Didattica e Tecnologie

TECNOLOGIE E DIDATTICA DELLE LINGUE STRANIERE Flipped classroom e studio dell’inglese

 flipped classroomLingueStraniere

di Maria Mantuano*

 

Abstract - In questi ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento radicale delle metodologie di insegnamento anche grazie al ruolo sempre più ampio delle tecnologie applicate alla didattica in generale, ma soprattutto allo studio delle lingue.

Le potenzialità del computer e della rete, sempre più ampie e potenti, hanno consentito, infatti, la possibilità di apprendere con un maggior grado di autonomia e di avere una maggiore interazione tra la didattica e i materiali in rete. Questo ha permesso di coniugare aspetti collaborativi (forum, chat, Skype ecc.) con eserciziari e testing e di avvalersi di soluzioni, già disponibili sul mercato, in grado di interagire con l’utente, anche mediante gli strumenti informatici più innovativi. 

L’esperienza della DAD, infine, ha necessariamente spinto i docenti a confrontarsi con nuovi linguaggi che, fino ad ora, erano stati utilizzati solo da una sparuta minoranza. Ciò ha fatto emergere delle necessità di formazione professionale, affinché le nuove metodologie e gli strumenti più innovativi introdotti nelle scuole possano risultare efficaci per l’apprendimento e l’insegnamento linguistico. Il presente lavoro ha come scopo quello di analizzare uno dei tanti possibili approcci metodologici applicato all’insegnamento della lingua inglese nella scuola secondaria di secondo grado: la flipped classroom o classe capovolta.

*Docente di Lingua e Cultura Inglese e Animatore Digitale per il Piano Nazionale Scuola Digitale e Piano Scuola 4.0 PNRR

 

 

Il punto di partenza, a mio avviso, è legato al tema del possibile cambiamento cognitivo legato alla presenza pervasiva delle nuove tecnologie nella vita dei giovani. Il punto di partenza è l’attenzione data agli studenti e al loro rapporto con le TIC “fuori” dalla scuola. Per essere efficaci occorre «offrire agli insegnanti dei punti di riferimento attraverso i quali attuare una valutazione della reale «alfabetizzazione digitale» dei propri studenti e, quindi, calibrare al meglio le modalità di un eventuale utilizzo delle tecnologie anche in classe». (Favaro, 2014) 

Occorre, allora, guardare con uno sguardo più approfondito come la nuova cultura digitale possa influenzare anche l’insegnamento delle lingue straniere.

La mia esperienza di docente di lingua e cultura inglese e l’attività da me svolta, ormai da diversi anni, di animatore digitale presso l’IIS “Familiari” di Melito Porto Salvo (RC) mi hanno consentito di sperimentare le nuove metodologie didattiche con i miei alunni, in una fascia di età che spazia tra i 13 e i 19 anni, periodo in cui ragazzi sono “attratti” dal mondo digitale che, soprattutto attraverso l’uso dello smartphone, ha aperto loro una nuova dimensione comunicativa. È innegabile come la tecnologia abbia cambiato il modo in cui i ragazzi si pongono nei confronti della vita e come gli strumenti digitali siano diventati, sempre più spesso, uno strumento di apprendimento e di socializzazione. Compito della scuola è quello di riconoscere questo aspetto della vita dei ragazzi, riducendo il divario che è presente tra la real life (e di conseguenza tutti gli aspetti dell’apprendimento informale) e l’apprendimento scolastico di tipo formale (Cecchinato, 2016). Apprendere attraverso la tecnologia significa disporre, quindi, di materiale che può coinvolgere i diversi canali sensoriali e che allo stesso tempo “parli la lingua degli studenti”.

La flipped classroom, a mio avviso, è tra le infinite metodologie didattiche, quella che meglio si può adattare ad una didattica innovativa delle lingue straniere. Insegnare con la classe capovolta significa attuare una doppia inversione didattica. La prima sta nello spostamento della lezione, usualmente condotta a scuola, a casa; la seconda consiste nell’organizzare le attività del tempo-classe, modificando, anche, i criteri della valutazione. La modalità flipped, infatti, ha riscontri molto positivi sugli studenti a livello di apprendimento, di competenze e di sviluppo delle soft skills.

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Con questa metodologia si intende, come è noto, un approccio che si pone come obiettivo quello di ribaltare lo schema della lezione tradizionale. Questo schema è usualmente caratterizzato dalla spiegazione frontale a scuola, lo svolgimento dei compiti a casa e la verifica della corretta acquisizione dei contenuti a scuola. Il modello di didattica capovolta prevede, invece, che la spiegazione dei contenuti venga fornita a casa per incrementare il tempo-classe, orientato, invece, ad attività collaborative, laboratoriali ed esperienziali a scuola.

La flipped classroom si serve, chiaramente, dell’ausilio della tecnologia. A tal fine la classe capovolta si configura come una sorta di apprendimento misto anche noto con la denominazione inglese di blended learning, che propone una modalità di didattica che utilizza la combinazione di tre tipologie di apprendimento: il mobile learning (apprendimento tramite dispositivi mobili, quali smartphone e tablet), l’online learning (l’apprendimento tramite l’utilizzo degli strumenti del Web) e il classroom learning (apprendimento in classe).

Facendo riferimento proprio all’online learning, occorre fare una precisazione. Un aspetto che si deve mettere in evidenza, perché fortemente collegato all’era digitale, è il fatto che, se una volta le uniche fonti di sapere erano il docente e il libro di testo (o la biblioteca), con l’avvento di Internet tutto il sapere è facilmente a portata di mano. Il fatto che le informazioni possano essere ritrovate in rete rappresenta sicuramente un grande vantaggio per lo studente, ma questo stesso vantaggio rischia di diventare un problema. È estremamente facile, infatti, perdersi nella quantità di informazioni disponibili in rete, che possono confondere gli alunni, diversamente da quelle “preconfezionate e adattate secondo i suoi bisogni”, come nel caso della lezione scolastica.

In questa fase interviene il ruolo del docente, il cui compito non è tanto quello di essere il sage on the stage che fornisce i contenuti scolastici, ma quello di essere facilitatore dell’apprendimento. Il suo obiettivo è quello di indirizzare lo studente nella vastità delle informazioni in cui si trova immerso. Il docente rappresenta, quindi, un punto cardine nel processo di apprendimento dello studente e lo rimarrà finché non sia in grado di raggiungere un ottimo grado di autonomia nello studio.

In quest’ottica, la classe capovolta diviene utilissima permettendo in classe, oltre che l’apprendimento dei contenuti, anche lo sviluppo delle competenze sociali e la capacità di lavorare in gruppo, tutte competenze che sono poi richieste, anche e soprattutto, in ambito lavorativo. Inoltre, dal punto di vista del “lavoro” che deve essere svolto a casa, questa modalità sviluppa negli allievi la competenza digitale, l’autonomia e la responsabilità nello studio.

Oggi insegnare lingua e letteratura straniera significa sviluppare le abilità comunicative. In altre parole, si fa in modo che lo studente apprenda gli strumenti e le competenze per interagire attivamente al di là del contesto scolastico. Le caratteristiche principali di questo approccio sono l’utilizzo di materiale linguistico autentico (madrelingua), l’attenzione agli aspetti funzionali della lingua, la differenziazione dell’offerta didattica, il ruolo sociale dello studente e l’adozione dell’unità didattica intesa come un “insieme coerente di contenuti, forme linguistiche, informazioni culturali, pratiche di interazione, esercitazione e ripetizione” (Borneto, 2001 pp. 131-132). Soprattutto c’è l’attenzione allo studente e ai suoi bisogni e alle sue competenze di partenza. 

Dopo l’avvento della classe capovolta è sorto un dibattito abbastanza intenso in rete in cui ci si chiedeva come era possibile capovolgere l’insegnamento dell’inglese. Il principio che sta alla base di tutto è semplice: gli allievi come “compito” devono guardare dei video, delle presentazioni o svolgere delle attività su un argomento specifico. L’argomento può essere presentato dal docente utilizzando diverse tipologie testuali che possono richiedere sia l’uso della tecnologia che materiali cartacei.

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Nonostante la libertà di decisione da parte del docente, la maggior parte degli insegnanti, che vogliono invertire la didattica, decide di sfruttare la tecnologia e la rete e perciò il mezzo privilegiato è quello della video-lezione. 

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Si può fare ricorso a diverse strategie per creare video, dalle più tradizionali (come l’uso della webcam e della videocamera) alle più innovative (l’uso di programmi specifici). Io personalmente ho utilizzato applicazioni come Screencast-O-Matic, che permette di poter filmare ciò che avviene nel computer ed è, inoltre, molto utile per poter creare tutorial, e AdobeSpark Video, che permette di realizzare video “multi-sensoriali” con l’utilizzo di immagini, scritte e file audio e video.

Per quanto riguarda i siti contenenti video e presentazioni già realizzate da altri, solo per citarne alcuni, ho utilizzato, ad esempio, la Khan Academy che pubblica video scolastici in inglese e sottotitolati anche in altre lingue, Youtube, Rai Scuola, SlideShare e Voicethread (per le presentazioni) e persino singoli piani di lezione o “unità di apprendimento”.

Sia che l’insegnante scelga di registrare i propri video, sia che scelga di impiegarne alcuni trovati in rete è necessario che ci sia un ambiente digitale per la loro condivisione, per le eventuali attività e i progetti assegnati agli studenti e per offrire riscontri agli stessi. Il web ancora una volta riesce a sopperire a questa richiesta proponendo molte alternative, tra cui social networks a uso scolastico, blog e i più sofisticati Learning Management System. Nella mia scuola, ad esempio, è attiva la piattaforma Google Workspace for Education con tutte le applicazioni utili, tra cui Google Classroom

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Per accertarsi che tutti gli studenti abbiano visto il video a casa, è possibile utilizzare le più svariate strategie che vanno dalla semplice risposta a domande aperte o chiuse sul quaderno o su Evernote (dando anche qui la scelta dell’avvalersi del supporto cartaceo o digitale), al commento direttamente sul blog, allo svolgimento di quiz online che possono essere implementati con foto e/o video (attraverso l’applicazione Google moduli). I quiz online hanno il vantaggio di poter fornire subito feedback diretti agli studenti che possono così comprendere se hanno capito bene l’argomento o se necessitano di fare un rewind rivedendo le informazioni. Queste attività, inoltre, aiuteranno lo studente a cogliere le informazioni principali del video e a comprendere gli argomenti nella loro complessità. 

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Il tempo classe può essere dedicato a tutte le attività pratiche che le recenti impostazioni metodologiche propongono,         nella convinzione che per conoscere una lingua non basta sapere come funziona ma è importante il “learning by doing”, il saper fare che si manifesta nell’uso “effettivo della lingua in contesti di comunicazione reali” (Borneto, 2001 p. 143). 

Le attività di apprendimento cooperativo sono molteplici e prevedono lavori a coppia come il pairwork che massimizza il tempo di utilizzo della lingua straniera ed è specialmente adatto nel caso in cui gli alunni abbiano difficoltà ad esprimersi in lingua straniera davanti al gruppo classe (Harmer, 1988: p. 131). Il docente potrà anche utilizzare lavori di gruppo (groupwork) o il lavoro in plenaria con l’intera classe.

Altre attività che possono essere condotte anche da gruppi più numerosi sono i roleplays in cui i partecipanti si calano nel ruolo di attori nell’inscenare dei copioni precisi interagendo fra di loro. L’attività di roleplay si addice, anch’essa, perfettamente all’insegnamento della letteratura inglese e, inoltre, è fondamentale nello sviluppo della competenza pragmatica e nella presa di consapevolezza delle funzioni della lingua. Altre attività possibili sono interviste di gruppo, dibattiti, realizzazione di esposizioni orali, più o meno spontanee e attività di scrittura (individuale o di gruppo).

Così facendo, gli studenti ridefiniscono quello che è il sapere, dimostrando, in questo modo, una vera padronanza dei contenuti, lavorando a gruppi, in coppia o da soli per realizzare un “progetto” che può spaziare dalla presentazione orale o scritta, dalla mappa concettuale (soluzioni nelle quali non serve l’uso della tecnologia), alle presentazioni che sfruttano i Web tools come Powerpoint, Prezi, Popplet, Screencast-O-Matic, gli stessi che hanno utilizzato gli insegnanti per fare le presentazioni.

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La reazione degli studenti, nella mia esperienza, è stata molto positiva. Oltre alla novità dell’idea, sono emersi commenti positivi sul lavoro di gruppo che offrono la possibilità di dimostrare la competenza sociale dei ragazzi. Inoltre, gli studenti stessi si sono spesso dimostrati orgogliosi dei loro elaborati, sia per sé stessi sia per il fatto che essi erano visibili a tutta la classe. 

Bibliografia

Pierpaolo Limone, Anna Dipace, Lucia Martinielo, “Teachers and digital media. Socio-cognitive factors that reduce resistance to innovation” – 2016

Fabio Ruggiano, “La macchina insegnante e l’ambiente virtuale: un bilancio di un secolo di didattica delle lingue con le tic e uno sguardo al futuro” - Italiano LinguaDue, n. 2. 2018

Camilla Spaliviero, Fabio Caon, Graziano Serragiotto, (a cura di), “Tecnologie e didattica delle lingue: Teorie, risorse, sperimentazioni” - Torino: UTET Università EL.LE Vol. 2 – Num. 2 – Luglio 2013

Sabrina Campregher, “DiDiDe. A design tool to integrate ICT into the didactic process through Cooperative Learning”

Luciana Favaro, “La scelta delle tecnologie nel percorso di sviluppo dell’autonomia di apprendimento linguistico” EL.LE Vol. 3 – Num. 1 – marzo 2014

Harmer, J. “The practice of English language teaching” (4th ed.), Pearson Longman, 1988.         

C. Serra Borneto, “C'era una volta il metodo. Tendenze attuali nella didattica delle lingue straniere”, Carocci Ed. 2001

RIFERIMENTI

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