Criptovalute. Gli approcci normativi di Malta e Italia all’interno dell’Unione Europea di Bendetto Fucà

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Abstract

Negli ultimi anni, mediante la tecnologia blockchain, sono nate le criptovalute le quali hanno dimostrato di essere un metodo alternativo di pagamento in grado di sostituirsi alle valute tradizionali. Tutto ciò spinge ad alcuni punti di chiarezza: la differenza tra blockchain e criptovalute,il loro rapporto, l’utilizzo di quest’ultime e i tentativi di approccio normativo da parte dei legislatori nazionali e sovranazionali. Vengono analizzati gli approcci normativi di Malta, molto attenta ad essere un punto di riferimento per i player economici in questo ambito mediante una robusta e matura produzione normativa; dall’altro l’Italia con le indicazioni della Consob e della Banca d’Italia con studi e proposte normative che mettono al centro il risparmiatore. Due diversi approcci che si inseriscono in un progetto normativo e strategico da parte dell’Unione Europea rispetto a questo settore innovativo i cui confini appaiono non del tutto delineati.

Il termine blockchain negli ultimi anni è diventato abbastanza frequente, l’evoluzione e l’affermazione delle criptovalute (in primis i bitcoin) ha fatto che spesso i due termini si confondessero. Blockchain (tradotto letteralmente catena di blocchi) è una tecnologia che si basa su quattro principi: 1) l'immutabilità del registro,2) la trasparenza, 3) tracciabilità delle transazioni e 4) la sicurezza basata su tecniche crittografiche. Diversamente, le cripto-valute sono la rappresentazione digitale del valore che si basa sulla crittografia.  In altre parole, le criptovalute vengono generate o per meglio dire “minate” e attraverso la tecnologia della blockchain.

Quindi in prima battuta va fatta una differenziazione tra blockchain e cripto-valute: la blockchain è la tecnologia che fa da piattaforma alla creazione delle criptovalute, ma la tecnologia delle blockchain in realtà è utile in moltissimi altri campi: filiera agroalimentare, arte, sono a titolo esemplificato e non esaustivo alcuni degli ambiti in cui questa tecnologia sta iniziando ad apportare alcuni specifici benefici.

La storia delle criptovalute inizia con il white paper "Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System" il 31 ottobre 2008, firmato da Satoshi Nakamoto (la cui esistenza è sempre rimasta un mistero, tanto che si pensi che il realtà sia uno pseudonimo dietro cui si cela un collettivo). Dalla nascita di questo white paper si è andato a generare il fenomeno delle cripto-valute con la nascita dei bitcoin. A più di dieci anni da questo white paper esistono diverse criptovalute (secondo il censimento coinmarketcap sarebbero più di 5000) le quali essendo accumunate dallo sfruttamento della tecnologia della blockchain, tuttavia utilizzano modalità di diverse per essere generate.

Ad oggi le criptovalute stanno prendendo piede anche nell’economia reale e fisica, cosi è pur vero che esistono bar che iniziano ad accettare pagamenti con queste valute virtuali. Anche se l’uso primario di esse avviene attraverso la rete, non solo all’interno della porzione di web indicizzato ma anche nel dark web, dove gli unici pagamenti che vengono accettati per svolgere transazioni commerciali avvengono mediante l’utilizzo di valute virtuali. Tutto ciò avviene perché garantiscono l’anonimato della transazione, si tratta di uno dei vantaggi che essi apportano, vantaggi che possono essere sfruttati anche nel mondo reale per attività illecite e riciclaggio.

Rispetto a questo fenomeno, gli Stati stanno iniziando a prendere coscienza e piano piano si stanno avendo i primi provvedimenti di regolamentazione, anche l’Unione Europea ha iniziato il proprio percorso di regolamentazione mediante la direttiva 156 del 19/06/2018 che riconosce le monete virtuali come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. Si tratta di riconoscimento giuridico importante che tiene conto di un fenomeno di innovazione digitale che rischia di mettere in crisi uno dei punti cardine della statualità moderna quale il potere esclusivo di stampare moneta. Tuttavia, siamo ben lontani da una definizione che riconosca le monete virtuali al pari della valuta tradizionale. Infatti, tra le righe della definizione si legge che non ha lo stesso status giuridico delle altre valute ma si riconosce la consuetudine sempre più massiccia dell’utilizzo delle valute virtuali.

Questa direttiva va letta all’interno di un progetto ben più ampio voluto dalla stessa Unione Europea di incorporarle insieme alla blockchain all’interno dei propri processi, la notizia come riportata dall’agenzia Reuters prevede, secondo i documenti in possesso, che "entro il 2024, l'UE dovrebbe mettere in atto un quadro completo che consenta l'adozione della tecnologia di registro distribuito (DLT) e delle cripto-attività nel settore finanziario". Questa spinta avviene anche alla luce della situazione emergenziale dovuta al Covid-19, la quale ha dimostrato che i pagamenti digitali hanno un ruolo sempre più preminente. Ma tale spinta viene anche dagli Stati membri in particolare da Italia, Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi.[1]

Sicuramente uno Stato che ha dimostrato un livello di maturità normativa sul tema è Malta. La Malta Financial Services Authority ha proposto una legge, deliberata dal Consiglio dei Ministri maltese (nel 2018) il cui obiettivo è stato quello di regolamentare le valute virtuali: il Virtual Financial Assets Act la quale si basa su tre principi cardine: 1) la certezza giuridica nella tassonomia e classificazione degli asset virtuali; 2) la regolamentazione di un modello di autorizzazioni ad hoc per svolgere test e certifica i virtual financial asset; 3) l’introduzione della figura del  gatekeeper (una figura di raccordo) tra intermediari ed intermittenti che si affianca e fa da filtro dinnanzi al procedimento autoritativo davanti alla Malta Financial Services Authority.

Con questa normativa, Malta si è posta l’obiettivo di essere uno degli Stati in grado recepire meglio il binomio tra cripto valute e blockchain anche con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per tutto il settore digitale produttivo che si è generato, anche attraverso due altri riferimenti normativi che danno il senso di un quadro normativo all’avanguardia: Malta Digital Innovation Authority Act e l’Innovative Technological Arrangement and Services Act.

Un approccio normativo dettagliato ad hoc che si inquadra nelle ampie maglie regolamentari previste dalla normative dell’Unione Europea. Pertanto, il quadro normativo, sopra esposto, presenta due caratteristiche principali: 1) L’approccio ha un certo grado di flessibilità che permette alla normativa di adattarsi agli sviluppi tecnologici ed applicativi in tema di criptovalute e della tecnologia blockchain; 2) assicura l’assenza di conflitti normativi o interpretativi rispetto al contesto normativo europeo.

In Italia, la Consob ha pubblicato, ad inizio anno, il rapporto “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività-Rapporto finale” il quale “vuole essere un contributo al dibattito, elaborato in vista dell’eventuale definizione di un regime normativo in ambito nazionale che disciplini lo svolgimento di offerte pubbliche di cripto-attività e delle relative negoziazioni” in altre parole si tratta di una proposta di legge che abbia quale obiettivo primario la tutela degli investitori.

Il rapporto chiude una consultazione pubblica che ha coinvolto gli operatori di mercato di questo settore. Il documento analizza complessivamente le cripto-attività, e approfondisce il ruolo delle piattaforme per l’offerta di cripto-assets di nuova emissione, i sistemi di scambio e i “servizi di portafoglio digitale” per la custodia e il trasferimento delle cripto-attività.

Ma la Consob non è la sola Authority italiana che si è occupata del tema, già nel 2019 la Banca d’Italia aveva pubblicato l’occassional paper “N. 484 - Aspetti economici e regolamentari delle «cripto-attività”. Questo lavoro offre una tassonomia delle "cripto-attività" e una breve descrizione delle initial coin offerings (ICOs) e aspetti correlati ma allo stesso tempo le differenzia dagli strumenti tradizionali, in quanto non sono legate ad un oggetto economico dal prezzo di equilibrio determinato. Si comprende la posizione prudente della Banca d’Italia nostro avviso è preoccupante, poiché un eventuale crollo del sistema bitcoin o “cripto-attività” similari trascinerebbe con sé gli strumenti finanziari sucui sono basati, siano essi per il settore al dettaglio o per gli investitori professionali[1]”.

La posizione dell’Italia, dalla lettura di questi due documenti appare molto meno aperta rispetto a quella maltese; da una parte l’attenzione verso la tutela del risparmiatore, dall’altra una visione che si pone di essere il rifermento geografico dell’innovazione finanziaria tecnologica. Due posizioni che possono essere motivo di confronto nella produzione normativa europea.

di Benedetto Fucà

Business Analyst, laurea in Giurisprudenza e master in Cyber security, digital forensic e computer crime.

 

[1] Pag 16

[1] https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/pagamenti-digitali/criptovalute-gli-stati-ora-vogliono-regole-piu-rigide-i-problemi/