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Internet e libertà, un rapporto da contestualizzare di Massimiliano Nespola

Le immagini giunte al mondo, a partire dal 15 agosto scorso, dall’Afghanistan, parlano chiaro: un lungo conflitto, scoppiato in risposta agli attentati dell’11 settembre 2001, aveva l’obiettivo di sconfiggere il terrorismo di Al Qaeda e di avviare un processo di modernizzazione dell’area; tuttavia, pochi giorni prima del ritiro delle forze militari alleate, è iniziato il ritorno sulla scena dei talebani. Poco dopo, è ricorso il ventesimo anniversario del più grave attacco terroristico di tutti i tempi mai subito dagli Stati Uniti d’America, a testimoniare che, dopo vent’anni, l’obiettivo non si può dire raggiunto.

Oltre a quelle immagini, ci sono i fatti e, per ciò che attiene ai fini della nostra analisi, dal punto di vista di esperti e amanti delle nuove tecnologie di comunicazione, bisogna indagare sul rapporto tra le stesse – in particolare Internet – e la libertà degli individui e dei popoli. Un primo dato da considerare è il seguente: non esiste, ad oggi, una conferma del fatto che Internet costituisca univocamente una strada per accorciare le distanze tra governanti e governati, né per modernizzare l’economia e il tessuto imprenditoriale di un Paese; in sintesi, non è detto che sia la via per accrescere la libertà di un popolo. Per onestà intellettuale, quindi, anzitutto è necessario contestualizzare l’analisi mossa e concentrarsi su una determinata area.

internet freedom

Ecco quindi che, ben oltre gli entusiasmi iniziali – dovuti al fatto che il mezzo porta a reinterpretare i concetti tradizionali di spazio e tempo e, per le società occidentali, ciò può rappresentare indubbiamente un vantaggio in molti campi – emerge come Internet rimanga un mezzo destinato a fare i conti con la cultura e il contesto di riferimento.

In realtà, questo assunto era già noto agli esperti, perché anche i mezzi di comunicazione che noi oggi riteniamo tradizionali – cioè i giornali e soprattutto, per questa nostra analisi, la radio e la televisione – quando comparvero sulla scena generarono parecchi entusiasmi. Ingenuamente, si riteneva che il messaggio trasmesso da un’unica fonte ad una pluralità – o una massa – di soggetti, avrebbe uniformato pensieri e punti di vista sulla realtà. Non era così: in ogni società esistono contesti e categorie sociali differenti e ciascuna recepisce il messaggio, lo interpreta e lo interiorizza in base ai propri assunti, ai propri schemi e categorie concettuali di riferimento; talvolta sono più complesse e strutturate, talvolta sono più semplici, ma è divenuto presto evidente che la potenza di trasmissione del mezzo e la sua capacità di parlare a tutti non annulla la coscienza e l’individualità; anzi, la esalta.

Con Internet, consapevoli di tale assunto, si parla oggi di “personal media”, basati sulla individualizzazione del consumo, per eccellenza, in quanto ciascuno può esprimere un’opinione e diversificare la propria modalità di utilizzo e di fruizione dei contenuti. Permane comunque, anche in Internet, l’assunto teorico di cui sopra: la cultura di riferimento, a livello generale, esercita un’influenza sugli effetti sociali generati dal mezzo di comunicazione. È un caposaldo da tener presente per l’analisi avviata, che ci porta ad una prima conclusione: i mezzi di comunicazione non producono ovunque gli stessi effetti, perché, nonostante un ottimismo di fondo, è necessario tener conto del contesto in cui essi si collocano. In alcuni casi, la faccenda assume contorni drammatici. Guardando al mondo arabo, al Medio Oriente e all’Africa, è evidente come siano proprio le caratteristiche innovative delle nuove tecnologie di comunicazione a sollevare le preoccupazioni di governi autoritari. La maggiore circolazione di informazioni, infatti, è destinata a far crollare l’impalcatura su cui si reggono queste società, in cui la libertà e il progresso sono drammaticamente, ingiustamente negate alla popolazione. Ecco quindi che si erge il muro dell’autoritarismo, della censura e della repressione.

Anche la letteratura degli ultimi anni ci viene incontro, per cogliere più da vicino quali siano le implicazioni di tali dinamiche e, soprattutto, come si manifestino. Sfogliando le pagine de “La ragazza di Piazza Tahrir”, romanzo del 2012 a firma del prof. Younis Tawfik, ne cogliamo l’essenza. La rivoluzione in Egitto è in corso, il 28 gennaio 2011, ed è lì che si colloca l’inizio del racconto. Dalle strade, arrivano grida: “Urla provenienti da lontano scuotono i muri del silenzio”, afferma la voce narrante di Amal, ragazza di vent’anni che, assieme al suo popolo, “Vuole abbattere il regime”. Ma la reazione governativa unisce alla repressione nelle piazze anche quella nel campo dell’informazione: “Hanno oscurato i social network, ci hanno isolato dal resto del mondo, togliendoci ogni mezzo di comunicazione […] il regime […] ha persino isolato le linee telefoniche nel disperato tentativo di isolarci e di reprimere la rivolta”. Si tratta di cronache reali di quanto avveniva al Cairo, dieci anni e mezzo fa, durante le proteste che portarono alle dimissioni di Mubarak. Ma nemmeno un regime spietato può fermare un popolo che cerca, anche grazie alle tecnologie di comunicazione, la libertà. Continua a narrare Amal: “Il progresso dei sistemi di comunicazione è necessario anche per entrare nel consesso delle nazioni moderne e nei sistemi di relazioni internazionali: non possiamo rimanere tagliati fuori […] Questo non ha comunque impedito al regime di bloccare tutti i servizi twitter e facebook, ma, poco dopo, abbiamo cominciato a ricevere consigli da giovani esperti per superare gli oscuramenti e le interferenze elettroniche”.

Sono estratti di un romanzo che sintetizza ottimamente e traduce in pagine memorabili, dense e coinvolgenti di letteratura contemporanea, quanto abbiamo descritto in termini analitici, sicuramente più freddi e distaccati. Il rapporto tra Internet e libertà può dunque anche essere conflittuale, nel momento in cui una strategia di controllo governativa limita le comunicazioni. Se ciò avviene, è proprio perché il mezzo in sé è progettato per consentire modalità di comunicazione orizzontali, , non necessariamente guidate dall’alto e, in moltissimi modi, consente la circolazione delle informazioni in società. Un quadro simile a quello dipinto da Amal, nel romanzo di cui si è parlato, si sta delineando drammaticamente in Afghanistan, dal 15 agosto scorso.

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