Scienze ed altri saperi

Fake news:  processi e dinamiche psicologiche

Fake news: processi e dinamiche psicologiche

Abstract

«Le euristiche o processi mentali intuitivi,  utilizzano strategie veloci,  che sono spesso alla base dei bias cognitivi o errori sistematici di giudizio […] ciò che rende questi stili di pensiero disfunzionali non è tanto la loro presenza, ma la loro rigidità e inflessibilità, specialmente se ci conduce ad interpretare gli eventi,  e noi stessi, in modo irrealisticamente negativo»[1].

Il declino della verità

Discontinuità e liquidità sembrano essere ormai i caratterizzanti assoluti dei sistemi mediatici che abitiamo.

Abbiamo tutti scelto di vivere in un mondo interconnesso, dove ciascuno/a di noi produce quantità esorbitanti di dati per poi riversarli sul web e sui social media e da cui, a nostra volta, assorbiamo informazioni prodotte da altri. «In queste interconnessioni, la maggior parte delle informazioni che circolano crea uno spazio cognitivo permanente che possiamo definire content continuum dove ormai viviamo e interagiamo per fare qualsiasi cosa.»[2]

«Non ci fidiamo più dei dati oggettivi, la nostra esperienza personale ci appare molto più sicura e affidabile per interpretare il mondo, perché l’idea che abbiamo è che la verità sia una merce potenzialmente acquistata da qualche ente che poi ce la rivende sui media.»[3] Così gradualmente «la verità oggettiva cade perché considerata merce […] Restano la verità soggettiva e le opinioni personali che alimentano la mis-informazione […] ovvero la diffusione involontaria di notizie deformate e/o falsate. Il problema è che le dinamiche di costruzione della conoscenza e dell’informazione oggi passano sempre più per questa dimensione individuale e biografica: profili social, blog, siti web personali che personalizzano e narrativizzano la costruzione e la diffusione delle conoscenze.»[4]

  Processi di ragionamento e bias cognitivi

Le fake news fanno leva sia sulla necessità dell’uomo di soddisfare i propri bisogni, siano essi quelli di appartenenza e di autorealizzazione, che sui processi cognitivi che caratterizzano ciascun essere umano. Il nostro sistema cognitivo processa ed elabora gli stimoli e le informazioni mediante procedure cognitive diverse «uno più rapido e l’altro più lento. Il primo processo che si basa su valutazioni rapide e automatiche definite “euristiche” utilizza scorciatoie di ragionamento per processare i dati, questo processo tende ad avviare una valutazione delle informazioni  e dei media in forma veloce  e ciò diventa il sostrato di proliferazione e diffusione delle fake news. Il secondo processo si basa invece sulla riflessività, è più accurato ed effettua un controllo più lento delle informazioni.[…]»[5]

I processi mentali intuitivi e sbrigativi, che permettono di costruire un’idea generica su un argomento senza effettuare eccessivi sforzi prendono il nome di euristiche. «Le euristiche o processi mentali intuitivi, che utilizzano strategie veloci, sono spesso alla base dei bias cognitivi o errori sistematici di giudizio […] ciò che rende questi stili di pensiero disfunzionali non è tanto la loro presenza, ma la loro rigidità e inflessibilità, specialmente se ci conduce ad interpretare gli eventi,  e noi stessi, in modo irrealisticamente negativo»[6].

Dunque l’uomo utilizza delle scorciatoie di pensiero per processare i dati e le informazioni, gli studi più recenti hanno mostrato come le euristiche condizionino i nostri giudizi e come diverse possano essere le euristiche a nostra disposizione.

Le scorciatoie di pensiero, le euristiche

Le euristiche, secondo gli studi effettuati da due studiosi americani Clark  e Beck possono essere  di  «sei tipologie:

«Catastrofismo, in questa euristica eventuali e possibili eventi negativi sono percepiti come una catastrofe intollerabile, piuttosto che essere valutati in una prospettiva più attenta e positiva.

Può accadere quando si tende a giudicare un evento in maniera negativa senza ipotizzare altri sviluppi o esiti.

Saltare alle conclusioni, tale euristica si caratterizza per il passare dalla formulazione di un possibile problema al suo esito negativo senza esplorare i passaggi intermedi e quindi tutti i possibili sviluppi, saltando alle conclusioni.

Le persone che sistematicamente mettono in atto questo processo di ragionamento tendono a non compensare a sufficienza le informazioni mancanti, anche quando è assolutamente evidente che quelle che si hanno sono incomplete.

Visione a tunnel sulla minaccia, in questa euristica un unico aspetto di una situazione complessa è il focus dell’attenzione e altri aspetti rilevanti della situazione sono ignorati. Per esempio ci si focalizza su un commento negativo trascurando altri aspetti positivi.

Imminenza percepita della minaccia, in tale processo di ragionamento la persona sa che potrebbe andare incontro a un evento negativo, ne è consapevole, l’errore riguarda l’imminenza della minaccia, sentita come molto ravvicinata, dietro l’angolo in modo così intenso da stimolare un aumento di sentimenti negativi quali ansia e paura.

Ragionamento emotivo, questa euristica si caratterizza per la tendenza a considerare le reazioni emotive come prove attendibili della negatività di una situazione.

Così per esempio se un individuo si sente sfiduciato, può, se aderisce a questa euristica, arrivare a concludere che la situazione è senza speranza (“se mi sento male allora andrà male”).

Pensiero dicotomico in questo processo di ragionamento, le cose sono viste in termine di categorie mutualmente escludentisi senza gradi intermedi.

 Per esempio una situazione o è un successo, oppure è un fallimento; se una situazione non è completamente perfetta allora è un fallimento».[7]

La letteratura psicologica moderna ha stimato che relativamente a queste euristiche è possibile individuare circa  oltre cento bias, […] tuttavia studi recenti hanno tentato di raggruppare i bias «in cinque categorie empiriche di appartenenza:

  • Bias di rappresentatività, ovvero propensione a considerare gli eventi ricordati come quelli maggiormente frequenti.
  • Bias del desiderio, ovvero la propensione a basare le proprie decisioni soprattutto su componenti emozionali.
  • Bias del costo, ovvero la propensione a ingigantire o diminuire il valore dei costi o delle perdite.
  • Bias di contesto, ovvero la propensione a farsi influenzare in modo consistente dal giudizio degli altri.
  • Bias di ancoraggio, ovvero la tendenza dei soggetti a essere influenzati da un valore numerico di riferimento»[8].

Questi processi rappresentano il tentativo di elaborare velocemente una serie consistente di informazioni anche al fine di preservare il nostro equilibrio cognitivo.

Si tratta pertanto di «quell’insieme di azioni automatiche che ci aiutano a percepire il mondo intorno a noi, riconoscere gli oggetti, orientare l’attenzione, individuare le sfumature sociali, operazioni che risultano essere fondamentali per garantire una vita più fluida e meno vincolata cognitivamente. […] Alcuni bias, come nel caso dei bias di proiezione, di gruppo, illusione della frequenza e di conferma, sono anche alla base delle ragioni per cui le fake news possono essere percepite dagli utenti come vere e una volta che si creano delle miscomprensioni, rendere difficile la loro disconferma»[9].

Nel bias di proiezione tendiamo ad esempio a evitare di mettere in discussione le nostre convinzioni e correre il rischio di scoprire di essere in errore limitandoci a pensare che la maggior parte delle persone la pensi come noi. «Il bias del gruppo ci induce a sopravvalutare le capacità  e il valore del nostro gruppo,  a considerare i successi dello stesso  come risultato delle qualità dei suoi membri mentre tendiamo ad attribuire  i successi di un gruppo estraneo a fattori esterni non insiti nella qualità della persone che lo compongono.[…] Nell’era del big data il fatto che ci vengano fornite new in linea  con ciò che consideriamo interessante o importante, dato ottenuto con le nostre navigazioni, incrementa illusione della frequenza. Nel bias di conferma o tendenza a non cambiare l’idea, gli individui puntano a non cercare a non notare indicazioni contrarie alla propria opinione e se le trovano tendono a dar poco rilevanza, e i punti di vista preesistenti vengono così alimentati […]»[10].

Questi processi sono conosciuti e sfruttati, con i motori di ricerca che ci presentano, in posizioni ben evidenti, informazioni in sintonia con la nostra opinione, alimentando la propensione a continuare: più cerchiamo conferma di una nostra opinione, più troveremo notizie che la confermano. […] »[11]

Secondo Xinyi Zhou e Reza Zafarani ricercatori della Cornell University università statunitense situata a Ithaca, nello stato di New York, i processi psicologici cognitivi degli utenti sono sfruttati per creare e diffondere fake news contribuendo in questo modo a veicolare specifiche credenze, orientare le scelte delle persone, influenzare la formazione dell’opinione pubblica. Non a caso gli esperti di comunicazione e marketing che curano le campagne elettorali dei candidati e dei partiti, la comunicazione di un’azienda ente o organizzazione si rifanno sempre frequentemente a tutto questo al fine di incrementare l’efficacia della comunicazione»[12].

In questo mondo della post verità, siamo noi il bottino da conquistare, le nostre vite sono informazioni da acquisire.

Bisogna fermarsi per non essere travolti  dal finzionale. E’ essenziale  che ci venga restituita la potenza generativa della nostra psiche e la responsabilità del tempo che abitiamo per dissipare l’imbarbarimento cognitivo che impera. In questo processo l’educazione e media literacy emergono come elementi chiave per costruire la resilienza al fenomeno della post-verità e ridurre ogni tipo di polarizzazione, rafforzando la fiducia nella società e nei media.

Prof.ssa Rosa Suppa

Docente di Filosofia e Scienze Umane

 

BIBLIOGRAFICA

  • Arcuri, I processi di comunicazione, Il Mulino, Milano 2003.
  • Bonazzi, Piccola filosofia per tempi agitati. Milano, Salani, 2019.
  • Fontana, Fake news sicuri che sia falso?,Hoepli,Trento, 2019.
  • Fontana, Regimi di verità, Codice, Torino, 2019, Introduzione p.VII.
  • M. Lorusso, Postverità. Fra reality tv, social media e storytelling, Roma-Bari, Laterza, 2018.
  • Nota, La passione per la verità, FrancoAngeli,Milano, 2020.
  • Pagliaro, Punto. Fermiamo il declino dell’informazione, Il Mulino,Bologna,2017
  • Quattrociocchi. A. Vicini, Liberi di crederci. Informazione, internet e post-verità,.ed.Codice, Torino 2018.
  • Riva,Psicologia dei nuovi media,ed.Il Mulino,Bologna, 2012
  • Riva, Fake news, Il Mulino Bologna,2019.

   DOCUMENTI CONSULTATI

  NOTE

[1] A.Fontana,Fake news sicuri che sia falso?,Hoepli,Trento,2019, p. 22

[2]Ibidem

[3]A.Fontana,Fake news sicuri che sia falso?,Hoepli,Trento,2019, p. 24

[4] W.Quattrociocchi. A. Vicini, Liberi di crederci. Informazione, internet  e post-verità,e.Codice, Torino 2018, p.124

[5] Sara Santilli, Maria Cristina Ginevra, Ilaria Di Maggio, in La passione per la verità, di Laura Nota,Franco Angeli, Milano , 2020, p.100

[6] Ibidem

[7] Sara Santilli, Maria Cristina Ginevra, Ilaria Di Maggio, in La passione per la verità , di Laura Nota,Franco Angeli, Milano , 2020, pp.100,101

[8] Ibidem

[9] Ivi,p.102

[10] Ibidem

[11] Ibidem

[12] Sara Santilli, Maria Cristina Ginevra, Ilaria Di Maggio, in La passione per la verità , di Laura Nota,Franco Angeli, Milano , 2020, p.103

 

RIFERIMENTI

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