Didattica e Tecnologie

Educare ai nuovi linguaggi

Educare ai nuovi linguaggi

di Anna Rita Colella*

Proposte didattiche di cittadinanza digitale dall'audiovisivo alla IA passando per la transmedialità

Viviamo in un mondo in cui l’informazione, la conoscenza e soprattutto la cultura e le relazioni umane sono mediate dalla tecnologia. In questo contesto la Media Education, intesa come educazione ai Media e ai loro linguaggi, può diventare un importante strumento di comprensione, non solo del medium, ma soprattutto del mondo che ci circonda. Può condurre gli studenti allo sviluppo di un pensiero critico, per riflettere con maggiore consapevolezza sulle proprie dinamiche interpretative sull’uso e sulla produzione di contenuti.

Nell’articolo si prenderà in considerazione l’aspetto della Media Education legato alla cittadinanza digitale, finalizzato a sviluppare negli studenti una conoscenza e una comprensione critica circa la natura, il linguaggio, e le tecniche impiegate dai media per costruire i messaggi e comunicare. Proponendo spunti operativi da applicare nei percorsi didattici di cittadinanza digitale si terrà conto anche dello sviluppo di competenze digitali, attraverso la produzione di nuovi testi narrativi utilizzando il linguaggio audiovisivo e le nuove tecnologie di Intelligenza Artificiale generativa.

Perché educare ai media

Il contesto nel quale si parla oggi di educazione e alfabetizzazione ai media è quello della cosiddetta post-medialità caratterizzato da una cultura convergente (Jenkins, 2014) dove ai mass media “tradizionali” come stampa, cinema, televisione, si sono avvicendati i nuovi media digitali. La post-medialità rappresenta una fase di cambiamento significativo nei media e nella cultura contemporanea, in quanto mette in evidenza come la tecnologia digitale abbia influenzato in modo sostanziale la produzione, la distribuzione e il consumo di contenuti mediatici. Con l’uso massivo degli smartphone e dei dispositivi mobili, oggi è possibile, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, generare e condividere informazioni con un gran numero di persone, su diverse piattaforme, passando dalla condizione di consumer a quella di prosumer1 dando la possibilità ai vecchi media di collegarsi e integrarsi con i nuovi.

1Espressione, coniata da Alvin Toffler nel libro The third wave (1980): è una crasi dei termini producer e consumer che indica un consumatore che è a sua volta produttore o, nell’atto stesso che consuma, contribuisce alla produzione. Legato oggi alla nascita dei contenuti generati dall’utente (UGC, User’s Generated Content).

I dispositivi mobili e le piattaforme mediali, oltre a consentire l'accesso a una varietà di contenuti provenienti da diverse fonti, offrono anche esperienze personalizzate. Infatti, l’uso di algoritmi di Intelligenza Artificiale (IA), attraverso la raccolta di dati personali, consente ai fruitori di accedere a contenuti su misura, elaborati in base ai loro profili e alle loro preferenze. Negli ultimi anni, inoltre, si stanno diffondendo e sempre più affinando, applicazioni di IA generativa. Si tratta di software in grado di raccogliere, analizzare e sintetizzare i dati degli utenti online fornendo oltre a raccomandazioni e/o suggerimenti più o meno utili, anche testi completi e immagini che è possibile successivamente perfezionare o modificare. Si pensi ad esempio all’utilizzo di ChatGPT di OpenAI, una delle più note applicazioni di questo tipo nel campo della generazione di testi scritti, oppure a DALL-E e Midjourney, applicazioni IA in grado di produrre immagini di alta qualità sulla base di richieste scritte. I modelli di IA necessitano di grandi quantitativi di dati per il loro addestramento e questo implica che le piattaforme proprietarie di contenuti detengano un grande potere economico. La somma di dati in possesso delle cosiddette “Big Four” (Google, Meta, Amazon, Microsoft) si stima ammonti attorno ai 1.200 petabyte.

Le piattaforme mediali permettendo l’accesso a media di ogni tipo, non sono semplicemente un mezzo per offrire contenuto, ma sono anche una forma culturale che dà significato a quel contenuto e al rapporto che noi instauriamo con esso (Buckingham, 2019). Citando l’olandese Geert Lovink studioso delle reti neurali e dell’informazione prodotta in tempo reale e senza filtri: «il mezzo non è solo il messaggio, ma è la mente, forma ciò che vediamo e come la vediamo» (Lovink, 2011).

In questo contesto l’Educazione ai Media intesa come educazione ai nuovi linguaggi utilizzati dai nuovi media, e la Data Literacy, intesa come sviluppo di competenze non solo tecniche, ma anche di riflessione sull’uso dei dati, sono un prerequisito cruciale per esercitare il diritto di cittadinanza. È importante che la scuola, anche alla luce degli investimenti del PNRR su questo fronte, diventi il luogo educativo favorevole in cui sviluppare una cittadinanza attiva facendosi promotore di percorsi di alfabetizzazione sia per docenti che per studenti. Tali percorsi, partendo dalle esperienze quotidiane permeate di tecnologie e attraverso l’impiego di metodologie didattiche innovative, aiutino a fornire strumenti utili per capire come i media e le tecnologie producano significato, per potersi orientare e saper discernere in un uso più libero e consapevole.

Modelli di riferimento

Già il semiologo Umberto Eco, 50 anni fa delineava la necessità di promuovere un’educazione “ai” media andando oltre l'uso della tecnologia come strumento di apprendimento. Gli spunti didattici proposti sono finalizzati a far acquisire agli studenti una conoscenza e una comprensione critica circa il linguaggio e le tecniche impiegate per la comunicazione mediale. Lo scopo è quello di imparare a decostruire i messaggi mediali con filtri etici e cognitivi, per comprendere come e con quali tecnologie essi “mediano”, fornendo una rappresentazione della realtà. Per il modello teorico si fa riferimento a quello di Mastermann basato sui quattro concetti chiave, riguardanti gli aspetti fondamentali di tutti i media: il linguaggio, la rappresentazione, la produzione e il pubblico. Per ogni aspetto gli studenti sono invitati a riflettere facendo riferimento a delle domande stimolo sulla base di quelle proposte da Buckingham (2006):

  • Chi produce il testo mediale e per quali scopi?
  • Con quale linguaggio?
  • Quali significati si vogliono trasmettere?
  • Per quale pubblico?

Quali valori sono alla base di questa comunicazione?

I concetti chiave di questo framework, come sottolinea Buckingham nel suo manifesto per la Media Education (2019), non devono diventare certezze indiscutibili, vanno presi come punto di partenza per capire come funzionano certe dinamiche sociali e di potere economico/politico. L’obiettivo non è quello di ottenere il consenso degli studenti verso una determinata posizione predefinita (Buckingham, 2019) ma di aiutarli a riflettere in modo sistematico sulle proprie interpretazioni ed esperienze dei media per essere in grado di poter attuare un cambiamento in positivo. In questo approccio di simulazione pratica, in cui gli studenti sperimentano sistematicamente per creare diverse versioni di un testo mediatico, il compito dell’insegnante dovrebbe puntare ad esaminare le differenze e incoraggiare gli studenti a metterle in discussione dove necessario.

Spunti operativi da svolgere con gli studenti

La finalità è saper “leggere e scrivere” i testi mediali attraverso la conoscenza dei nuovi linguaggi focalizzandosi sull’evoluzione del linguaggio audiovisivo e sulla comunicazione dei nuovi media. Infatti, nonostante l'alto livello di esposizione alle immagini e ai video, la maggior parte delle persone non conosce le basi della "lingua audiovisiva", necessarie per poter decostruire e analizzare un “testo” audiovisivo, e tanto meno sa come creare senso e significato usando immagini e suoni in maniera consapevole.

Si parte dal presupposto che ciascuno di noi a scuola abbia appreso la grammatica di almeno una lingua e imparato a scomporre tutti gli elementi di un testo scritto per poterlo analizzare. Abbiamo acquisito le conoscenze e sviluppato competenze per saper riconoscere le caratteristiche che distinguono un testo letterario da un testo scientifico o giornalistico; siamo in grado capire metafore e varie sfumature di senso che possono emergere leggendo. Allo stesso modo anche la scrittura audiovisiva, come la scrittura della parola, ha la sua grammatica con delle regole, strutture e convenzioni che producono senso e significato.

Nella fase di presentazione dei contenuti l’obiettivo è stimolare gli studenti, partendo dalle loro esperienze personali, a riflettere sui contenuti multimediali che permeano la loro vita quotidiana. Vengono proposte attività operative, da svolgere in gruppo o singolarmente, per creare narrazioni digitali sulla base dell’alfabetizzazione che riguarda il linguaggio audiovisivo e facendo anche uso di nuove tecnologie, tra cui gli algoritmi generativi di IA. L’attività creativa di produzione degli studenti risulta essere fondamentale per facilitare la comprensione dei contenuti e attivare un processo di riflessione attiva, nell’ottica di una metodologia di learning by doing1 (Dewey, 1926 e 1938). Nella realizzazione dei loro prodotti mediali gli studenti possono interrogarsi su tecnologie utilizzabili, target da raggiungere, vincoli e limitazioni dell’attività di produzione, modalità di divulgazione del loro lavoro.

Il montaggio

Premessa

Il montaggio è uno degli elementi fondamentali del linguaggio audiovisivo. Nato con lo sviluppo delle tecniche di montaggio cinematografico, tecnicamente è l’operazione di tagliare e/o unire inquadrature diverse, ma formalmente serve a produrre senso, a creare una dimensione temporale e spaziale e a dare una forma e un ritmo al racconto audiovisivo. Queste tecniche, sviluppate a partire dai cineasti Pastrone e Griffith hanno creato una grammatica e una sintassi dando vita a tipologie di montaggio che stanno alla base delle produzioni audiovisive moderne. Conoscere gli elementi fondamentali di questa grammatica è essenziale per interpretare o creare una produzione audiovisiva, anche senza approfondire la teoria cinematografica.

Prima fase: fase conoscitiva che comprende l’esplorazione e l’analisi di audiovisivi con riferimenti culturali e storici (ad esempio analisi di filmati delle avanguardie russe nel contesto storico di riferimento; oppure di una pubblicità; oppure di filmati utilizzati per la propaganda politica/militare).

Seconda fase: gli studenti sono invitati a riconoscere e a scomporre nelle scene dei loro film o serie streaming più amati, le principali tipologie di montaggio (invisibile, intellettuale, proibito, informale).

Fase operativa: gli studenti, singolarmente o in gruppo, lavorano per creare delle mini clip anche con i loro dispositivi mobili, applicando le suddette tecniche di montaggio. Presentano i lavori finali giustificando la scelta delle tecniche utilizzate in base a ciò che si vuole comunicare (ad esempio uso del montaggio invisibile per dare fluidità ad un racconto).

Creazione di immagini con IA

Premessa

L’utilizzo di modelli di IA generativi, come Midjourney, Dall-E, partendo da dataset di contenuti estratti dalla rete, invita ad una riflessione sul concetto di copyright, privacy e della proprietà dei dati. Questo tipo di software si "addestra" inizialmente con lo scraping, ovvero attraverso la raccolta e l’analisi di dati online, principalmente senza richiedere un'autorizzazione e un consenso ai proprietari dei dati, ma in maniera automatica. Inevitabilmente, questo ha gravi implicazioni per il diritto d'autore e della privacy. Inoltre essendo lo scraping un’operazione per lo più invisibile, l’appropriazione indebita di contenuti esistenti da più fonti, per poi rielaborarli, diventa incontrollabile. I pacchetti di IA generativa non hanno attualmente alcun modo significativo di verificare la veridicità dei dati originali da cui dipendono, né di valutare l'affidabilità delle fonti. Ciò li rende causa di potenziale diffusione della disinformazione, appannaggio di alcune categorie di persone che hanno un determinato interesse da portare avanti, come ad esempio nelle campagne politiche.

Immagini fake

  • Prima fase: con gli studenti si analizzano i rischi e le opportunità degli algoritmi di IA con un confronto aperto, partendo da esperienze personali ed esplorando i vari campi di utilizzo dell’IA nelle applicazioni quotidiane, dal riconoscimento facciale ai modelli generativi.
  • Seconda fase: ci si concentra sul funzionamento dei modelli generativi e sui rischi legati alla fase di scraping, in particolare collegati con la creazione di contenuti e la disinformazione (fake news e deep fake) quindi si analizza come decostruire una immagine deep-fake partendo da un fatto di cronaca anche su proposta degli studenti, ad esempio le foto che ritraggono l’arresto del Presidente Trump pubblicate da Eliot Higgins su Twitter. Lo stesso Higgins in una intervista fornisce dei consigli per decostruire un’immagine falsa.
  • Fase operativa: agli studenti, in gruppo o individualmente, viene chiesto di generare delle immagini fake utilizzando applicazioni online per trasmettere un messaggio su un determinato argomento, motivando il contesto e le conseguenze dei significati che si vogliono trasmettere.

La comunicazione transmediale

Premessa

I linguaggi dei Media vengono utilizzati per comunicare e creare contenuti. Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali, la modalità della comunicazione narrativa si è evoluta diventando sempre più una narrazione transmediale che alimenta culture partecipative, due concetti coniati da Henry Jenkins studioso americano di comunicazione e nuovi media. La narrazione è transmediale quando la rappresentazione su più media estende la storia apportando nuovi elementi. Ogni medium (televisione, canali streaming, radio, cinema, libri, videogiochi, social media, ecc.), apporta contenuti nuovi e originali, contribuendo ad ampliare la storia iniziale e coinvolgendo un pubblico diversificato. Ad esempio, la saga di Star Wars è un racconto transmediale in quanto gli spin-off4 fruibili sui canali streaming apportano elementi nuovi ampliando la storia iniziale cinematografica di George Lucas. Questo approccio offre una narrativa più coinvolgente e una maggiore interazione con il pubblico consentendo una partecipazione attiva dei fandom i quali creando estensioni narrative attraverso la condivisione online di fan fiction e video contribuiscono ulteriormente ad una operazione di diffusione e promozione della storia. Tutto ciò ha delle conseguenze a livello di brand economico poiché la rappresentazione su più media consente di coinvolgere un vasto pubblico con interessi diversi: da un libro a un film attraverso videogiochi e fumetti, e viceversa, oltre ad appassionarsi grazie ai contributi video creati e condivisi dai fan.

  • Prima fase: il focus è sul racconto narrativo di finzione con un taglio storico sulla nascita cinematografica dei serial; in questa fase conoscitiva si analizzano elementi di transmedialità relative a saghe cinematografiche di vario genere (horror, fantasy, comico, ecc.) contemporanee e si confrontano con alcuni film degli anni 10 per mettere in luce come le tecnologie sono un mezzo per implementare e amplificare aspetti culturali già noti. Ad esempio lo schiavo Maciste personaggio secondario presente nel film Cabiria di Giovanni Pastrone, e precursore della figura del supereroe, diventa il protagonista di una saga di film negli anni dieci.
  • Seconda fase: si introduce l’esempio di Jenkins, Matrix, la cui storia si sviluppa attraverso diversi media (film, cortometraggi animati, fumetti e videogiochi) e la cooperazione di diversi autori nella creazione della trama. Matrix rappresenta un esempio archetipico di narrazione transmediale, poiché non esiste un singolo testo di riferimento che contenga tutte le informazioni necessarie per comprenderne l'universo narrativo, ma il pubblico deve "migrare" tra i diversi media per ottenere una visione completa della storia. Si chiede agli studenti di ricercare aspetti di transmedialità nelle loro esperienze di fandom legate a saghe cinematografiche, o videogiochi o serie tv streaming.

Fase operativa: gli studenti in gruppo o individualmente, realizzano con applicazioni online, e presentano, un video saggio per illustrare il concetto di narrazione transmediale con un esempio tratto dalle loro esperienze di fandom.

Per concludere.

La crescente digitalizzazione dei media e i problemi valoriali ed etici che da essa derivano, confermano le ragioni che fanno della Media Education un prerequisito fondamentale per gli studenti per lo sviluppo di competenze di cittadinanza digitale.

In futuro, sarà importante puntare sulla Media Education come educazione “ai” media per fornire una competenza mediale e un empowerment che diano modo di confrontarsi criticamente e costruttivamente con l’universo dei nuovi media e dei nuovi linguaggi e che permetta di creare nuove forme di espressione e di comunicazione. Questo obiettivo si avvicina alle Raccomandazioni già espresse dal Parlamento europeo in materia di competenze digitali del 2018: “La competenza digitale presuppone l’interesse per le tecnologie digitali e il loro utilizzo con dimestichezza e spirito critico e responsabile per apprendere, lavorare e partecipare alla società. Essa comprende l’alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione, l’alfabetizzazione mediatica, la creazione di contenuti digitali (inclusa la programmazione), la sicurezza (compreso l’essere a proprio agio nel mondo digitale e possedere competenze relative alla cybersicurezza), le questioni legate alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico”.

Gli studenti vivono oggi in un contesto di pervasività mediale senza precedenti. Il compito della scuola è quello di educare i giovani a orientarsi in una società che riconosce la centralità della comunicazione mediata anche nelle pratiche quotidiane. Si tratta di fornire agli studenti “le chiavi di accesso alla loro cultura mettendo in dialogo innovazione e tradizione” (Rivoltella, 2020), attraverso una didattica che sviluppi consapevolezza e pensiero critico per abilitare lo studente a diventare autonomo. È necessaria in questo senso una svolta culturale.

Come suggerito da Don Milani, “ci vuole un agire comune per attuare un cambiamento”. È questa la sfida, sia antica che attuale, che riguarda la scuola digitale del prossimo futuro.

*docente di Tecnologie informatiche specializzata in Scienze del Patrimonio audiovisivo ed educazione ai media, collabora con il Digital Storytelling Lab del Dipartimento di scienze umanistiche dell’Università di Udine. Attualmente in servizio presso sede del Ministero dell’istruzione e del merito nel gruppo di supporto al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).


  • Unità di misura informatica per i dati, multiplo del byte. 1 petabyte equivale a mille terabyte e a un biliardo di byte
  • Geert Lovink è fondatore dell’INC – Institute of Network Cultures”, ad Amsterdam
  • PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) Missione 4 – Componente 1 – Investimento 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi” Decreto 12 aprile 2023, n. 65
  • Masterman, L. (1994). Media Education in 1990s’ Europe. Brussels: Council of Europe.
  • La formulazione viene ricondotta al lavoro di John Dewey ed è ormai rientrata nella letteratura di riferimento per metodologie didattiche che coinvolgono la presenza in rete e l’utilizzo delle tecnologie digitali
  • David W. Griffith con il film The Birth of a Nation del 1915, viene riconosciuto dalla storiografia cinematografica come uno dei padri fondatori del linguaggio cinematografico. Nel film Griffith applica tecniche di montaggio apprese dallo studio del film Cabiria di Giovanni Pastrone del 1914
  • serie di, telefilm, film, fumetti o romanzi, il cui protagonista appariva come personaggio secondario in una precedente serie.
  • Uomo dotato di una forza bruta. Interpretato dall’attore Bartolomeo Pagano
  • l termine Empowerment proviene da studi condotti in ambito sociale e sta ad indicare la conquista della consapevolezza di sé e la gestione efficace delle proprie scelte e azioni

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