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Big data e prevenzione degli infortuni sul lavoro

Una delle prospettive più interessanti, a mio parere (nonostante il cronico e consueto ritardo del nostro paese in tal senso molto misoneista), del panorama delle tecnologie telematiche applicate alla sicurezza sui luoghi di lavoro potrebbe essere offerta dall’accoppiamento tra due termini di cui si sente parlare quasi quotidianamente: big data e near miss.  Lasciando da parte la facondia verbale possiamo identificare i primi come una grossa mole di dati “grezzi” di varia provenienza, laddove, con il secondo termine, identifichiamo qualsiasi evento che avrebbe potuto causare un infortunio, un danno alla salute (malattia) o morte ma, “solo per puro caso”, non lo ha prodotto. Nella letteratura scientifica è ormai riconosciuta l’abbondanza delle occorrenze dei near miss in ambito lavorativo e gli sforzi dei Servizi di Prevenzione e Protezione moderni indirizzano la loro attenzione alla raccolta sistematica di questa tipologia di eventi per elaborare statistiche davvero interessanti. Ecco il punto di incontro dei due termini: la raccolta operosa dei “quasi infortuni” può seguire il trattamento riservato ai dati generici accumulati e portare ad una “scoperta della conoscenza” attraverso il data mining ovvero l’estrapolazione, da dati opimi, di informazioni utili per la vita quotidiana. Perché catalogare proprio i near miss è facile a dirsi. Infatti, mentre il ricavare dati da un infortunio è subordinato all’avvenimento stesso che si vorrebbe evitare in tutti i modi, memorizzare near miss serve proprio ad evitare che eventi infortunistici possano verificarsi. Oggi il campo nel quale il data mining è maggiormente pervasivo è rappresentato dal settore di marketing per la catalogazione dei clienti, lo studio di offerte mirate e di accostamenti tra prodotti, analizzando i quali si possono scoprire cose davvero bizzarre. La sua possibile applicazione deriva da hardware sempre più potenti e dati sempre più copiosi la cui memorizzazione sistematica senza un minimo di trattamento o l’analisi proficua risultano praticamente impossibili. Ma cosa si può fare applicando il data mining alla sicurezza sul lavoro analizzando i near miss? Alcuni esempi possibili sono: trovare dei nessi causali per eventi a rischio (data association), prevedere alcune situazioni future (regression analysis), riconoscere i pattern (schemi ricorrenti) all’interno di un database (classification analysis), raggruppare elementi omogenei (clustering analysis), fare data warehousing ovvero rivolgere l’attenzione alla profilazione del lavoratore, ad esempio, piuttosto che al cantiere specifico identificando, prima dell’inizio, rischi e comportamenti da evitare in quanto a potenziale pericolo. L’idea è che, incentivando la memorizzazione dei dati e stimolando lo sviluppo di strategie sulla falsariga di quanto esposto, si possa in tal modo aiutare il datore di lavoro a prendere decisioni corrette.

 

Ing. Paolo Preianò

Esperto in sicurezza del lavoro

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