Scienze ed altri saperi

Un fenomeno poco conosciuto: il bullismo in rosa

Un fenomeno poco conosciuto: il bullismo in rosa

Il comportamento aggressivo è stato per lungo tempo considerato tipicamente maschile, infatti, fino agli anni’70 la maggior parte degli studi sul bullismo hanno tralasciato le donne  sulla base della presunzione che le stesse non avessero la medesima aggressività.

La cronaca recente smentisce tale impostazione: oggi infatti, il fenomeno è in netta controtendenza e sono in aumento i casi che vedono le donne protagoniste di atti di bullismo.

Il comportamento aggressivo è stato per lungo tempo considerato tipicamente maschile, infatti, fino agli anni’70 la maggior parte degli studi sul bullismo hanno tralasciato le donne  sulla base della presunzione che le stesse non avessero la medesima aggressività.

La cronaca recente smentisce tale impostazione: oggi infatti, il fenomeno è in netta controtendenza e sono in aumento i casi che vedono le donne protagoniste di atti di bullismo.

Viene definito bullismo o cyber bullismo in rosa, quel fenomeno dove sono le ragazze le principali responsabili di violenze e soprusi ai danni dei loro coetanei.

Il bullismo in rosa si manifesta meno fisicamente e più verbalmente ed indirettamente.

Contando sempre sull’anonimato che la rete garantisce, le ragazze, praticano atti bullismo in una percentuale doppia rispetto ai ragazzi e con un modo anche più sottile, ossia attraverso insinuazioni, minacce velate, esposizione della vittima a commenti crudeli sui social network con l’intento di allontanarla e farla sentire inadeguata.

La bulla si atteggia ad ape regina e si circonda di altre api isolando chi non le è gradita.

Tende a emarginare la vittima, ad escluderla, ad attuare un comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate.

A differenza degli uomini non si affronta mai direttamente la vittima ma si tende a crearle terreno bruciato senza che la stessa possa rendersene conto o difendersi.

Nel gruppo della bulla avviene un gioco spietato alle spalle di una coetanea (di solito percepita come pericolosa rivale): di lei si dicono malignità, le si attribuiscono soprannomi offensivi, si tende a lasciarla da parte.

I soggetti sono identici sia nel fenomeno al maschile che al femminile: le gregarie della bulla contribuiscono al potere di quest’ultima, la maggioranza silenziosa non agisce ma non prende neanche posizione per spezzare questa catena.

Ed anche le caratteristiche sono comuni: persecuzione, isolamento, violenza psicologica, maldicenza.

Come per il fenomeno maschile anche quello femminile è sintomatico nei ragazzi che lo praticano di un disagio giovanile ed è espressione , nella maggioranza dei casi, dell’esigenza di essere tenuti in considerazione, di nascondere le proprie fragilità attraverso l’aggressività, di provare a controllare le persone che si hanno intorno.

Il compito principale che tutti gli educatori hanno nei confronti di questi ragazzi è quello di concentrarsi sull’educazione e sulla prevenzione attraverso il coinvolgimento delle famiglie e delle istituzioni a ciò preposte in un’ottica di collaborazione multidisciplinare.

Avv. Claudia Ambrosio - Criminologa

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