Dalle Scuole

Crescere con la tecnologia nella scuola dell'infanzia

di Mario Catalano*

Abstract: In quest’articolo, illustro motivazioni, quadri teorici di riferimento ed esperienze concrete di un progetto per la formazione del pensiero computazionale e della creatività che ho realizzato nel corso dell’anno scolastico 2022-2023, presso la scuola dell’infanzia “Le Birbe” di Erice, coinvolgendo i piccoli allievi di cinque anni.

Per quali ragioni i ragazzi dovrebbero imparare a servirsi di algoritmi e linguaggi di programmazione sin dai primi anni del loro cammino scolastico? Una diffusa convinzione considera l’inserimento nei curricoli della formazione di base di conoscenze, abilità e competenze legate al pensiero computazionale la doverosa risposta del sistema educativo ai bisogni del mondo del lavoro: preparare gli studenti a ricoprire i ruoli emergenti dell’economia digitale. Ciò avrebbe il duplice beneficio di favorire l’autorealizzazione dei giovani e di sostenere il progresso.

Tuttavia, tali argomentazioni appaiono deboli di fronte al caso di coloro che non avranno l’aspirazione d’intraprendere una carriera nel settore scientifico-tecnologico; ci si può, altresì, chiedere se abbia senso saper programmare o comprendere le basi dell’intelligenza artificiale per chi non avrà, in futuro, responsabilità di natura professionale in questi settori specifici.

Ebbene, una riflessione di fondo può fugare queste perplessità: le tecnologie digitali sono un mezzo di espressione di sé. Dar vita ad un progetto di storytelling, ad un videogioco o ad una qualche applicazione web può essere un modo per comunicare un’idea, per sensibilizzare ad un problema, per creare qualcosa di utile per gli altri e sentirsi, così, parte viva della società. Oggi, la grande accessibilità e facilità d’uso di strumenti, anche potenti, per la creazione di contenuti digitali rappresenta un’opportunità inedita: quella di poter amplificare notevolmente l’efficacia e la portata di ciò che di bello si ha da dire e da realizzare.

Inoltre, è importante riconoscere che soltanto attraverso una conoscenza diffusa delle potenzialità, della logica e dei rischi legati alle tecnologie emergenti potremo sperare in un mondo futuro in cui cittadini attivi e responsabili possano orientare lo sviluppo tecnologico verso il bene comune.

C’è, poi, un aspetto essenziale che riguarda l’atteggiamento verso le discipline di studio e il sapere in generale: la programmazione di un videogioco o delle funzioni di un artefatto robotico è, infatti, un contesto di apprendimento molto stimolante per un bambino. Ad esso consente di riscoprire e perfezionare conoscenze ed abilità già acquisite, cogliendone così il valore rispetto ai propri interessi: si pensi, ad esempio, al bimbo che si serve della capacità di contare e di orientarsi nello spazio, per programmare il numero di salti con cui l’eroe del suo gioco riesce a superare ostacoli o nemici e completare una missione. Il matematico Seymour Papert, che tanto ha contribuito agli studi sull’apprendimento, in un suo saggio dal titolo “Mindstorms” (1980), nel descrivere i contesti di sperimentazione in cui i bambini, avvalendosi delle tecnologie digitali, possono esplorare e manipolare vecchi e nuovi concetti, li definisce “micromondi incubatori di conoscenza”.

Pertanto, scrivere algoritmi, scatenarsi con la grafica digitale, inventare e programmare semplici avventure per il nuovo “roboamico”, anche nella scuola dell’infanzia, può aiutare a crescere… ad affinare i saperi attraverso piccole, stuzzicanti “sfide del fare” e ad essere creativi.

Tali principi hanno ispirato un progetto di formazione del pensiero computazionale e della creatività che ho realizzato, nell’anno scolastico 2022-2023, presso la scuola dell’infanzia “Le Birbe” di Erice. I protagonisti di questo viaggio sono circa venti allievi di cinque anni, che hanno appreso i fondamenti della programmazione attraverso esperienze di robotica educativa e di media design, in cui la loro creatività ha avuto un ruolo importante.

I set di robotica utilizzati offrono la possibilità di costruire semplici sequenze di istruzioni (un passo in avanti, ruota verso destra, ripeti n volte, etc.) concatenando piccole tessere tangibili, la cui forma (oppure l’immagine raffigurata) facilita la comprensione del comando codificato: così, ad esempio, la tessera a forma di freccia che rappresenta l’istruzione “ruota verso destra” s’incastrerà nella console di programmazione soltanto se la punta sarà rivolta proprio verso destra (Fig. 1).

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Fig. 1: Robotica educativa, sviluppo del pensiero computazionale e della capacità di orientamento
alla scuola dell’infanzia “Le Birbe” di Erice (anno scolastico 2022-2023).

Programmare una sequenza di movimenti per spostare un robot da un punto all’altro di una mappa tematica è una sfida cognitiva notevole per un bambino di cinque anni. L’esperienza condotta alla scuola “Le Birbe” suggerisce che, inizialmente, questi piccoli coder hanno bisogno di spostare a mano il robottino (casella dopo casella) e, ad ogni passo, transcodificare, ossia associare all’azione che hanno fatto compiere al robot la tessera di programmazione che la può generare. In questa fase, emergono i problemi di riconoscimento del lato destro e di quello sinistro negli altri: i bambini comprendono che destra e sinistra sono concetti relativi, perché programmano i movimenti del robot a partire da una grande varietà di posizioni rispetto a quella da loro occupata. Inizialmente, hanno bisogno di assumere fisicamente lo stesso punto di vista del robottino (ad esempio, guardando nella stessa direzione) oppure (Fig. 2) di prendere come punto di riferimento un robot gemello, con cui condividono l’orientamento e in cui la destra e la sinistra siano identificate, come nel robot da programmare, da uno specifico segno: ad esempio, bandierina rossa per il lato destro e bandierina azzurra per il sinistro. In seguito, gradualmente, imparano ad interiorizzare questi processi di orientamento nello spazio.

Un altro aspetto degno di nota riguarda il concetto fondamentale di iterazione, il cui primo apprendimento è avvenuto in questo modo: si lancia la sfida di programmare un “girotondo”, i bambini capiscono che è possibile far eseguire al robottino un movimento simile attraverso la ripetizione della coppia di comandi “ruota-un passo in avanti” e, in seguito, grazie alla regia didattica dell’insegnante, scoprono l’istruzione “ripeti” e la combinano con lo schema “ruota verso destra (sinistra) e muoviti in avanti di un passo”.

Come accennato, la dimensione ludica e la cura della creatività hanno rappresentato il fil rouge delle attività illustrate. In particolare, considerata la propensione dei piccoli allievi a relazionarsi affettivamente con il loro compagno “tutto circuiti e sensori”, la programmazione dei suoi movimenti e delle sue espressioni ha avuto nel desiderio e nel piacere d’inventare e raccontare storie un efficace impulso propulsivo. È stato mirabile vedere i bambini cercare di coniugare fantasia e logica per dar vita ad un’avventura divertente e coerente fatta di robot, pupazzetti, mondi fantastici e (immancabili!) tanti colorati blocchi di programmazione.

Hanno favorito la motivazione e il lavoro di gruppo anche le challenge di robotica, che vedevano team di due-tre bimbi affrontarsi nell’ambito di veri e propri tornei (Fig. 2) in cui il robottino di squadra era chiamato a muoversi, a suon di tap su tessere di programmazione, sopra una mappa tematica, per raggiungere un traguardo prima dell’avversario ed evitando un qualche ostacolo (ad esempio, un pauroso fantasmino).

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Fig. 2: Gli allievi del terzo anno della scuola dell’infanzia “Le Birbe” di Erice sviluppano il pensiero computazionale
anche attraverso divertenti
challenge di robotica (anno scolastico 2022-2023).

Nella fase finale del percorso, i ragazzi hanno avuto la possibilità di esplorare e sperimentare nuovi concetti: programmazione per eventi (quando si clicca sulla bandierina verde, allora …), parallelismo (script eseguiti simultaneamente: ad esempio, uno sprite si muove e un suono si riproduce a partire dallo stesso istante), broadcasting (invia/ricevi un messaggio-input). Tutto ciò è stato possibile grazie all’impiego del linguaggio di programmazione visuale a blocchi Scratch Junior e di un tablet, per un’esperienza di apprendimento più ampia, coinvolgente e stimolante dal punto di vista della formazione della creatività. Gli allievi, infatti, si sono misurati con lo sviluppo di semplici progetti di storytelling o di giochi proposti dall’insegnante, che li ha guidati nella scelta della sintassi, delle strategie di programmazione, così come li ha incoraggiati a trovare gli errori e a dare un tocco personale attraverso cambiamenti degli aspetti grafici e del codice di programmazione.

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Fig. 3: Gli allievi del terzo anno della scuola dell’infanzia “Le Birbe” di Erice gradualmente imparano
un linguaggio di programmazione visuale a blocchi e a servirsene per essere creativi (anno scolastico 2022-2023).

Infine, posso con convinzione affermare che traguardi molto significativi sono stati raggiunti dai bambini coinvolti in questo progetto. In particolare, è stato davvero emozionante osservare come questi giovanissimi studenti si siano entusiasmati scoprendo di poter essere originali e di saper condividere con gli altri obiettivi, fallimenti e successi. Inoltre, la loro appassionata voglia di continuare a lavorare autonomamente sui progetti di storytelling e di robotica proposti testimonia la conquista di una rilevante consapevolezza: le tecnologie digitali possono essere un mezzo straordinario per esprimere la propria creatività, le proprie idee … sé stessi.

* Ricercatore, Docente, Editore Scientifico.FOTO MARIO CATALANO


BIBLIOGRAFIA

  • Paper, S. (1980). Mindstorms: Children, Computers, and Powerful Ideas. Harvester Press.
  • DevTech Research Group, Lynch School of Education at Boston College (2022). Coding as Another Language (CAL) – Teaching Programming as a Literacy of the 21st Century,
  • https://sites.bc.edu/codingasanotherlanguage/

RIFERIMENTI

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