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La digitalizzazione necessaria, come l’ossigeno, in Italia di Massimiliano Nespola*

* Giornalista, esperto di comunicazione

Abstract A poche settimana dal lancio del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), lo stato dell’arte in materia di digitalizzazione in Italia, attualmente al venticinquesimo posto della classifica europea

Non più tardi di qualche giorno fa – nel primo fine settimana di luglio – un nuovo attacco informatico partito dal Kenya, del tipo “supply chain”, ha seriamente compromesso la stabilità delle reti un po’ ovunque nel mondo. Proprio in quei giorni, era giunta anche la notizia di un’operazione internazionale coordinata dalla Procura di Milano contro una rete criptata di sviluppatori del ransomware. E non è la prima volta che si verifichino casi simili; tutte le volte si tratta di segnali che indicano la direzione, in tema di tecnologie.

MNLe reti vedono oggi l’esistenza di almeno due necessità concomitanti, molto sinteticamente: quella di potenziare la sicurezza degli utenti – non solo cittadini, ma anche aziende e pubbliche amministrazioni – e quella di incrementare i livelli di prestazione in termini di velocità di trasmissione dei dati. Per quanto riguarda l’Italia, possiamo citare un dato non positivo, che dovrebbe spingere il Paese ad uno slancio per compiere dei consistenti passi in avanti: secondo l’Indice della digitalizzazione dell’economia e della società 2020, il nostro Paese è venticinquesimo in classifica. La sua posizione supera in classifica soltanto Grecia, Romania e Bulgaria. È solo un problema di scarsa volontà e di forma mentis? È lecito sostenere che le responsabilità partano dalla classe dirigente e coinvolgano la società a tutti i livelli; molto spesso i progetti realizzati non hanno ottenuto l’impatto desiderato. Nonostante l’emanazione di una serie di leggi che già da metà anni ’90 hanno iniziato a regolamentare il settore, con l’obiettivo di spingere verso lo switch off di modalità analogiche di gestione dei processi lavorativi, il nostro Paese sembra aver scoperto solo con la pandemia alcuni vantaggi delle reti ad alta velocità per il mondo del lavoro e per l’organizzazione della produzione.

Sfogliando il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha visto recentemente l’avvio dei lavori, si noterà che l’esigenza di optare per la digitalizzazione coinvolge numerosi livelli di azione e stanzia risorse consistenti: partendo dal dato riportato secondo cui “il 95 per cento dei circa 11mila data center/centri di elaborazione dati distribuiti utilizzati dagli enti pubblici italiani presenta oggi carenze nei requisiti minimi di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza”, ci si prefigge l’obiettivo di investire nel settore risorse ingenti. Nella missione 1 del Piano, infatti, denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” sono stanziati ben 40,32 miliardi di euro, di cui 9,75 sono specificamente dedicati alla Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA.

strettamanodigitaleLa strategia che si vuole attuare è quindi molto vasta e reca in sé forti potenzialità di miglioramento. Quello che preme sottolineare ai fini del discorso è anche – anzi, soprattutto – l’aspetto fortemente positivo che essa può innescare rispetto al processo di convergenza digitale del Paese. La pandemia, infatti, ha colto l’Italia impreparata sotto numerosi aspetti e, tra di essi, quello della sostenibilità dei sistemi sanitari regionali e quello della didattica a distanza rivestono, ai fini del nostro discorso, un’importanza prioritaria. Infatti, là dove il Paese fosse stato  – nel suo insieme e senza i sensibili divari regionali che si sono riscontrati – preparato all’impatto della pandemia in questi due settori, probabilmente non avremmo assistito al dramma che si è consumato sugli schermi televisivi e che solo negli ultimi tempi sembra essere stato riportato sul binario della normalità: anziani lasciati soli, negli ospedali, nelle case, impossibilitati ad essere visitati da un proprio familiare anche solo per consegnare una busta della spesa, giovani reclusi in casa, davanti a un computer, a seguire distrattamente una lezione on line. Sono queste le categorie che più hanno sofferto l’impatto di un evento che in realtà si sarebbe potuto gestire in maniera più coordinata e con maggiore preparazione, proprio facendo leva sulle funzionalità delle tecnologie digitali di cui solo oggi si propone l’implementazione, con un ritardo inaccettabile e colpevole.

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