Ricerca e innovazione

Computer Quantistici: una nuova era informatica

Computer Quantistici: una nuova era informatica

Abstract:

I computer quantistici sfruttano alcuni dei fenomeni più straordinari della fisica moderna e della meccanica quantistica per offrire enormi balzi in avanti nella potenza di elaborazione. Le future macchine quantistiche, infatti, promettono di superare anche i più potenti supercomputer di oggi e quelli di domani. La loro potenzialità sta nello sfruttare alcune delle leggi più strane e meno intuitive della meccanica quantistica, ma devono fare ancora i conti con problematiche di aspetto pratico.

Il trasferimento delle informazioni nei computer classici avviene tramite una sequenza ordinata di bit, ossia un flusso di impulsi elettrici oppure ottici che rappresentano degli “1” o degli “0”. Tutta l’informazione elettronica, dai nostri messaggi whatsapp ed e-mail alle pagine internet ai video di YouTube, è essenzialmente composta da lunghe stringhe di queste due cifre binarie. Il bit è essenzialmente l'unità di misura del contenuto d'informazione di un messaggio.

I computer quantistici invece, per trasferire l’informazione usano i qubit.

Un qubit (contrazione di “quantum bit”) rappresenta l’equivalente del bit quantistico ovvero l'unità di informazione quantistica, ed è in genere costituito da una particella subatomica come ad esempio un elettrone o un fotone. Generare e gestire qubit non è semplice, e questa è diventata una sfida scientifica e ingegneristica degli ultimi anni nel campo della ricerca informatica. Ad esempio, per manipolare questi quanti di informazione, alcune aziende come IBM o Google utilizzano circuiti superconduttori raffreddati a temperature più fredde dello spazio profondo, pochi gradi sopra lo zero assoluto. Altri intrappolano i singoli atomi nei campi elettromagnetici su un chip di silicio posto in camere a vuoto ultra spinto. In entrambi i casi, l'obiettivo è isolare i qubit in uno stato quantistico controllato, e questo richiede competenze all’avanguardia di ingegneria elettronica e fisica quantistica.

Essendo delle particelle che non sottostanno alle regole della fisica classica, bensì a quelle della meccanica quantistica, i qubit hanno alcune proprietà alquanto bizzarre. Ad esempio, un qubit può rappresentare contemporaneamente numerose possibili combinazioni di “1” e “0”. Questa capacità di trovarsi contemporaneamente in più stati si chiama “sovrapposizione di stati”, ed è una proprietà che ci può apparire strana e lontana da quello che è il nostro senso comune, ma invece è considerata normale nell’ambito della meccanica quantistica. Per mettere i qubit in sovrapposizione, i ricercatori li manipolano usando laser ad alta precisione e strumenti ad altissima tecnologia. Grazie a questo fenomeno controintuitivo, un computer quantistico con diversi qubit in sovrapposizione può “saltare” contemporaneamente su di un vasto numero di potenziali risultati. Matematicamente, quello che meglio descrive la realtà fisica di un qubit, è una funzione d’onda che ci dà solo la probabilità di trovare il qubit in uno stato quantistico oppure in un altro, ma non la certezza. Il risultato finale di un calcolo, e quindi la certezza, emerge solo una volta misurati i qubit, il che fa immediatamente “collassare” il loro stato quantistico sul valore “1” oppure “0”. E’ solo in questo istante che il qubit assume il suo valore definitivo e lo possiamo misurare.

Ma non è tutto. I ricercatori possono anche generare dei qubit gemelli, ossia delle coppie di qubit che sono "legati", il che significa che i due membri di una coppia esistono in un singolo stato quantistico. Una conseguenza fondamentale di tutto ciò è il fatto che cambiare lo stato di uno dei qubit cambierà istantaneamente lo stato dell'altro in modo prevedibile, e questo succede anche se le due particelle sono separate da distanze molto elevate. Questa proprietà i fisici la chiamano “entanglement”. Nessuno sa davvero come e perché funzioni l'entanglement. Inoltre questa proprietà sembrerebbe violare alcuni principi che stanno alla base della fisica, come ad esempio il limite superiore per quanto riguarda la velocità di propagazione di un segnale da una particella a quella gemella, dato che il segnale si propagherebbe in maniera istantanea e quindi con velocità infinita. Questo fenomeno sconcertò persino Albert Einstein, che lo descrisse notoriamente come una "azione spettrale a distanza". Tuttavia l’entanglement è la chiave della potenza dei computer quantistici. In un computer convenzionale, infatti, il raddoppio del numero di bit raddoppia la sua potenza di elaborazione, ossia diciamo che la potenza aumenta con una legge lineare rispetto al numero di bit. Ma grazie all'entanglement, l'aggiunta di qubit extra in una macchina quantistica produce un aumento che non è lineare bensì esponenziale della sua capacità di calcolo.

Questa è la buona notizia. La cattiva notizia è che le macchine quantistiche sono molto più soggette ad errori rispetto ai computer classici, e questo è dovuto ad un altro effetto quantistico che è la “decoerenza”.
La decoerenza è dovuta essenzialmente all'interazione dei qubit con il loro ambiente, ossia con lo stato fisico che li circonda, e queste interazioni possono far decadere il loro comportamento quantistico prima del dovuto, e con esso l’informazione che trasportavano. Da questo se ne deduce che il loro stato quantistico è estremamente fragile. La minima vibrazione o variazione di temperatura, disturbi noti come "rumore" nel linguaggio fisico, possono farli decadere dalla sovrapposizione prima che il loro lavoro sia stato svolto correttamente. Ecco perché i ricercatori fanno del loro meglio per proteggere i qubit dall’ambiente esterno, in frigoriferi super raffreddati e camere a vuoto ultra spinto.

Ma nonostante i loro sforzi, il rumore provoca ancora molti errori, e questi errori continuano ad propagarsi durante i calcoli. Ci sono algoritmi quantistici intelligenti che possono compensare alcuni di questi errori, e anche l'aggiunta di più qubit aiuta a ridurre questo tipo di problema. Tuttavia, probabilmente occorreranno migliaia di qubit standard per crearne uno singolo effettivo e altamente affidabile, noto come qubit "logico".
Tuttavia, ancora i ricercatori non sono in grado di generare e manipolare in maniera stabile un numero significativo di qubit, e quindi siamo ancora lontani dall'ottenere computer quantistici che possono essere utilizzati a tutti gli effetti per risolvere algoritmi complessi.

Ma tutto ciò non ha intaccato le speranze dei pionieri di essere i primi a dimostrare quella che viene chiamata da molti la "supremazia quantistica", ossia il momento in cui un computer quantistico potrà completare un calcolo matematico che è chiaramente fuori dalla portata anche del supercomputer classico più potente.
Non è ancora chiaro esattamente quanti qubit saranno necessari per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia i ricercatori continuano a trovare nuovi algoritmi per migliorare le prestazioni delle macchine classiche e l'hardware dei supercomputer classici continua a progredire. Ma i ricercatori e le aziende stanno lavorando duramente per rivendicare il titolo. Se da una parte la legge di Moore vuole che la potenza di calcolo dei computer classici raddoppi ogni 18 mesi, dall’altra con lo sviluppo dei computer quantistici, si passerebbe su un altro ordine di grandezza, e non ci sarebbe più storia.
Potrebbero essere necessari ancora molti anni ai computer quantistici per raggiungere il loro pieno potenziale, ma se queste nuove ed esotiche macchine informatiche manterranno la loro promessa, allora potremmo essere testimoni di una nuova era tecnologica.

Claudio Meringolo - Studente PhD in Astrofisica e Relatività Generale, Università della Calabria

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