Rivelazione delle Onde Gravitazionali

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(di Claudio Meringolo)

Abstract: Le onde gravitazionali, predette da Einstein circa un secolo fa, sono delle increspature dello spazio-tempo generate da eventi astrofisici estremi, come ad esempio la fusione di due buchi neri o l'esplosione di una supernova, e si propagano alla velocità della luce nel vuoto. Sono estremamente importanti perché ci permettono di vedere quello che è invisibile con la luce e ci danno informazioni su zone dell'universo ancora poco conosciute e molto distanti da noi. E’ per questo che carpirne l'essenza in tutti i suoi dettagli è diventata una delle sfide più interessanti per molti scienziati.

 

Nel 1915 Albert Einstein sviluppa quella che verrà chiamata la Teoria della Relatività Generale, ossia la teoria che descrive in maniera completa come lo spazio e il tempo sono legati fra loro a formare il tessuto spazio-temporale quadri-dimensionale. Questa formulazione matematica rivoluziona la concezione di gravità, che non è più una forza fra oggetti distanti, ma piuttosto un effetto geometrico in grado di deformare lo spazio e il tempo.

Queste deformazioni, dovute ad oggetti massivi, si propagano nel vuoto alla velocità della luce (da qui il nome "onda gravitazionale") ed Einstein ne aveva predetto l'esistenza già nel 1916. Solo che lo stesso scienziato tedesco non credeva si potessero mai osservare sperimentalmente, questo perché le onde gravitazionali sono delle perturbazioni del tessuto spazio-temporale incredibilmente deboli, e i principali eventi astrofisici che ne sono la sorgente sono molto lontani da noi. Il risultato netto è che per poter rivelare le onde gravitazionali che arrivano sulla Terra c'è bisogno di rivelatori estremamente sensibili: per dare un'idea, è come riuscire a misurare una variazione della dimensione di un protone su un oggetto grande quanto la distanza Terra-Sole.

 

Fig. 1: Schema semplificato di un interferometro di Michelson. Un laser emette un fascio di luce coerente, il quale viene separato in due fasci da un beam splitter. I due fasci vengono riflessi alle estremità dei bracci da degli specchi. Infine, i due fasci si ricombinano sullo schermo.

L'11 febbraio 2016, ad un secolo esatto dalla loro predizione teorica, è stata annunciata la prima verifica sperimentale dell'esistenza delle onde gravitazionali, per quello che è stato un evento molto importante nell'ambito dell'astrofisica e della cosmologia mondiale.

Le onde gravitazionali rivelate in questo evento sono state prodotte dal processo di fusione di due buchi neri di origine stellare lontani circa 1 miliardo e mezzo di anni luce dalla Terra. La loro massa era rispettivamente di 29 e 36 volte la massa del Sole, e nel processo di fusione hanno formato un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari. Nell'ultima parte del processo, i due corpi hanno spiraleggiato per poi fondersi ad una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce. Le tre masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all'energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri sotto forma di radiazione gravitazionale.

Ma come vengono misurate le onde gravitazionali?

Ad oggi i maggiori rivelatori di onde gravitazionali sono il LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) con le sue due sedi a Livingstone, in Louisiana, e ad Hanford, nello stato di Washington, ed il più vicino Virgo che si trova a Cascina, vicino Pisa. La tecnologia usata per questi rivelatori si basa sull'interferometria di Michelson (dal nome dell'inventore Albert Abraham Michelson). Il principio di funzionamento è semplice: una sorgente produce luce (in genere un laser), ovvero radiazione elettromagnetica. Essa si propaga lungo la direzione di emissione grazie a una lente che concentra i raggi luminosi in un fascio parallelo. Dopo un certo percorso la luce viene separata in due fasci distinti tra loro ortogonali e uguali in intensità, mediante un beam splitter, ossia un divisore di fascio, come ad esempio una lastra piana parallela con la superficie debolmente metallizzata che funge da specchio semi riflettente. Dopo essere stati divisi, i due fasci seguono due cammini ottici diversi, e siccome i fotoni non devono interagire con nessun'altra particella al fine di ottenere un buon esperimento, vengono creati dei cammini ottici in dei tubi dove al loro interno viene creato un vuoto spinto.

Questi cammini ottici vengono posti su un sistema di supporti isolanti in modo da eliminare il più possibile il rumore dovuto alle vibrazioni meccaniche di fondo, dopodiché entrambi i fasci vengono riflessi da due specchi e ritornano così al divisore che agendo in modo contrario rispetto a prima (la parte riflessa viene ora trasmessa e viceversa) li dirige verso uno schermo. Qui, sovrapponendosi, generano delle frange di interferenza, che in base alla differenza di cammino ottico presenteranno dei massimi e dei minimi. Infatti, tenendo fissi i due cammini ottici, lo schermo dell'apparato presenterà delle frange di interferenza dovute alla differenza infinitesima dei due percorsi fatti dalla luce. La ricomposizione dei due fasci sullo schermo è dunque estremamente sensibile a variazioni di un percorso del laser rispetto all'altro o a vibrazioni del suo specchio, mostrando così uno spostamento delle frange di interferenza. In pratica se un'onda gravitazionale attraversa il sistema, i due bracci oscillano e la lunghezza dei due cammini ottici varia, formando un'interferenza che viene rilevata da un fotodiodo.

Per dare un'idea della sensibilità di questi interferometri, le onde gravitazionali che sono originate a centinaia di milioni di anni luce dalla Terra, distorcono i bracci (che sono dell'ordine di qualche chilometro) di soli 10^{-18} metri, ossia di una quantità migliaia di volte più piccola di un nucleo atomico. Il range di frequenza utile per LISA e Virgo va invece da qualche Hertz a circa 10^4 Hertz.

Ovviamente, maggiore è il cammino ottico dei fotoni, maggiore è la sensibilità dell'interferometro. La lunghezza dei bracci degli interferometri di LIGO e Virgo sono, rispettivamente, di 4 e 3 chilometri, tuttavia viene usata una tecnica tale per cui il fascio di fotoni viene riflesso più volte all'interno del braccio, aumentandone così il cammino ottico effettivo. Nonostante ciò, gli interferometri terrestri presentano delle limitazioni dovuti, da una parte all'impossibilità di costruire dei bracci eccessivamente lunghi, e dall'altra alla continua presenza di rumore meccanico di fondo, che nonostante venga continuamente filtrato ostacola comunque la rivelazione di deboli segnali.

Fig. 1: La missione LISA sarà in grado di misurare le onde gravitazionali nello spazio grazie ad un trio di satelliti distanti 5 milioni di chilometri tra di loro, in orbita ad 1UA intorno al Sole. La data di lancio è prevista per il 2034.

A tal proposito è in corso una nuova missione spaziale denominata LISA (Laser Interferometer Space Antenna) attualmente in fase di progettazione presso l'Agenzia Spaziale Europea (ESA), e sarà il primo osservatorio spaziale per le onde gravitazionali. La data di lancio è prevista per il 2034 con una vita operativa di cinque anni. Basata sulla stessa tecnologia degli interferometri terrestri, LISA sarà costituita da tre satelliti artificiali posti ai vertici di un triangolo equilatero e orbitanti attorno al Sole, con una distanza di 5 milioni di chilometri tra di loro. Ogni lato di questo triangolo sarà l'equivalente di un braccio dei rivelatori terrestri dove vengono fatti passare i fasci di fotoni e poi riflessi. La possibilità di creare dei cammini ottici così grandi permetterà a LISA di aumentare di molto la sensibilità delle misurazioni, ed inoltre sarà possibile misurare onde gravitazionali a bassa frequenza, con un range utile che andrà tra 10^{-4} Hertz fino a qualche Hertz, e inoltre non sarà affetto dai disturbi ambientali di origine terrestre come i microsismi.

Tutto questo apre numerose sfide che gli astrofisici devono affrontare. LISA infatti, a differenza dei rivelatori a Terra, sarà dominato dal segnale astrofisico e non dal rumore dello strumento, e questo significa un ottimo rapporto segnale-rumore. Questo rappresenta una sfida tecnologica e di analisi dati molto importante che gli scienziati di LISA si stanno già preparando ad affrontare. Tra questi nuovi segnali dal cosmo più profondo, l’inatteso è dietro l’angolo. Il primo osservatorio di onde gravitazionali dallo spazio, ci aprirà il sipario del palcoscenico cosmico: sentiremo finalmente la musica dell’Universo, e questo ci permetterà coglierne gli aspetti più misteriosi e affascinanti.

 

Claudio Meringolo

Studente PhD in Astrofisica e Relatività Generale, Università della Calabria