo delle E.F.T.-Equipe Formative Territoriali create per garantire la diffusione delle azioni legate, prima al Piano Nazionale Scuola Digitale, e poi, successivamente al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; non solo, ma anche per promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative, nonché per essere di supporto e accompagnamento alle scuole, in questo processo di riposizionamento del mondo scuola nella compagine della sfera economica e professionale.

Le azioni di supporto e accompagnamento si articolano nelle seguenti aree:

  1. Accompagnamento all’attuazione del PNRR;
  2. Sperimentazione di modelli organizzativi;
  3. Progettazione di percorsi formativi;
  4. Documentazione delle sperimentazioni.

È ormai evidente che il sistema scolastico italiano, mai come in quest’ultimo periodo, può vantare di una cospicua dotazione organica di risorse umane – materiali e finanziarie, finalizzata al raggiungimento di target e milestone, come richiesti dalla Comunità Europea e come più volte citati in due azioni molto importanti del PNRR:

Investimento 3.2 “Scuola 4.0: scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori”. investimento 1.4 “Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado e alla lotta alla dispersione scolastica”.

https://scuolafutura.pubblica.istruzione.it/didattica-digitale/strumenti-e-materiali/equipe-formative-territoriali

L’investimento 3.2 concentra l’attenzione sugli spazi di apprendimento, che non devono essere meri contenitori di attività didattiche, ma luoghi che influenzano in modo significativo l’apprendimento l’insegnamento.

Riportando fedelmente quanto citato nel PIANO SCUOLA 4.0 2 « [...] Il concetto di ambiente è connesso all’idea di “ecosistema di apprendimento”, formato dall’incrocio di luoghi, tempi, persone, attività didattiche, strumenti e risorse. Non sono sufficienti, dunque, solo lo spazio e la tecnologia per creare un ambiente innovativo, ma sono fondamentali la formazione, l’organizzazione del tempo e le metodologie didattiche». Ed ancora « [...] La responsabilità di abilitare lo spazio alla pedagogia e di trasformarlo in “ambiente di apprendimento” è affidata al dirigente scolastico per l’aspetto organizzativo e ai docenti per l’aspetto didattico, ma richiede il coinvolgimento attivo dell’intera comunità scolastica per rendere sostenibile il processo di transizione verso un più efficace modello formativo ed educativo».

L’investimento 1.4, al contempo, si pone l’obiettivo

  • di ridurre i divari territoriali in Italia relativamente al livello delle competenze di base (italiano, matematica e inglese) e, in particolare, nel Mezzogiorno;
  • di sviluppare una strategia per contrastare in modo strutturale l’abbandono scolastico

Anche in questo caso riporto un breve estratto dal documento Orientamenti-per-l’attuazione-degli-interventi-nelle-scuole 3, redatto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, quale linee guida per le scuole per accedere all’investimento: « [...] Costruzione di una comunità educante anche tramite patti educativi territoriali, capaci di coinvolgere studentesse e studenti, famiglie e territorio: da qui le scuole predispongono una progettazione che si caratterizza non come un intervento una tantum e parziale, ma come un’azione di sistema pluriennale, adattata alle specifiche realtà dei diversi territori e finalizzata a valorizzare l’insieme dei soggetti del territorio e delle risorse necessarie per raggiungere il miglioramento dell’offerta formativa e i risultati relativi al successo scolastico e formativo delle studentesse e degli studenti. Le scuole sono chiamate a sviluppare, anche in raccordo con gli altri soggetti del territorio (enti locali, enti di terzo settore, centri per l’impiego), una progettualità di ampio respiro per il miglioramento e l' arricchimento dell’offerta educativa, che terrà conto delle buone pratiche già in campo, evitando sovrapposizioni e curando anche l’integrazione tra risorse e dispositivi già in essere

In questi due estratti si fa un chiaro ed esplicito riferimento a quelli che sono i nuclei fondanti della cosiddetta “Didattica Innovativa”.

Il prof. Alberto Parola, docente di Pedagogia Sperimentale dell’Università di Torino definisce l’Innovazione didattica: “… un sistema di pensieri, strategie e azioni che includono funzionalmente i media nella quotidianità della classe e metodi efficaci ai fini dello sviluppo di conoscenze, abilità e competenze. Il concetto di INNOVAZIONE, quindi, passa anche attraverso il metodo: noi prenderemo a prestito le teorie e le pratiche della media education, poiché pensiamo essere campo interdisciplinare che valorizzi gli ambienti digitali sia come strumenti didattici che come oggetti d’analisi. Essa dovrebbe: proporre una progettazione basata sulle competenze mediali, puntare su attività innovative nelle scelte degli obiettivi e nella costruzione graduale delle letture e scritture dei nuovi linguaggi e delle competenze critiche; inoltre, comprensiva dell’educazione alla scelta, alla cittadinanza attiva, al potenziamento della resilienza scolastica e ai valori della democrazia e della libertà.

Alla luce di quanto detto dal prof. Parola, l’innovazione didattica non è un fatto isolato; può essere prodotta da singoli docenti o gruppi di docenti, ma diventa sistemica solo se a scuola si creano le giuste condizioni:

  • grado di flessibilità, per quanto riguarda la gestione del tempo;
  • articolazione disciplinare e coordinamento degli ambienti di apprendimento;
  • collaborazione a livello di istituto e il superamento dell’isolamento degli insegnanti innovatori.

A supporto di quanto declamato dal prof. Alberto Parola, io citerei anche il pensiero del Prof. Mario Castoldi - docente di Didattica e Pedagogia Sperimentale dell’Università di Torino, il quale sostiene che “La grande sfida della didattica innovativa, definita anche didattica per competenze, consiste nel concentrare l’attenzione sulla dimensione prestazionale dell’apprendimento, ovvero su ciò che il soggetto fa con le sue risorse personali, quelle che ha a disposizione. Di conseguenza, le cosiddette prove di verifica devono rilevare il livello di competenza raggiunto dall’allievo, non solo in termini di conoscenze ed abilità, che mirano a riprodurre semplicemente un sapere, ma anche secondo quella pluralità di dimensioni che gli consentono una rielaborazione originale e funzionale ad un determinato contesto d’azione di un determinato sapere.

Secondo questa prospettiva, le dimensioni dell’apprendimento mobilitano:

  • Risorse cognitive;
  • Processi cognitivi e/o operativi;
  • Disposizione ad agire.

L’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, nello spirito del processo innovativo dell’apprendimento, ma soprattutto dell’insegnamento, ritiene che sia necessario ridurre la parcellizzazione che caratterizza le discipline tradizionali e altresì educare all’osservazione e alla rielaborazione critica dei fenomeni della realtà in una dimensione di globalità, perché un fenomeno va studiato analizzandone i diversi fattori che lo caratterizzano.

Tutto questo come risposta al gap denunciato da Edgar Morin nel 2002, nell’ambito di un’intervista filmata in Francia nel 2003 a cura di Eugenio Paterlini, P. Nasutti, A. Corradini, per conto dell’Assessorato servizi e pari opportunità del comune di Reggio Emilia, dal titolo: Educazione e globalizzazione. In un mondo che spinge a differenze e specializzazioni di saperi, la scuola può riuscire a ricomporre le conoscenze?”

Edgar Morin affermava: “Ciò che manca al nostro sistema educativo è un insegnamento dedicato all’epoca planetaria che noi viviamo Nulla ci insegna lo stato del mondo in cui siamo”.

Tutte le considerazioni finora esposte circa le normative e regolamenti ministeriali, azioni e risorse, le citazioni di una ricca letteratura, che da anni si occupa di innovazione didattica - di processi di insegnamento e di apprendimento - del vero significato di “competenza”, ci conducono ad una constatazione: nella scuola italiana le diverse proposte avanzate, le diverse sollecitazioni e soprattutto le diverse possibilità operative che il Ministero continua ad offrire, vengono registrate ancora come esperienze episodiche, all’interno di un’offerta didattica ancora troppo parcellizzata e mono tematica.

Si fa un gran parlare di ambienti di apprendimento, di ecosistemi di apprendimento, di piani delle offerte triennali formative, di rapporti di autovalutazione, di autonomia didattica, di autonomia organizzativa, di autonomia di sperimentazione e ricerca, di centralità dell’alunno - quale individuo in crescita e formazione, tutti istituti che contribuiscono a fare della scuola “un sistema complesso”. Purtroppo, ciò che manca è una cultura della “progettazione”, senza la quale tutte le strumentalità, cui si è fatto cenno, non hanno la possibilità di raggiungere quei target e quei milestone che la Comunità Europea ci chiede di perseguire attraverso le azioni del PNRR.

Partiamo da una generica definizione del verbo progettare: progettare significa “organizzare o ideare qualcosa e studiare il modo di eseguirla a breve termine o in un futuro prossimo”. Una generica opera di architettura o di ingegneria è un qualcosa che va ideata e sviluppata, secondo un iter processuale, in riferimento ad un contesto, cui si riferisce, e soprattutto in uno spirito di collaboratività, di condivisione di co-creazione tra più soggetti che, con diversi interessi e con diverse competenze, vengono aggregati per il raggiungimento di un obiettivo comune. Questo, è stato il primo insegnamento che ho ricevuto, allorquando nel lontano 1987 varcai, per la prima volta, la soglia della facoltà di Architettura, da giovane studente, titolare di una licenza liceale scientifica, proveniente da una scuola prettamente gentiliana.

In riferimento alla didattica, ecco, dobbiamo ragionare in termini di opere di architettura ed ingegneristiche. Cosa significa? Viviamo un contesto storico – sociale che ha demandato alla scuola, la principale agenzia educativa e formativa, il compito di formare i nuovi cittadini del mondo, in uno spirito di collaborazione e di confronto con le famiglie e con tutti gli attori che contribuiscono a creare la società odierna; non viene più richiesto e demandato ai docenti il compito di trasmettere i propri saperi, in una modalità monodirezionale, andando a riempire dei contenitori vuoti. Piuttosto, lo abbiamo visto e stiamo continuando a vederlo, il mondo politico, economico, sociale e professionale, chiede al sistema scolastico italiano di formare figure professionali che abbiano la capacità di essere flessibili, multitasking, multimodali, ma soprattutto che siano in grado di trarre, da ciò che realizzano, un proprio soddisfacimento emozionale, ossia che si emozionino e che si automotivino.

Ebbene, ritengo che, attualmente, la scuola italiana abbia tutti gli strumenti per raggiungere questo traguardo. Si rende necessario che il corpo docente entri in una nuova dimensione professionale, quella di appartenere ad un team, un gruppo di lavoro, in cui alcuna disciplina prevarichi l’altra, ma tutte contribuiscono, con un proprio intervento, nella strutturazione di un percorso didattico educativo, che consenta agli alunni di sviluppare un’osservazione ed una rielaborazione di un fenomeno o di un problema, a loro sottoposto, dandogli, al contempo, la possibilità di risolverlo con la realizzazione di un artefatto. In questo modo, gli alunni sviluppano un proprio senso critico, ma soprattutto acquisiscono un metodo di studio e di lavoro che, in un prossimo futuro possa renderli, come dicevamo, flessibili, multitasking e multimodali. Solo così, la scuola italiana, può diventare una fucina di eccellenze e buone pratiche.

È chiaro che, tutto ciò, deve comportare, altresì, anche un riassetto della struttura organizzativa della scuola, così come accennava il prof. Parola, sempre in rispetto delle indicazioni del DPR 275/’99 e della L.107/2015. Esiste ormai una ricca letteratura in materia di progettazione didattica, molta della quale è stata curata anche dal Prof. Castoldi, da consultare ed approfondire, per la stesura di un percorso didattico educativo.

Ciò che vorrei consigliare, è anche la lettura e la sedimentazione di due documenti molto importanti – il DIGCOMP EDU e il DICOMP 2.2 5 – redatti dalla COMMISSIONE EUROPEA, nonché prendere in considerazione tutti gli strumenti formativi ed operativi presenti sulla piattaforma SCUOLAFUTURA 6 dell’Unità di Missione per il PNRR presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Immagine52 Immagine53

ttps://elichenuove.wordpress.com/2010/11/08/edgar-morin-educazione-e-globalizzazione-in-un-mondo-che-spinge-a-differenze-e-specializzazioni-di-saperi-la-scuola-puo-riuscire-a-ricomporre-le-conoscenze/


Marco Di Paolo*architetto specializzato in restauro, docente di Tecnologia c/o S.S. di 1° grado.
Referente per la regione Molise dell’Associazione Internazionale Scuola a Rete Diculther.
Attualmente, preposto del Ministero presso USR del Molise, quale Coordinatore Regionale delle Equipe Formative Territoriali per il Molise.

RIFERIMENTI

logo icted

ICTEDMAGAZINE

Information Communicatio
Technologies Education Magazine

Registrazione al n.157 del Registro Stam­pa presso il Tribunale di Catanzaro del 27/09/2004

Rivista trimestrale  

Direttore responsabile/Editore-responsabile intellettuale

Luigi A. Macrì