Generazioni a confronto

Dal web ai social nel mondo dell’informazione

Dal web ai social nel mondo dell’informazione

a cura di Paolo Mercurio

In questo articolo si analizzerà quello che è stato il cuore della questione digitale esaminando uno degli strumenti più innovati del XXI secolo: i social network.

Cercheremo di capire come alcuni di questi strumenti: Facebook, Twitter, Instagram, Google+, YouTube, Pinterest, WhatsApp, Snapchat, abbiano modificato le pratiche di giornalisti e lettori, dando vita a nuovi progetti, modelli di ricerca, tecniche per la gestione delle fonti, e nuovi modi di fruizione delle notizie. Affronteremo la tematica dei blog, ormai presenti all'interno di tutte le maggiori testate.

Saranno analizzate le caratteristiche fondamentali della rete e delle piattaforme sociali, attraverso i grandi cambiamenti che nel corso degli anni hanno apportato; unevoluzione che è solo all’inizio, alla luce dello storico accordo stretto qualche tempo fa tra Facebook e altri colossi della Silicon Valley, con i grandi editori americani del calibro di: New York Times, National Geographic, BuzzFeed, Nbc, The Atlantic, The Guardian, Bbc News, Spiegel e Bild che saranno i beta-tester” della nuova app di Facebook Instant Articles”.

Prima di analizzare nello specifico i vari social network, è importante fornire delle informazioni preliminari sul loro funzionamento e sulle caratteristiche che ne hanno determinato il successo.

Innanzitutto è bene fare un po’ di chiarezza sui due termini che sono usati per identificare le pratiche del web 2.0 ossia: social network e social media.

Il social network, cioè la rete sociale non è certo un’invenzione del XXI secolo, anzi, l’uomo per natura è un animale sociale che da sempre costruisce legami e reti, dalla famiglia, agli amici, al lavoro. Le reti sociali fanno parte della nostra vita fin dal momento in cui siamo messi al mondo, tale rete ovviamente subisce dei cambiamenti nel corso del tempo, ma rimane uno degli elementi fondamentali della vita umana. La rete sociale è dunque per natura un luogo fisico e reale.

Il termine social media dunque rispecchia meglio le pratiche sociali e comunicative del web 2.0, grazie anche al paragone che possiamo fare con il termine mass media” che è utilizzato per indicare un qualsiasi mezzo di comunicazione attraverso il quale è possibile diffondere un messaggio da uno a molti.

La grande differenza tra mass media e social media sta proprio qui: tutti i modelli comunicativi dai giornali, alla radio, alla tv, applicano il modello di monodirezionalità della comunicazione, che presuppone una passività dell’utente.

Il principio del molti a molti” è il connotato fondamentale del web 2.0, tutti possono creare nuovi contributi, contenuti in formati digitali diversi, facendoli arrivare istantaneamente in rete ai propri contatti. Ogni contenuto può essere condiviso, corretto, commentato, ampliato dalla community, dando vita ad un processo chiamato UGC (Users Genereted Content).

Il vero compito del giornalista nel mondo social è di riuscire a sfruttare le dinamiche di condivisione e dialogo intrinseci nelle piattaforme sociali,

sviluppando un processo di diffusione delle notizie come servizio piuttosto che come semplice prodotto.

Come dice Sergio Maistrello: Più che una tecnologia di pubblicazione, i social network sono una modalità operativa: chiudendo tutti i membri all’interno di un recinto delimitato, questi servizi sono in grado di ottimizzare gli effetti sociali delle interazioni tra gli iscritti […].

Dentro un social network ogni persona vede ed esplora la comunità attraverso la propria finestra personale”.

Secondo l’autore in tutti i social network si possono riconoscere generalmente tre livelli logici: al livello base c’è l’individuo, che svolge le funzioni elementari previste dal servizio specifico (pubblica le sue foto, racconta ciò che sta facendo, condivide i propri gusti musicali e così via).

Il livello successivo è quello del gruppo sociale, la cerchia degli amici e dei contatti diretti, che favorisce la circolazione delle informazioni, promuove la condivisione di conoscenze e stimola la collaborazione tra vicini di Rete.

Il terzo livello è quello della comunità nel suo complesso, che raccoglie i frutti delle interazioni collettive facendo emergere i contenuti o le persone di volta in volta più interessanti.”

Questi tre livelli sono alla base del meccanismo di creazione e di condivisione nei social, permettendo a ciascun utente di visualizzare le notizie in base al numero di like (nel caso di Facebook), di commenti e di condivisione che sono riusciti ad ottenere all’interno della comunità virtuale.

Le due attività fondamentali dei social, creare e condividere, consentono di sviluppare al massimo grado il senso di appartenenza ad una comunità, come nella vita reale l’uomo si organizza in gruppi per generare conoscenza, conversazione, condivisione di momenti di vita. Tutto ciò dovrebbe essere sfruttato dai giornalisti per favorire la socializzazione della notizia, attraverso una comunicazione generativa.

La comunicazione può diventare, attraverso strumenti come i social network, un ambiente che genera conoscenza dove tutte le potenzialità umane sono finalmente liberate” e l’audience passa dall’essere esecutrice all’essere autrice. È questo, allora, il vero potere della rete: quello di abilitare le persone a instaurare un legame sociale a livelli finora inediti, di condividere la propria conoscenza per favorire una socializzazione dell’intelligenza”.

Il lavoro giornalistico all’interno del contesto dei social media diventa dunque di cruciale importanza per il livello di diffusione che può raggiungere la notizia.

Riuscire a costruire quel giornalismo-conversazione, interagire con i citizen journalist attraverso le testimonianze che appunto provengono dal basso, è diventato il requisito fondamentale per generare interesse negli utenti.

Inoltre, grazie alla condivisione istantanea che può avvenire simultaneamente su più social media, grazie all’ampio bacino di utenti di cui possono godere, non solo l’articolo ovviamente ha una vita più lunga sul Web rispetto alla carta ma può potenzialmente raggiungere un pubblico molto più vasto ed eterogeneo.

Il lavoro giornalistico nell’era del Web 2.0 passa dalla monomedialità alla crossmedialità, richiedendo al giornalista un continuo aggiornamento sulle tecnologie da adottare e sui modelli comunicativi.

Ecco come Antonio Sofi ed Enrico Bianca definiscono la crossmedialità:

precipua competenza del giornalismo crossmediale diventa la capacità di pensare prima (nella fase di preparazione) ai possibili output giornalistici multicanale. La professionalità e autonomia del giornalista sono alla base dell’evoluzione della pratica in senso crossmediale. Tale professionalità deve essere supportata a livello culturale, normativo, tecnologico e infrastrutturale; ma soprattutto deve convocare saperi, relazioni, pratiche e strutture atte a mutare in modo decisivo l’ambiente produttivo, che assurge a fattore determinante nel processo negoziale che dà vita alle notizie e caratterizza l’attività del campo giornalistico. Competenza crossmediale che non significa saper usare professionalmente tutti i formati e tutti i linguaggi giornalistici, ma piuttosto riuscire a pensare” giornalisticamente le varie versioni” di una stessa storia. Progettando il flusso giornalistico con quel trattamento” che è ritenuto più efficace riguardo all’evento, al contesto, ai mezzi, alla concorrenza e al pubblico”.

Il lavoro giornalistico diventa un processo di selezione e interpretazione dei fatti nel flusso continuo d’informazioni che arrivano dal mondo e dalla rete. La funzione del giornalista è di guidare il lettore e fare ordine nel caos delle informazioni disponibili. Il giornalista deve concentrarsi sul valore aggiunto, collaborare in simbiosi sia con le altre testate, sia con i cittadini. Nel caso in cui una notizia falsa sia divenuta virale in rete, è di cruciale importanza per il giornalista aiutare a smentire la notizia, riqualificando la propria reputazione.

Continua Maistrello:

L’interazione con il lettore è stata mortificata così a lungo che oggi il cittadino abilitato dalla Rete si sente quasi in diritto di prendersi tutte le rivincite del caso, molto spesso eccedendo colpevolmente in mancanza di buon senso e di responsabilità”.[] Nei commenti di un articolo giornalistico, così come in quelli del post di un blog, si tende a raccogliere ciò che si semina: una notizia trattata in modo non accurato, ideologico, poco circostanziato e con toni poco concilianti non raccoglierà certo dai lettori contributi meno violenti e meno superficiali.” “Se invece il processo di costruzione della notizia è condiviso, conoscibile e privo di deduzioni gratuite, è più facile che anche il lettore avverta la responsabilità del suo compito”.

Secondo Wolfgang Blau, direttore delle strategie digitali del Guardian”, valori ed etica del giornalismo tradizionale all’interno della rivoluzione online saranno estremamente importanti: Credo che tutti questi valori [accuratezza, coraggio, trasparenza] rimarranno importanti ma i metodi con i quali i giornalisti potranno assicurarli stanno cambiando. Un esempio: le redazioni di giornali online responsabili” seguono frequentemente corsi di formazione per evitare che i giornalisti possano rilanciare tweet o articoli presi da Facebook senza averli verificati. In linea di principio questo comportamento corrisponde ad un dovere di accuratezza simile a quello delle vecchie redazioni dei giornali cartacei. Inoltre, adesso che così tanti cittadini consumano notizie attraverso le piattaforme di social media, il servizio sociale di un giornalista non consiste soltanto nel verificare le fonti utilizzate, ma dovrebbe includere il dovere attivamente smontare” false voci, una volta che superano una certa soglia di visibilità nella sfera sociale”.

Questo può essere un incoraggiamento per il giornalista anche a divincolarsi da costrutti redazionali, favorendo il rapporto con il pubblico, il quale attraverso i social media può ripagare attraverso like”, retweet”, condivisioni, il lavoro del giornalista.

Questo rapporto tra giornalisti e comuni cittadini è sempre esistito.

La differenza fondamentale è che però, oggi, un comune cittadino potrebbe far a meno del giornalista nel caso in cui volesse diffondere un contenuto, denunciare un abuso e così via. L’intermediazione giornalistica in alcuni casi risulta inutile, non è detto che un giornalista abbia una reputazione migliore della mia e di conseguenza un pubblico maggiore su cui poter contare.

Questo fenomeno grazie ovviamente alla diffusione delle nuove tecnologie sta prendendo sempre più piede. Migliaia di video amatoriali, foto, commenti, resoconti degni di veri e propri reporter, arrivano ogni giorno nelle redazioni di tutto il mondo.

I giornalisti possono sfruttare i commenti dei propri lettori sui giornali online o sui social media, sia per comprendere le specifiche caratteristiche e le peculiarità della propria utenza, (quello che vogliono leggere, quello che vorrebbero fosse trattato) sia perché il commento e l'espansione della discussione può dare origine a nuovi spunti di riflessioni e a nuovi dibattiti.

Continua Wolfgang Blau, nella stessa intervista sull’Espresso:

Il dovere di accuratezza di un giornale significa anche essere a conoscenza del fatto che, su molti punti, almeno una parte dei nostri lettori sono più informati di noi giornalisti. Per questo abbiamo un dovere aggiuntivo di precisione nel renderci accessibili” ai nostri lettori esperti su un dato argomento, per raccogliere il loro pensiero, per verificarlo ed impacchettarlo e quindi riportarlo ai lettori, inserendolo in un contesto corretto e con una adeguata presentazione. Le migliori redazioni sono quelle che non smettono mai di affinare le proprie competenze giornalistiche tradizionali, anche collaborando con i lettori e le altre istituzioni giornalistiche, perché adesso è possibile e consente un giornalismo migliore. Se i giornali non lo faranno, qualcun altro lo farà”.

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Luigi A. Macrì